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Energy Engineering - Fondamenti di chimica

Appunti completi per secondo parziale

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1 CAPITOLO 10 – I GAS 10.1 Proprietà dei gas Oltre a O 2 ed N 2, pochi altri elementi (H 2, F2, Cl 2) esistono come gas a temperatura e pressione ambiente. Tutti questi gas sono costituiti totalmente da elementi non metallici ed hanno semplici formule molecolari e quindi basse masse molari. Le sostanze liquide o solide in condizioni ambiente possono esistere anche in uno stato gassoso denominato vapore. Sebbene sostanze gassose diverse possano presentare proprietà chimiche anche molto differenti, le lor o propriet à fisiche sono molto simili. Per esempio, un gas si espande spontaneamente e riempie il suo contenitore: di conseguenza il volume del gas diventa il volume de l contenitore. I gas, inoltre, sono molto comprimibili e quando sono compressi il loro v olume dimi nuisce prontamente. I gas formano miscele omogenee a prescindere dalla identità e dalle proporzioni relative dei componenti gassosi. Le proprietà peculiari dei gas derivano dal fatto che le singole molecola sono relativamente distanti tra loro e quindi cia scuna molecola si comporta come se le altre non fossero presenti. Di conseguenza, gas diversi si comportano in modo simile sebbene siano composti da mol ecole differenti. 10.2 Pressione Le molecole di un gas si muovono caoticamente, collidendo tra di loro e con le pareti del loro contenitore. L’impatto con le pareti del contenitore esercita una forza, che divisa per l’area della superficie su cui agisce fornisce il valore della pressione: �=�/�. Pressione atmosferica Anche gli atomi e le molecole dell’atmosfera subiscono un’attrazione gravitazionale. Poiché, però, le particelle di gas hanno masse molto piccole, le loro energie termiche di movimento (le loro energie cinetiche) vincono le forze gravitazionali. Nonostante ciò la gravità agisce ugualmente e fa sì che l’atmosfera nel suo insieme produca una forza sulla superficie della Terra, dando luogo alla pressione atmosferica. Si consideri una colonna di aria della sezione di 1 m 2 che s i estende attraverso l’intera atmosfera: questa colonna ha una massa di circa 10000 kg. La forza esercitata dalla colonna sulla superficie della terra è: �=10000 �� ×9,8��2=10 5�. La pressione, invece, è la forza divisa per l’area della sezione trasve rsale sulla quale si applica la forza. Poiché la colonna d’aria ha un’area di 1 m 2 si ha: �=105�1�3=10 5 �� =1 ��� . La pression e atmosferica standard, che corrisponde alla pressione al livello del mare, è la pressione sufficiente a supportare una col onna di mercurio alta 760 mm. Nell’unità SI, questa pressione è pari a 1,01325 ×10 5 �� . La pressione atmosferica standard defini sce alcune unità d’uso per esprimere le pressioni dei gas, quali l’atmosfera (atm) ed i millimetri di mercurio (mm Hg). L’ulti ma unità è anche chiamata torr. 10.3 Leggi dei gas Quattro variabili sono necessarie per definire la condizione fisica, o stato, d i un gas: temperatura, pressione, volume e quantità del gas. Le equazioni che esprimono la relazione tra queste quattro variab ili sono dette leggi dei gas. La relazione pressione -volume: legge di Boyle Il volume del gas aumenta quando la pressione esercita ta sul gas diminuisce. La legge di Boyle afferma che il volume di una certa quantità di gas, mantenuto a temperatura costante, è inversamente proporzionale alla pressione. Tale legge può essere espressa cosi: �� =�������� , dove la costante dipende dalla temperatura e dalla quantità di gas del campione. La relazione temperatura -volume: legge di Charles La relazione tra volume e temperatura di un gas fu scoperta da Charles e, in termini di scala Kelvin, afferma che il volume d i una certa quantità di gas mantenuta a pressione costante è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. Matematicamente questa legge viene espressa cosi: �=�������� ×�, dove il valore della costante dipende dalla pressione e dalla quantità di gas. La relazione quantità -volume: legge di Avogadro Gay -Lussac osservò la legge della combinazione dei volumi: ad una certa pressione e temperatura, i rappor ti dei volumi dei gas che reagiscono tra loro sono dati da numeri interi piccoli. Tre anni dopo Avogadro interpretoò l’osservazione di Gay.Lussac proponendo quella ch e è nota come ipotesi di Avogadro: uguali volumi di gas alla stessa temperatura e pression e contengono lo stesso numero di molecole. Per esempio 22,4 L di qualsiasi gas a 0°C ed 1 atm contengono 6,02 ×1023 molecole. La legge di Avogadro deriva dall’omonima ipotesi: il volume di un gas mantenuto a temperatura e p ressione costante è direttament e proporzionale al numero di moli del gas. Matematicamente parlando si ha la seguente equazione: �=�������� ×�. 2 10.4 Equazione di stato dei gas ideali È possibile combinare le relazioni ottenute in precedenza al fine di costruire una legge più generale: �∝���. Chiamando “R” la costante di proporzionalità otteniamo la seguente equazione: �=�(���)→ �� =��� . Questa equazione è nota come equazione di stato dei gas ideali. Un gas ideale è un gas ipotetico la cui pressione, volum e e temperatura sono descritti in modo prrciso dall’equazione di stato dei gas ideali. Nel ricavare l’equazione dei gas ideali assumiamo che: • Le molecole di un gas ideale non interagiscono tra loro; • La somma dei volumi delle singole molecole è molto più pi ccola del volume che il gas occupa, e quindi è come se le molecole non occupassero spazio nel volume del contenitore. Il termine “R” nell’equazione dei gas ideali è chiamato costante dei gas ed il suo valore dipende dalle unità di misura di P, V, n e T. La temperatura deve essere sempre espressa in gradi Kelvin mentre la quantità di gas, n, è normalmente espressa in moli. Le condizioni 0°C e 1 atm sono riferite come temperatura e pressione normali ed il volume occupato da una mole di gas ideale in condizion i normali, noto come volume molare, è pari a 22,41 litri. L’equazione di stato dei gas ideali spiega le proprietà della maggior parte dei gas in una grande varietà di situazioni. Tuttavia non è in grado di farlo in modo preciso per i gas reali, anche se le differenze di comportamento sono così piccole che le possiamo ignorare a meno che non vengano fatte misurazioni particolarmente accurate. Relazioni tra l’equazione di stato dei gas ideali e le leggi dei gas Poiché il prodotto PV è costante quando un gas è mantenuto a T ed n costante, sappiamo che: �1�1=�2�2, rispettivamente valori iniziali e finali. In modo simile è possibile partire con l’equazione dei gas idea li e derivare le relazioni tra ciascuna delle altre variabili (V -T, n -V o P -T). Spesso ci troveremo nella situazione in cui c ambiano contemporaneamente P, V e T a parità di numero di moli di gas, e quindi: ���=�� =���� . Rappresentando le situazioni iniziali e finali di pressione, temperatura e volume con i pedici 1 e 2, rispettivamente, possiamo scrivere: �1�1�1=�2�2�2. Questa equazione viene spesso chiamata legge combinata dei gas. 10.5 Ulteriori applicazioni dell’equazione di stato dei gas i deali Le densità dei gas e la massa molare Possiamo riarrangiare l’equazione dei gas per ottenere unità simili: ��= ���. Succesivamente, moltiplicando entrambi i membri per la massa molare ed effettuando le varie sostituzioni e semplificazioni, si ottiene che la densità di un gas è data dalla seguente equazione: �=���=����. Sebb ene i gas formino miscele omogenee in dipendentemente dalla loro identità, un gas meno denso si posiziona sempre sopra uno più denso in assenza di mescolamento. Invece quando abbiamo masse molari uguali di due gas a pressione costante ma a temperature diver se, il gas più caldo è meno denso si quello più freddo, così il gas più caldo sale. 10.6 Miscele di gas e pressioni parziali Finora abbiamo considerato solo il comportamento di gas puri composti da un’unica sostanza allo stato gassoso. Dalton, tuttav ia, os servò che la pressione totale di una miscela di gas eguaglia la somma delle pressioni che ognuno di loro eserciterebbe se fosse presente da solo. La pressione esercitata da uno specifico componente è detta pressione parziale e l’osservazione di Dalton è no ta come la legge di Dalton delle pres sioni parziali. Se abbiamo una miscela di gas, con pressione totale P t, possiamo scrivere la legge di Dalton come segue: P t = P 1 + … + P N. Questa equazione implica che ciascun gas della miscela si comporta in modo indip endente dagli altri. Applicando la le gge dei gas ideali a ciascuna pressione parziale è possibile ottenere la seguente equazione: ��=(�1+⋯+��)(���)=��(���). Pressioni parziali e frazioni molari Poiché ogni gas in una miscela si comporta in modo indipendente, possiamo correlare la qua ntità di un dato gas in una miscela alla sua pressione parziale. Per un dato gas ideale è possibile scrivere ciò: �1��=�1��/� ����/�=�1��. Il rapporto otten uto è chiamato frazione molare del gas 1 ed è indicato con X 1. La frazione molare, X, è un numero adimensionale che esprime il rapporto tra numero di moli di un componente ed il numero di moli totali nella miscela. Quindi per il gas 1 abbiamo: �1=�1��. 3 10.7 Teoria cinetico -molecolare dei gas L’equazione di stato dei gas ideali descrive come i gas si comportano, ma non ne spiega il perché. Per capire le proprietà fisiche dei gas c’è bisogno di un modello che ci aiuti a rappresentare che cosa accade alle particelle di gas quando pressione e temperature cambiano. Un modello di questo genere, noto come teoria cinetico -molecolare, è stato sviluppato nell’arco di cento anni. La teoria cinetico -molecolare è riassunta nei punti seguenti. • I gas sono costituiti da un gran numero di molecole si muove in maniera continua e casuale; • Vo lume molecolare trascurabile rispetto al volume totale occupato dal gas; • Le forze attrattive e repulsive tra molecole del gas sono trascurabili; • L’energia può essere tr asferita tra le molecole o gli atomi durante le collisioni, ma l’energia cinetica media non cambia nel tempo se la temperatura del gas rimane costante; • L’energia cinetica media delle molecole è proporzionale alla temperatura assoluta. Per ogni data tempera tura, le molecole di tutti i gas hanno la stessa energia cinetica media. Tutto ciò che i mpariamo sul comportamento dei gas dalla teoria cinetico -molecolare si applica ugualmente ai gas atomici. La pressione di un gas è causata dalle collisioni delle moleco le con le pareti del recipiente. Il valore della pressione è determinato sia dalla frequ enza, sia dalla forza con cui le molecole colpiscono le pareti del recipiente. La temperatura assoluta di un gas è la misura dell’energia cinetica media delle molecole. Se due gas differenti sono alla stessa temperatura, le loro molecole hanno la stessa en ergia cinetica media. Distribuzione della velocità molecolare Le molecole di un campione di gas, in ogni istante, hanno un ampio intervallo di velocità. Ad esempio, per l’azoto gassoso a 0°C e 100°C si vede che una frazione più grande delle molecole a 100° C si muove a velocità maggiore. Questo significa che il campione a 100°C possiede l’energia cinetica media maggiore. In un grafico della distribuzione delle velocità mo lecolari in un campione di gas, il massimo della curva rappresenta la velocità più proba bile (u mp), ovvero la velocità della maggior parte delle molecole. La velocità quadratica media (u rms) delle molecole è la velocità di una molecola che possiede un’ener gia cinetica identica all’energia cinetica media del campione. La velocità rms, seppur di poco, non è uguale alla velocità media (u av). La curva di distribuzione si allarga man mano che ci si sposta a temperature più alte: ciò significa che l’intervallo de lle velocità molecolari aumenta con la temperatura. La velocità rms è importante in quanto l’energia cinetica media delle molecole di gas in un campione è uguale ad 12�(���� )2. Poiché la massa non cambia con la temperatura, l’aumento dell’energia cinetica media all’aumentare della temperatura implica che la velocità rms delle molec ole aumenta all’aumentare della temperatura. Applicazione della teoria cinetico -molecolare alle leggi dei gas Le osservazioni empiriche delle proprietà dei gas espresse nelle varie leggi dei gas sono facilmente spiegate in termini di t eoria cinetico -moleco lare. • Effetto dell’aumento di volume a temperatura costante. Temperatura costan te significa che l’energia cinetica media delle molecole di gas rimane invariata, e quindi anche la velocità rms delle molecole. Se il volume aumenta le molecole devono percorre re una distanza più grande tra due collisioni: di conseguenza ci sono meno coll isioni per unità di tempo con le pareti del contenitore e la pressione cala; • Un aumento di temperatura a volume costante provoca un aumento della pressione. Un aumento di temper atura significa un aumento dell’energia cinetica media delle molecole e perciò un aumento di u rms. Se non c’è nessun cambiamento di volume, ci saranno più collisioni con le pareti per unità di tempo. Inoltre, il momento in ogni collisione aumenta. Un numer o maggiore di collisioni comporta un sensibile aumento della pressione. 4 10.8 Effusione e diffusione molecolare L’energia cinetica media di qualsiasi aggregato di molecole gassose, 12�(���� )2, ha un valore specifico per una certa temperatura: dati due gas aventi masse molecolari diverse, le particelle del ga s più leggero avranno una velocità rms più alta delle pa rticelle del gas più pesante. La seguente equazione esprime questo detto: ���� =√3���. È possibile, inoltre, derivare la velocità più probabile di una molecola di gas: ��� =√2���. La dipendenza delle velocità molecolari dalla massa ha alcune conse guenze interessanti. Il primo fenomeno è l’effusione, ovvero la fuga di molecole di gas attraverso un piccolo foro verso uno spazio vuoto. Il secondo è la diffusione, che è la disper sione di una sostanza attraverso lo spazio o attraverso una seconda sostan za. La legge di effusione di Graham Thomas Graham scoprì che la velocità di effusione di un gas è inversamente proporzionale alla radice quadrata della sua massa . Assumendo di avere due gas alla stessa temperatura e pressione in un contenitore con piccoli fori identici. Se la velocità di effusione delle due sostanze sono r 1 ed r 2 e le loro rispettive masse molari M 1 ed M 2, la legge di Graham afferma: �1�2=√�2�1. Secondo questa relazione il gas più leggero presenta la velocità di effusione maggiore. Più r apidamente si muovono le molecole, più grande è la probabilità che centrino il foro ed effondano. Questo implica che la velocità di effusione è direttamente proporzionale alla velocità rms delle molecole. �1 �2=���� 1 ���� 2=√3�� /�1 3�� /�2=√�2 �1 Diffusione e cammino libero medio Le collisioni molecolari rendono la diffusione più c omplicata dell’effusione. La diffusione del gas è più lenta delle velocità molecolari, a causa delle collisioni molecolari. Queste collisioni si verificano piuttosto frequentemente per un gas a pressione atmosferica (circa 10 10 volte al secondo per ciascun a molecola). Le collisioni si verificano in quanto le molecole di gas reali hanno volumi finiti. La direzione del moto di una molecola di gas cambia di cont inuo a causa delle collisioni che producono un moto casuale e discontinuo. La distanza media percors a da una molecola è chiamata cammino libero medio della molecola e varia con la pressione. Quando si ha un valore di pressione elevato il cammino libero med io è piuttosto breve, mentre se si ha un valore di pressione basso il cammino libero medio è lungo. 5 10.9 I gas reali: deviazioni dall’idealità Riarrangiando l’equazione per ottenere n si può valutare la deviazione di un gas reale dall’idealità: ���� =�. Ad alte pressioni (generalmente superiori a 10 atm), la deviazione del comportamento ideale (PV/RT) è grande e variabile a se conda del gas. Perciò, i gas reali non si comportano idealmente ad alta pressione. A più basse pressioni (sotto le 1 0 atm) la deviazione dal comportamento ideale è piccola e possiamo usare l’equazione dei gas ideali senza grossi errori. La deviazione dipende anche dalla t emperatura. Quando la temperatura aumenta, il comportamento del gas reale si avvicina di più a quell o di un gas ideale. In generale, le deviazioni dal comportamento ideale aumentano quando la temperatura diminuisce, diventando signif icative vicino alla tem peratura alla quale il gas si converte in un liquido. Si assume che le molecole di un gas ideale non occupino spazio e abbiano interazioni trascurabili. Le molecole reali, invece, hanno un volume effettivo e si attraggono tra loro. A pressioni relativament e basse il volume che le molecole di gas occupano è trascurabile rispetto al volume del contenitore. Quindi il volume libero disponibile per le molecole di gas è essenzialmente il volume del recipiente. A pressione elevata, in vece, il volume complessivo de lle molecole non è trascurabile rispetto al volume del contenitore. Il volume disponibile per le mol ecole è inferiore a quello del contenitore. In queste condizioni, perciò, i volumi dei gas tendono ad essere un po’ più grandi di quelli previsti dall’e quaz ione dei gas ideali. Un’altra motivazione a cui ascrivere il comportamento non ideale ad alta pressi one è che le forze attrattive tra molecole entrano in gioco a distanze brevi. A causa di queste forze attrattive l’impatto di una data molecola con le paret i di un contenitore è diminuito: considerando una molecola che sta per collidere contro la parete sp erimenta le forze attrattive delle molecole vicine, che diminuiscono la forza con cui, la molecola, colpisce la parete. Il risultato finale è che la pressio ne del gas, e quinidi anche il rapporto PV/RT, è minore di quella ideale. Quando la pressione è suff icientemente alta, gli effetti del volume dominano ed il rapporto PV/RT aumenta al di sopra del suo valore ideale. La temperatura determina quanto possano e ssere efficaci le forze tra le molecole di gas nel causare deviazioni dal comportamento ideale a pre ssioni più basse. Il raffreddamento allontana il gas dalle condizioni ideali, in quanto l’energia cinetica media diminuisce e non ri esce a garantire energia sufficiente a superare le attrazioni intermolecolari: il risultato finale è che le molecole avranno una maggiore tendenza ad avvicinarsi piuttosto che ad allontanarsi le une dalle altre. All’aumentare della temperatura del gas, la deviazione negativa di P V/RT dal valore ideale di 1 scompare e la deviazione vista ad alte temperature deriva soprattutto da ll’effetto dei volumi finiti delle molecole. L’equazione di van der Waals Un’equazione utile a prevedere il comportamento dei gas reali fu proposta dall’olandese van der Waals. Come visto in preceden za, un gas reale ha una pressione più bassa a causa delle forze intermolecolari ed un volume maggiore a causa del volume finito del le molecole rispetto ad un gas ideale. Egli intuiì che l’equazione dei gas reali poteva essere mantenuta introducendo, però, alcune correzioni. Egli introdu sse due costanti. La costa nte (a) è una misura di quanto fortemente le molecole di gas si attraggono l’una all’altra, mentre la costante (b) è una misura del piccolo ma finito volume occupato dalle molecole. La descrizione del comportamento di un gas è conosciuta come equazione di van der Waals: (�+�2� �2)(�−�� )=��� Il fattore n2a/V 2 tiene conto de lle forze attrattive che tendono a ridurre la pressione. Invece il fattore nb si riferisce al piccolo, ma finito, volume occupato dalle molecole di gas. L’equazione di van der Waals modi ca il volume (V) sottraendo il fattore nb per fornire il volume libero che sarebbe disponibile alle molecole nel caso ideale. Le costanti (a) e (b), chiamate costanti di van der Waals, sono quantità speriment ali positive che differiscono da gas a gas. 6 CAPITOLO 11 – I LIQUIDI E LE FORZE INTERMOLECOLARI 11.2 Forze intermolecolari La forza delle interazioni molecolari è generalmente più debole del legame ionico o covalente. Quindi, quando una sostanza mo lecolare passa dallo stato solido, quello l iquido, a quello gassoso, le singole molecole rimangono inalterate. Molte proprietà dei liquidi, inclusi i loro punti di ebollizione, rispecchiano le forze dei legami intermolecolari. Le molecole di un liquido devono superare le forze attrattive esercitate dalle altre molecole per separarsi e formare un vapore. Più forti sono queste attrazioni, maggiore è la temperatura alla quale il liquido bolle. Analogamente, i punti di fusione dei solidi aumentano all’ aumentare della forza dei legami intermolecolari. Si conosce l’esistenza di quattro tipi di forze attrattive intermolecolari tra molecole neutre: • Le forze di dispersione; • Le attrazioni dipolo -dipolo; • I legami idrogeno; • Le forze ione -dipolo. Le prime due sono di solito chiamate forze di van der Waals. Tutte le interazioni intermolecolari sono elettrost atiche e si basano sulle attrazioni tra specie positive e negative, in modo simile ai legami ionici. Il motivo per cui le forze intermolecolari sono molto più de boli dei legami ionici è che le cariche responsabi li delle forze intermolecolari sono generalme nte più piccole delle cariche dei composti ionici. Inoltre, le distanze tra le molecole sono spesso maggiori delle distanze tra gli atomi tenuti insieme da legami chimici. Forze di dispersione Siccome gas non po lari come l’elio e l’argon possono essere liq uefatti, significa che esistono interazioni elettrostatiche anche tra atomi o molecole elettricamente neutre. London riconobbe che il movimento degli elettroni in un atomo, o molecola, può creare un momento dipo lare istantaneo. Per esempio, in una molecola di elio la distribuzione media degli elettroni intorno a ciascun nucleo ha una simmetria sferica. Sebbene gli atomi siano apolari, e quindi non possiedono momenti dipolari permanenti, la loro distribuzione ist antanea potrebbe essere diversa dalla distribuzione media. Entrambi gli elettroni, infatti, potrebbero trovarsi dallo stesso lato rispetto al nucleo ed in quel preciso istante l ’atomo avrebbe un dipolo istantaneo. A causa delle interazioni elettrostatiche i moti degli elettroni in un atomo inf luenzano i moti degli atomi adiacenti: quindi il dipolo temporaneo su un atomo può indurre un analogo dipolo istantaneo su un atomo adiacente, cosicchè gli atomi si attraggono. Questa interazione attrattiva è detta for za di dispersione ed è significativa s olo se le molecole sono molto vicine. La forza delle interazioni di dispersione dipende dalla facilità con cui la distribuzione di carica in una molecola può essere distorta per indurre un dipo lo momentaneo: questa cap acità della molecola viene detta polar izzabilità. Ovviamente, maggiore sarà la polarizzabilità, più facilmente sarà possibile distorcere la sua nube elettronica per ottenere un dipolo momentaneo: quindi molecole più polarizzabili danno interazioni di dispe rsione più forti. In generale, la pola irzzabilità aumenta all’aumentare del numero di elettroni e all’aumentare della distanza di questi rispetto al nucleo. L’inte nsità delle forze di dispersione tende ad aumentare con l’aumentare delle dimensioni molecola ri: si può quindi dire che le forze di dipersione tendono ad aumentare la loro intensità con l’aumentare del peso molecolare. Inoltre forze di dispersione intense prevedono elevati pu nti di ebollizione. Anche la forma della molecola influenza la misura del le forze di dispersione. Forze dipolo -dipolo La presenza di un momento dipolare permanente nelle molecole polari dà vita alle forze dipolo -dipolo. Tali forze si originano dalle attrazioni elettrostatiche tra le estremità parzialmente positive (e negative) di una molecola e quelle parzialmente negative (e positive) di una molecola vicina. Le forze dipolo -dipolo sono efficienti solo quando le molecole sono molto vicine tra loro. Siccome esistono molecole aventi pesi molecolari simili, anche le forze di disper sioni sono praticamente identiche: i d ifferenti punti di ebollizione, quindi, sono attribuiti alle forze dipolo -dipolo. In una sostanza solida le molecole sono disposte con l’atomo terminale carico negativamente di ogni molecola in prossimità de ll’atomo te rminale carico positivamente di una mo lecola vicina. Nel liquido le molecole sono libere di muoversi e la loro disposizione diventa molto più disordinata: ciò significa che sono presenti interazioni dipolo -dipolo sia repulsive che attrattive. Tuttavia l’ef fetto globale è un’attrazione netta, f orte abbastanza da mantenere le molecole allo stato liquido. Per le molecole che sono simili per dimensione e per massa, la forza delle attrazioni intermolecolari aumenta all’aumentare d ella polarità. 7 Legame idr ogeno I punti di ebollizione dei composti contenenti gli elementi del gruppo 4A aumentano sistematicamente spostandosi verso il basso del grup po. Tale andamento può essere previsto perché la polarizzabilità aumenta all’aumentare del peso molecolare. I comp osti più pesanti dei gruppi 5A, 6A e 7A seguono lo stesso andamento ma NH 3, H 2O ed HF presentano punti di ebolizzione che sono molto più alti di quanto atteso. L’acqua ha il punto di fusione più alto, il più alto calore specifico ed il più grande calore di vaporizzazione: ognuna di queste proprietà indica che le forze intermolecolari sono straordinariamente forti. Tali attrazioni intermolecolari derivano dal legame idrogeno. Il legame idrogeno è una speciale attrazione tra l’atomo di idrogeno coinvolto in l egame polare (in particolare un legame H -F, H -O ed H -N) e una coppia elettronica non condivisa presente su un piccolo ione o atomo elettronegativo (solitamente un atomo F, O o N in un’alt ra molecola). I legami idrogeno possono essere considerati particolar i attrazioni dipo lo-dipolo, poiché F, N ed O sono così elettronegativi che un legame tra l’idrogeno ed uno qualsiasi di questi tre elementi è piuttosto polare, con una parziale carica positiva sull’idrogeno. Essend o molto piccolo, l’idrogeno elettronpovero può avvicinarsi facilmente ad un atomo elettronegativo e così interagire fortemente con esso. Una delle evidenti conseguenze del legame idrogeno si osserva paragonando le densità del ghiaccio e dell’acqua liquida. La mi nore densità del ghiaccio, confronta ta con quella del l’acqua, può essere compresa in termini di interazioni di tipo legame idrogeno tra le molecole di H 2O. Nel ghiaccio le molecole di H 2O assumono un arrangiamento ordinato ed aperto. Questa disposizione ottimizza i legami idrogeno tra le mol ecole, essendo ci ascuna molecola d’acqua in grado di formare legami idrogeno con altre quattro molecole di H 2O: tali legami, però, creano delle cavità aperte e quando il ghiaccio fonde il movimento delle molecole causa il collasso della struttura. Il legam e idrogeno nel li quido è più causale che nel ghiaccio, ma sufficiente a garantire lo stato liquido. La conseguenza è che l’acqua liquida ha una struttura più densa de l ghiaccio. Forze ione -dipolo Una forza ione -dipolo si instaura tra uno ione e una molecol a polare. I cationi sono attratti dall’estremità negativa del dipolo, mentre gli anioni sono attratti dall’estremità positiva del dipolo. L’entità dell’interazione aumenta sia all’aumentare della carica ionica sia all’aumentare del momento dipolare. Le for ze ione -dipo lo sono importanti per la formazione delle soluzioni di sostanze ioniche in liquidi polari. Esempio: soluzione di NaCl acquos a. Confrontare le forze intermolecolari Le forze di dispersione si trovano in tutte le sostanze, ma l’intensità di ques te forze att rattive aumenta all’aumentare del peso molecolare e dipende dalla forma delle molecole. Nelle molecole polari sono presenti anche le forze dipolo -dipolo, ma queste ultime danno un contributo minore all’attrazione intermolecolare. I legami idrog eno, invece, se presenti danno un importante contributo all’interazione intermolecolare totale. Forze di dispersione Interazioni dipolo -dipolo Legame idrogeno Interazioni ione -dipolo 0,1−30 �� ��� 2−15 �� ��� 10 −40 �� ��� >50 �� ��� È importante capire che gli effetti di tutte queste interazioni sono additivi. Essi possono essere importanti specialmente per molecole polari molto grandi come le proteine che presentano molti dipoli sulla loro superficie. Queste molecole mantengono l a loro forma in soluzione grazie alla presenza di molteplici interazioni attrattive. Quando si paragonano le forze relative delle attrazioni intermolecolari si possono considerare le seguenti generalizzazioni: • Quando le molecole di due sostanze presentano pesi m olecolari e dimensioni paragonabili, le forze di dispersione sono approssimativamente uguali nelle due sostanze. La diversa entità delle forze intermolecolari dipende dalle differenze nella f orza delle attrazioni dipolo -dipolo. Le forze intermolecola ri div entano più forti all’aumentare della polarità molecolare; • Quando le molecole di due sostanze differiscono largamente nei pesi molecolari, e non c’è legame idrogeno, le forze di disper sione tendono a determinare quale sostanza presenta le forze interm olecol ari maggiori. Generalmente le forze intermolecolari attrattive sono più importanti nelle sostanze di peso molecolare maggiore. Tipo di interazione intermolecolare Atomi (Esempi: Ne,Ar) Molecole apolari (Esempi: BF3, CH 4) Molecole polari senza gruppi OH, NH o HF (Esempi: HCl, CH 3CN ) Molecole polari con gruppi OH, NH o HF (Esempi: H2O, NH 3) Solidi ionici disciolti in liquidi polari (Esempi: N aCl in H 2O) Forze di dispersione ✓ ✓ ✓ ✓ ✓ Interazioni dipolo -dipolo ✓ ✓ Legame idrogeno ✓ Interazioni ione -dipolo ✓ 8 11.3 Alcune proprietà dei liquidi Esistono tre proprietà importanti dei liquidi: la viscosità, la tensione superficiale e la capillarità. Viscosità La resistenza di un liquido a scorrere è detta viscosità: essa può essere misurata cronome trando quanto tempo impiega una certa quantità di fluido per fluire attraverso un tubo sottile. La visco sità può anche essere determinata misurando la velocità con cui sferette d’acciaio cadono nel liquido. L’unità di misura del SI per la v iscosità è kg/m -s. La viscosità è legata alla facilità con cui le singole molecole del liquido possono muoversi le une rispetto alle altre. Essa dipende dalle forze attrattive tra le molecole. Per una serie di composti simili, ad esempio gli idrocarburi, l a viscosità aume nta con il peso molecolare. Per ogni data sostanza la viscosità decresce all’aumentare della temperatura. A temperature più elevate la maggiore energia cinetica media delle molecole vince più facilmente le forze attrattive esistenti tra le molecole stesse. Tensione superficiale La superficie dell’acqua si comporta come se avesse una sorta di pelle elastica: questo comportamento è dovuto ad uno squilib rio delle forze intermolecolari sulla superficie del liquido. Le molecole interne sono attra tte allo stesso modo in tutte le direzioni, mentre quelle sulla superficie sono soggette ad una forza netta diretta verso l’interno. Ciò comporta, ovviamente, ad una riduzione dell’area superficiale. Poiché le sfere, a parità di volume, presentano la minor area superficia le, le gocce d’acqua assumono una forma quasi sferica. La tensione superficiale è l’energia richiesta per aumentare la superficie di un liquido di un’unità. Ad esempio, noto che la tensione superficiale dell’acqua a 20°C è 7,29 ×10 −2 �/�2, per aumen tare la superficie di una data quantità di acqua di 1 m 2 bisogna fornire 7,29 ×10 −2 � di energia. L’elevata tensione superficiale è causata dalla presenza di forti legami idrogeno. Capillarità Le forze intermolecolari che legano molecole simili le une a lle altre sono dette forze coesive. Le forze intermolecolari che legano una sostanza ad una superficie sono dette forze adesive. Si analizzino i seguenti casi: acqua in tubo di vetro e mercurio in tubo di vetro. N el primo le forze coesive sono minori delle forze adesive, quindi il menisco è a forma di “U”. Viceversa, nel secondo caso le forze coesive sono maggiori di quelle adesi ve ed il menisco è a forma di “U” rovesciata. La risalita di liquidi all’interno di tubi stretti viene definita azi one capillare: le forze adesive tra il liquido e le pareti del tubo portano ad un aumento della superficie del liquido. La tensione superficiale del liquido tende a ridurre l’area, attirando così il liquido lungo il tubo. Il liquido sale fino a quando le f orze adesive e coesive sono bilanciate dalla forza di gravità che agisce sul liquido. 11.4 Passaggi di stato In generale, qualsiasi stato della materia (solido, liquido e gas) può trasformarsi in uno qualsiasi degli altri due stati. Q ueste tipologie di trasformazioni son o dette passaggi di stato o passaggi di fase. Le variazioni d’energia che accompagnano i passaggi di stato Qualsiasi passaggio di stato è accompagnato da una variazione di energia del sistema. Quando la temperatura di un solido aume nta, le u nità del solido vibrano intorno alle loro posizioni di equilibrio con un’energia cinetica crescente e quando esso fonde le particelle cominci ano a muoversi liberamente l’una rispetto all’altra, il che significa che le distanze tra loro aumentano. Questo pr ocesso è denomi nato fusione. L’aumento di libertà di moto delle molecole richiede energia, misurata dal calore di fusione o entalpia di fusione ΔH fusione . Mano mano che la temperatura del liquido aumenta, le molecole del liquido si muovono con energia cres cente: ciò è di mostrato dal fatto che la concentrazione delle molecole in fase gas sulla superficie del liquido aumenta con la temperatura. Queste molecole esercitano una pressione detta pressione di vapore. Essa aumenta all’aumentare della temperatura fin o ad eguagliare la pressione esercitata sul liquido (solitamente la pressione atmosferica). A questo punto il liquido bolle: le molecole del liquido passano allo stato gassoso, dove sono molto distanti l e une dalle altre. L’energia per determinare questa t ransizione è de tta calore di vaporizzazione o entalpia di vaporizzazione. In generale si può dire che, a parità di sostanza, il ΔH fusione risulta essere minore del ΔH vaporizzazione perché nella transizione dallo stato liquido a quello gas le molecole devono rompere tutte le loro interazioni attrattive intermolecolari, evento che non si verifica invece nella fusione. Le molecole di un solido possono essere trasformate direttamente ne llo stato gassoso. La variazione di entalpia richiesta per questa trasformazione è detta ca lore di sublimazione, indicata con ΔH sublimazione , e vale: ∆���� =∆���� +∆���� . Un frigorifero si basa sugli effetti di raffreddamento derivanti dalla vapo rizzazione. Il funzionamento si basa su un gas contenuto al suo interno che può es sere liquefatto sotto pressione. Il liquido assorbe calore e conseguentemente evapora, raffreddando così l’interno del frigor ifero. Secondo il primo principio della termodina mica il calore assorbito dal liquido durante l’evaporazione deve essere rilasciato quando avviene il processo inverso, la condensazione del vapore a formare il liquido. Non appena avviene la compressione del vapore e si ha la formazion e del liquido, il cal ore rilasciato viene dissipato attraverso le bobine refrigeranti situate sul retro del frigorifero. 9 Le curve di riscaldamento Finché la temperatura rimane al di sotto di 0°C un campione di ghiaccio rimane congelato. Quando la temperatura raggiunge gli 0°C il ghiaccio comincia a fondere. Poiché la fusione è un processo endotermico, il calore che raggiungiamo a 0°C è utilizzato per convertire il ghiaccio in acqua e la temperatura rimane costante fino a scioglimento totale. A fusione completata, l’ulterio re aggiunta di calore induce un aumento di temperatura dell’acqua liquida. Un graf ico della temperatura del sistema in funzione della quantità di calore aggiunto è detto curva di riscaldamento. Nei tratti di fusione/ solidificazione, vaporizzazione/condensazione e sublimazione/brinamento la temperatura rimane costante perché l’energia fo rnita è impiegata per vincere/favorire le forze attrattive tra le molecole piuttosto che aumentare/diminuire la loro energia cinetica media. A volte , sottraendo calore da un liquido, possiamo temporaneamente raffreddarlo al di sotto del suo punto di congel amento senza formare un solido. Questo fenomeno è detto surraffreddamento ed avviene quando il calore viene rimosso dal liquido così velocemente che le molecole non hanno letteralmente il tempo di assumere la struttura ordinata del solido. Un liquido surra ffreddato è instabile; particelle di polvere che entrano in soluzione o una lieve agitazione sono spesso sufficienti per causare la veloce solidificazi one della sostanza . Temperatura e pressione critiche La temperatura massima alla quale è ancora possibile la formazione di una fase liquida distinta è detta temperatura critica. La pressione critica è la pressione richiesta per indurre la liquefazione a questa temperatura critica. La temperatura critica è la temperatura massima a cui un liquido può esistere. Al di sopra di questa temperatura, le energie dei moti delle molecole superano le forze attrattive che porterebbero allo stat o liquido , indipendentemente da quanto la sostanza venga compressa per indurre le molecole a stare insieme. Maggiori sono le forze intermolecolari, maggiore è la temperatura critica di una sostanza. Si noti che le sostanze apolari a basso peso molecolare, che prese ntano deboli attrazioni intermolecolari, hanno temperature e pressioni critiche inferiori e quelle delle sostanze polari o con pesi molecolari maggiori. Si noti inoltre come l’acqua e l’ammoniaca abbiano temperature e pressioni critiche eccezionalmente alt e, come conseguenza dei forti legami idrogeno inte rmolecolari. Quando la temperatura supera la temperatura critica e la pr essione supera la pressione critica, le fasi liquide e gassose sono indistinguibili; la sostanza si trova in uno stato chiamato fluido supercritico. Un fluido supercritico espande fino ad occupare tutto lo spazio a sua disposizione (come un gas), ma le mol ecole sono ancora abbastanza vicine (come in un liquido). Usando l’estrazione con i fluidi supercritici, i componenti delle miscele po ssono essere separati l’uno dall’altro. 11.5 Pressione di vapore Le molecole possono sfuggire dalla superficie del liquido e passare alla fase gas per evaporazione. Si supponga ora di avere una quantità di etanolo in un contenitore chiuso in cui è stato fa tto il vuoto. L’etanolo incomincerà ad evaporare velocemente: la conseguenza è che la pressione esercitata dal vapore nell o spazio sovrastante il liquido comincerà ad aumentare fino a stabilizzarsi ad un valore costante, chiamato pressione di vapo re. Alcun e molecole di etanolo sulla superficie del liquido possiedono energia cinetica sufficiente per superare le forze attrattiv e che le legano alle molecole vicine e passare alla fase gas. Più deboli sono le forze attrattive, maggiore è il numero di molecole in grado di sfuggire e quindi più alto è il valore della pressione di vapore. A ogni specifica temperatura il movimento dell e molecole dal liquido al gas procede di continuo. All’aumentare delle molecole nella fase gas cresce la probabilità che una molecola nella fase gassosa si scontri con la superficie del liquido e sia ricatturata dal liquido. Alla fine la velocità delle mol ecole ritornano nel liquido sarà pari alla velocità con cui le molecole sfuggono da esso. Il numero di molecole nella fase gas raggiun ge un valore stazionario e la pressione del vapore rimane costante. La condizione per cui due processi opposti avvengono s imultaneamente alla stessa velocità è detta equilibrio dinamico. Un liquido ed il suo valore sono in equilibrio dinamico quando l’evap orazione e la condensazione avvengono alla stessa velocità. Potrebbe sembrare che non avvenga nulla all’equilibrio, ma in realtà si sta verificando una grande variazione. Le molecole passano continuamente dallo stato liquido allo stato gassoso e dallo stat o gassoso a quello liquido. La pressione di vapore di un liquido è la pressione esercitata dal suo vapore quando lo stato liquido e quello di vapore sono in equilibrio dinamico. Volatilità, pressione di vapore e temperatura Le sostanze con un’elevata pressione di vapore (come il gasolio) evaporano più velocemente delle sostanze con bassa pressione di vapore (come l’olio motor e). I liquidi che evaporano facilmente sono detti volatili. L’acqua calda evapora più velocemente dell’acqua fredda pe rché la pressione di vapore aumenta all’aumentare della temperatura. All’aumentare della temperatura le molecole acquistano energia e molt e possono liberarsi dalle molecole vicine e sfuggire nella fase gassosa, aumentando così la pressione di vapore. È imp ortante notare che la pressione di vapore in tutti i casi aumenta in maniera non lineare all’aumentare della temperatura . Minori sono le interazioni intermolecolari nel liquido, più facilmente le molecole possono scappare e maggiore è la pressione di vapor e a una data temperatura. Pressione di vapore e punto di ebollizione Il punto di ebollizione di un liquido è la temperatura a cui la sua p ressione di vapore eguaglia la pressione esterna esercitata sulla superficie del liquido. A tale temperatura, l’energi a termica delle molecole è grande abbastanza perché le molecole all’interno del liquido possano liberarsi dalle molecole circostanti ed en trare nella fase gas. La temperatura a cui un liquido bolle a pressione atmosferica è detta punto di ebollizione norma le. L’equazione di Clausius -Clapeyron La relazione tra la pressione di vapore e la temperatura è data da un’equazione detta equazione di C lausius -Clapeyron: ln�=−∆���������������� +�. Tale equazione ci dice che riportando in grafico il ln(P) in funzione di 1/ T si dovrebbe ottenere una linea retta con coefficiente angolare pari a −∆��������������� . Così facendo è possibile ottenere valori di pressione di vap ore superiori o inferiori ai dati sperimentali disponibili: ����� .�������� =−∆��������������� . 10 11.6 Diagrammi di stato In condizioni appropriate di pressione e temperatura, un solido può essere in equilibrio con il suo sta to liquido o persino con il suo stato vapore. La temperatura alla quale la fase solida e quella liquida coesistono all’equilibrio è detta punto di fusione del solido o pun to di solidificazione del liquido. I solidi possono anche dar luogo a sublimazione e possiedono infatti u na caratteristica pressione di vapore. Un diagramma di stato è un metodo grafico per rappresentare le condizioni per le quali si hanno degli equilibri tra i diversi stati della materia. Il diagramma contiene tre curve importanti, ciascu na delle quali rappr esenta le condizioni di temperatura e pressione alle quali le varie fasi possono coesistere all’equilibrio. L’unica sostanza presente nel sistema è quella di cui si sta considerando il diagramma di stato. L a pressione riportata nel diag ramma può essere sia la pressione esercitata sul sistema che la pressione generata dal sistema stesso. Le curve presenti sono le seguenti: • La curva della pressione di vapore del liquido , in blu, rappresenta l’equilibrio tra la fase liquida e la fase gassosa (vapore). Il punt o di questa curva corrispondente alla pressione di 1 atm fornisce il punto di ebollizione normale della sostanza. La curva della pressione di vapore termina al punto critico che si trova alla temperatura e alla pressione critica de lla sostanza. A temperatu re e pressioni superiori la fase liquida e quella gassosa non sono più distinguibili e la sostanza è considerata un fluido supercritico; • La curva di sublimazione, in rosso, separa lo stato solido da quello gassoso e rappresenta la variazione della pression e di vapore del solido quando sublima a diverse temperature. Ogni punto sulla curva rappresenta una condizione di equilibrio tra solido e vapore; • La curva di fusione, in verde, separa lo stato solido da quello liquido e rappresenta la variazione del punto di fusione del solido all’aumentare della pressione. In genere, la linea ha una pendenza positiva, in quanto la forma solida è quasi sempre più densa di quella liquida. Un aumento della pressione favorisce la fase solida più compat ta, quindi sono richieste temperature più alte per fondere un solido a pressioni maggiori. Il punto di fusione a d 1 atm è detto punto normale di fusione. Il punto dove le tre curve si incontrano è detto punto triplo. In queste condizioni di temperatura e p ressione tutte e tre le f asi sono in equilibrio. I diagrammi di stato di H 2O e CO 2 La curva di fusione dell’H 2O è atipica, in quanto ha una pendenza negativa indicando che per l’acqua il punto di fusione diminuisce all’aumentare della pressione. Questo comportamento anomalo è d a attribuirsi al fatto che l’acqua è tra le poche sostanze la cui forma liquida è più compatta della solida. Se la pressione è mantenuta costante ad 1 atm è possibile spostarsi dalla regione solida a quella liquid a e a quella gassosa del diagramma di stato aumentando la temperatura. Il punto triplo dell’acqua cade a pressioni relativamente basse, circa 0,00603 atm. Al di sotto di questa pressione l’acqua limpida non è stabile e mediante riscaldamento l’acqua sublim a a vapore acqueo, senza passare per lo sta to liquido. Il diagramma di stato del CO 2 presenta una curva di fusione che si comporta in maniera tipica, ovvero con una pendenza positiva. Ciò ci dice che il punto di fusione del CO 2 aumenta all’aumentare della pressione. Siccome, però, la pression e al punto triplo è relativamente elevata, ovvero 5,11 atm, il CO 2 non esiste come liquido ad 1 atm, il che significa che il CO 2 solido non fonde quando viene riscaldato, ma sublima. Quindi il CO 2 non ha un punto normale di fusione ma ha un punto normale d i sublimazione, ovvero -78,5°C. 11 CAPITOLO 12 – I SOLIDI E I MATERIALI MODERNI 12.1 Classificazione dei solidi Le proprietà fisiche così come le strutture dei solidi sono dettate dai tipi di legami che tengono insieme gli atomi. I solidi metallici sono ten uti insieme da un “mare” delocalizzato di elettroni collettivamente condivisi. Questa forma di legame permette ai metalli di cond urre l’elettricità ed è responsabile del fatto che molti meta lli sono relativamente forti e non fragili. I solidi ionici sono t enuti insieme dall ’attrazione tra cationi e anioni: essi, inoltre, non conducono bene corrente e sono fragili. I solidi covalenti sono tenuti insieme da una rete estesa di legami covalenti. Questi tipi di legami danno luogo a materiali che sono estremament e duri e sono i responsabili delle proprietà uniche dei semiconduttori. I solidi molecolari sono tenuti insieme dalle forze intermolecolari, ovvero le forze di dispersione, le int erazioni dipolo -dipolo, ed i legami idrogeno. Poiché queste forze sono relati vamente deboli, i solidi molecolari tendono ad essere teneri e ad avere punti di fusione bassi. I polimeri contengono lunghe catene di atomi, in genere di carbonio, in cui gli ato mi in una data catena sono legati tramite legami covalenti e le catene adiace nti sono legate tramite forze intermolecolari più deboli. I polimeri sono normalmente più forti e hanno punti di fusione più alti dei solidi molecolari, inoltre sono più flessibil i dei solidi metallici, ionici o covalenti. I nanomateriali sono dei solidi i n cui le dimensioni dei singoli cristalli sono state ridotte fino a 1 -100 nm. 12.2 Strutture dei solidi Solidi amorfi e cristallini I solidi in cui gli atomi sono organizzati in u na disposizione ordinata e ripetitiva vengono chiamati solidi cristallini. Qu esti solidi di solito hanno superfici piane, o facce, che formano angoli definiti fra loro. Le disposizioni ordinate degli atomi che generano queste facc e fanno si che i solidi abbiano delle forme regolari. I solidi amorfi mancano dell’ordine trovato nei s olidi cristallini. A livello atomico le strutture dei solidi amorfi sono simili alle strutture dei liquidi, ma le molecole, gli atomi, e/o gli ioni sono privi della libertà di mov imento che hanno nei liquidi. I solidi amorfi non hanno facce ben definite e le forme dei cristalli. 12 Celle elementari e reticoli cristallini In un solido cristallino vi è una piccola unità ripetitiva detta cella elementare. La struttura di un cristallo può essere ge nerata impilando quest’unità indefinitamente in tutte e tre le dimensioni. Quindi, la struttura di un solido cristallino è definit a da: • Dimensione e forma della cella elementare; • Posizioni degli atomi all’interno della cella elementare. L’insieme geometrico dei punti in cui le celle elementari sono disposte viene chiamato reticolo cristallino. Il reticolo cristallino è un’impalcatura astratta (non reale) della struttura cristallina. È utile cominciare con i reticoli a due dimensioni in quanto sono più sempl ici da visualizzare rispetto a quelli a tre dimensioni. Ogni punto reticolare è circondato dalle stesse cose e le relative posizio ni sono definite dai vettori reticolari a e b. In un reticolo bidimensionale le celle elementari possono assumere solo una delle quattro forme possibili: • Reticolo obliquo (�≠�,�=�������������������� ); • Reticolo quadrato ( �=�,�=90° ); • Reticolo rettangolare ( �≠�,�=90° ); • Reticolo esagonale ( �=�,�=120° ); • Reticolo rombico ( �=�,�=�������������������� ). Il tipo di reticolo più generale è il reticolo obliquo. Il re ticolo quadrato, il reticolo esagonale ed il reticolo rombico hanno una combi nazione unica per l’angolo γ e di rapporti tra le lunghezze dei vettori a e b del reticolo. In un reticolo rombico si può disegnare una cel la alternativa, un rettangolo in cui i n odi reticolari siano sui propri angoli e nel suo centro. Per questa ragione i l reticolo rombico è normalmente definito come reticolo rettangolare centrato. I reticoli sopraelencati rappresentano il rivestimento di cinque forme base: quadrati, rettangoli, e sagoni rombi e parallelogrammi generici. Altri poligoni, come i pentagoni, no n possono coprire lo spazio senza lasciare discontinuità. Tuttavia per comprendere i cristalli reali bisogna spostarsi da due a tre dimensioni: un reticolo è definito da tre vetto ri (a, b, c). Questi vettori reticolari definiscono una cella elementare che è un parallelepipedo. Esistono sette possibili forme per una cella elementare tridimensionale : • Cubico ( �=�=�,�=�=�=90° ); • Tetragonale ( �=�≠�,�=�=�=90° ); • Ortorombico ( �≠�≠�,�=�=�=90° ); • Romboidale ( �=�=�,�=�=�≠90° ); • Esagonale ( �=�≠�,�=�=90° ,�=120° ); • Monoclino ( �≠�≠�,�=�=90° ,�≠90° ); • Triclino (�≠�≠�,�≠�≠�). Se m ettiamo un punto reticolare in ogni vertice della cella elementare otteniamo una cella primitiva. Inoltre è possibile generare quelli che vengono chiamat i reticoli centrati posizionando un punto reticolare in posizioni specifiche nella cella elementare. Un reticolo cubico a corpo centrato possiede un punto reticolare al centro del la cella elementare in aggiunta ai punti reticolari agli otto vertici. Un ret icolo cubico a facce centrate ha un solo punto reticolare al centro di ciascuna delle sei facce della c ella elementare in aggiunta ai punti reticolari agli otto vertici. I reticol i centrati, ovviamente, esistono anche per altri tipi di celle elementari. Il riempimento di una cella elementare Il reticolo di per sé non definisce la struttura di un cristallo: per generarla si associano uno o più atomi per ogni punto del reticolo. Nel caso più semplice la struttura del cristallo consiste di atomi identici, e ogni atomo giace direttamente su un punto reticolare. Molti elementi metallici adottano tali strutture: b isogna ricordare che solo gli elementi possono formare strutture di questo t ipo, in quanto gli atomi devono essere tutti uguali. In molti cristalli gli atomi non coincidono esattamente con i punti reticolari. Un gruppo di atomi, chiamato motivo, è associat o ad ogni punto reticolare. La cella elementare contiene uno specifico motiv o di atomi, e la sua ripetizione indefinita determina la struttura del cris tallo . La struttura infinita bidimensionale a nido d’ape è un cristallo bidimensionale chiamato grafene, un materiale dalle numerose proprietà. Ogni atomo di carbonio è legato coval entemente a tre atomi di carbonio vicini in modo tale da ottenere un foglio infinito di anelli esagonali interconnessi. La struttura del grafene illustra due importanti caratterist iche dei cristalli: • Non vi sono atomi nei punti reticolari, cosa che accade, invece, in molte altre strutture; • Si possono formare legami tra gli atomi di celle elementari adiacenti e tali legami non sono necessariamente paralleli ai vettori reticolari. Ciò , invece, accade in molti cristalli ed in particolare nei solidi metallici, ionici e covalenti. 13 12.3 Solidi metallici I solidi metallici, chiamati anche metalli, consistono interamente di atomi di metalli. Il legame nei metalli è troppo forte per poter essere associato a forze di dispersione e inoltre non vi sono abbastanza el ettroni di valenza perché si formino legami covalenti tra gli atom i. Il legame, chiamato legame metallico, si origina dalla presenza di elettroni di valenza delocalizzati nell’inte ro solido. Ovvero, gli elettroni di valenza non sono associati ad atomi o le gami specifici, ma sono distribuiti in tutto il solido. Vi sono al cune proprietà condivise da tutti i metalli che ci permettono di differenziarle dalle altre sostanze: • Una superfic ie pulita di un metallo possiede una lucentezza caratteristica; • I metalli ch e maneggiamo a mani nude ci trasmettono una sensazione di freddo i n quanto hanno un’elevata conducibilità termica; • I metalli presentano anche una elevata conducibilità elettrica ; • Molti metalli sono malleabili, ovvero possono essere ridotti il lamine sottil i, e duttili, ovvero possono formare fili. Queste proprietà indica no che gli atomi sono capaci di scivolare gli uni sugli altri. I solidi ionici e covalenti non mostrano queste pro prietà. Le strutture dei solidi metallici Le strutture dei cristalli di molt i metalli sono semplici abbastanza da poter essere generate posizi onando un singolo atomo in ogni punto reticolare. I metalli con una struttura cubica primitiva sono rari, uno dei pochi esempi è il polonio. I metalli a corpo centrato includono il ferro, il cromo, il sodio ed il tungsteno. Esempi di metalli cubici a facce centrate sono l’alluminio, il piombo, il rame, l’argento e l’oro. ���������������� +������������� ����������������������� �������� →�������������� ������������������������������������ Motivo Reticolo Cristallino Struttura Cristallina Atomo metallico Reticolo cubico primitivo Metallo cubico primitivo Atomo metallico Reticolo cubico a corpo centrato Metallo cubico a corpo centrato Atomo metallico Reticolo cubico a facce centrate Metallo cubico a facce centrate Frazione di ciascun atomo in funzione della posizione d ella cella e