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Mechanical Engineering - Teoria e Tecnica dei Veicoli Terrestri

Raccolta teoria per preparazione esame

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1) Trazione anteriore • Vantaggi: sicurezza (veicolo sottosterzante). • Svantaggi: difficile trasmettere a terra grandi forze longitudinali • motore trasversale • Soluzione più diffusa. Vantaggi: semplicità, massa, economicità. • Svantaggi: difficoltosa installazione di motori di dimensioni rilevanti per motivi di ingombro • motore longitudinale semialberi posteriori al motore • Soluzione poco utilizzata. • Svantaggi: richiede sbalzo anteriore molto pronunciato per alloggiare il gruppo m otopropulsore • motore longitudinale • Soluzione molto costosa e complessa. • Svantaggi: richiede motori specifici. • Vantaggi: estetica, possibilità di contenere lo sbalzo anteriore 2) Trazione posteriore: soluzione diffusa in vetture di alta gamma. • Vantaggi : co mfort (possibilità di ottenere un elevato filtraggio dell’eccitazione del motore), estetica (possibilità di contenere lo sbalzo anteriore: es. BMW); prestazioni (possibilità di istallare grosse motorizzazioni grazie alla favorevole disposizi one nel vano motore ed alla facilità di trasmettere Fx). • Svantaggi : massa/costi (trasmissione complessa); bagagliaio ridotto (ingombri della meccanica posteriore); guida “delicata” (in particolare su fondi a bassa aderenza, accelerando la v ettura tende al sovrasterzo; il difetto è ovviabile con sistemi di controllo automatico di trazione e stabilità). 3) Trazione integrale: utile fondamentalmente per due motivi: • Garantire una buona trazione su fondi con bassa aderenza (neve, ghiaia, sabbia, asfalto bagnato…): impiego principale per i fuoristrada, caratterizzati anche da elevata altezza da terra. • Permettere l’utilizzo ottimale di propulsori ad elevatissima potenza, grazie ad una distribuzione equilibrata tra ant eriore e posteriore…): impiego principale per vetture ad alte prestazioni con assetto stradale. È possibile un’integrazione delle due funzioni, in particolare adottando sospensioni ad assetto variabile (es. Porsche Cayenne). INNESTO A FRIZIONE -Deve esistere un dispositivo che mi porti il veicolo da 0 a una velocità Vmin, cioè un organo di avviamento, un rapporto di trasmissione a gradini; perciò, ci focalizziamo sull’area che non è gestita da nessun rapporto cambio, più precisamente gestendo il range di velocità da 0a 8 kmh. L’innesto a frizione ci permette di far girare l’albero motore alla stessa velocità dell’albero d’innesto cambio. =l suo funzionamento si basa sulle forze d’attrito scambiate nel sistema, il quale è composto da: l’albero mot ore è collegato al volano, la campana dell’innesto a sua volta è avvitata sul volano e collegata allo spingidisco. La superficie dello spingidisco si appoggia sulla superficie del disco dell’innesto a frizione, a sua volta quest’ultimo disco si appoggia su lla faccia del volano, lavorando quindi sullo spingidisco e sul volano. La pressione a contatto tra disco e spingidisco è costante se è nuovo, varia quindi con la sua usura; le forze normali che ci permettono di lavorare per attrito sono trasmesse attraver so un precarico delle molle, effettuato a una pressione che sia inferiore al limite di resistenza del materiale, facendo nascere poi a causa delle forze d’attrito un’azione tangenziale. L’albero motore gira a velocità angolare (w) a cui gira anche il volan o, la campana, lo spingidisco e le molle. =l disco frizione e l’albero d’uscita girano alla stessa velocità angolare; perciò, è necessario utilizzare un profilo scanalato in quanto si scambiano coppia il disco e l’albero. MOLLA A DIAFRAMMA : la rigidezza della molla è definita come la derivata del rapporto F/ deltaX; andando a graficare tale rapporto si osserva come la rigidezza diminuisce man mano che si aumenta la forza, raggiungendo il punto di massimo in cui essa è pari a zero (la derivata è nulla nei punti di massimo) per poi assumere un andamento con pendenza e quindi derivata negativa. Le molle ad elica per trasmettere coppia vengono precaricate ma, quando il disco si usura, lo spingidisco va più indietro e le molle dovrebbero essere meno compresse, con un carico minore quindi sarà necessario spingere di più il pedale della frizione. =l vantaggio delle molle a diaframma è quindi ritrovato nel momento in cui si ha una diminuzione di spessore del disco della frizione, riuscendo a garantire comunque un carico minimo. Lo SPINGIDISCO , spinto tramite il cuscinetto reggispinta e la molla a diaframma , insieme al volano , ruotano alla stessa velocità angolare per trasmettere coppia che è divisa in due tra volano e spingidisco. Lo spingidisco deve poter traslare durante il funzionamento, perciò per collegarlo alla campana ci sono tre orecchie sul disco e tre lamine in direzione tangenziale molto sottili e quindi deformabili, permettendogli di avanzare e arretrare durante l’azionamento dell’innesto. =l DISCO DELL’INNESTO è costituito da più parti rigide, ossia un materiale d’attrito nella corona esterna e il profilo scanalato sul mozzo che possono avere una rotazione relativa gestita dalle molle presenti nella zona centrale ; così andiamo a disaccoppiare torsionalmente le due zone , mozzo centrale -materiale d’attrito, per creare una funzione parastrappi utile se si hanno picchi di coppia. Le molle nelle finestre non sono tutte uguali, tutte h anno dei giochi diversi tra loro in modo tale da funzionare dopo certi livelli di rotazione per avere una caratteristica coppia rotazione inizialmente lineare e poi, sommata all’azione delle altre molle, non più lineare. Molle di bassa rigidezza vengono us ate per risolvere problemi di vibrazioni. =l materiale d’attrito è rivettato su un foglio di lamiera che non è piano ma presenta delle ondulazioni poiché rende la fase di innesto progressiva, con zone a rigidezza differenziale. Ricapitolando, prima che l ’innesto a frizione entri in gioco abbiamo velocità diverse dell’albero motore, più su di giri rispetto all’albero del cambio quindi i due alberi sono disinnestati. A innestare l’albero motore con l’albero d’ingresso cambio è l’innesto a frizione, facendo sincronizzare le due velocità; quando il dispositivo è nella fase di innesto è necessario che la velocità del motore diminuisca e quella dell’ingresso cambio, partendo da zero, inizi ad aumentare. IRREGOLARITA’ PERIODICA -=l volano è fondamentale per eliminare l’irregolarità periodica, più aumento l’inerzia del volano più riduco l’irregolarità periodica che dipendono dal numero di giri; in particolare essa è generata dalla variazione periodica delle velocità angolari caus ando gravi conseguenze come grosse oscillazioni di velocità nel periodo. È perciò fissato un grado di irregolarità dato dal rapporto tra (velocità angolare massima – velocità angolare minima) / (velocità angolare media) introducendo un volano con una speci fica inerzia. Più è grande il diametro più aumenta la soglia di irregolarità da non superare, comodo dal punto di vista teorico ma nella realtà dei progetti molto difficile da realizzare perché volendo mettere l’albero motore il più basso possibile per abb assare il baricentro è come se fosse già imposta la sua dimensione avendo dimensionato il diametro. Nel caso delle auto sportive viene trascurata l’irregolarità periodica poiché l’inerzia del volano diminuisce le prestazioni del veicolo. Il cambio è comunemente usato negli autoveicoli e nei rotabili ferroviari a motore termico, allo scopo di poter variare entro ampi limiti la velocità del mezzo pur mantenendo il motore a combustione interna entro un regime di funzionamento ottimale per rendimento, coppia motrice o potenza. Nei mezzi di trasporto su strada, il cambio è fondamentale anche perché permette di variare il rapporto tra il regime motore e la velocità del veicolo, al fine di ottenere una coppia motrice appropriata alle ruote. Il motore, in fatti, presenta regimi di rotazione ottimali diversi a seconda che occorra privilegiare il rendimento chilometrico (generalmente a velocità costante), la coppia e potenza (per la velocità massima, la ripresa, accelerazione, salite etc.) o regime di sottoco ppia (per i fondi innevati o a bassa aderenza). Nelle automobili standard, nelle marce basse (I, II, III, a volte IV) il cambio agisce come riduttore di velocità, mentre nelle marce alte (V e molto spesso anche la VI) i rapporti di trasmissione sono unita ri o sopra l'unità (fino ad un 20% o 30%); di solito le marce più alte (tipicamente la V, ma anche la VI se il cambio ne è dotato) sono del tipo "a riposo", studiate per limitare i consumi nelle autostrade o comunque nelle percorrenze a velocità elevate. Questo perché, storicamente, nel classico schema delle auto americane degli anni 30 con motore longitudinale, trazione posteriore e cambio a 4 marce (+ RM), l'albero di entrata e di uscita sono coassiali e pertanto, per ragioni di efficienza, il rapporto della IV anziché passare per l'albero ausiliario come gli altri rapporti, prevedeva un sincronizzatore che innestava direttamente le estremità dell'albero di entrata e di uscita con rapporto 1:1 ("presa diretta"). Per tale ragioni "storiche", i ra pporti inferiori alla IV sono generalmente demoltipliche, mentre al di sopra sono moltipliche. Oggi invece si usano ruote dentate sempre in presa, nelle fasi di innesto solo una delle ruote dentate è però resa solidale con l’albero al differenziale. Muove ndo la leva del cambio vado a ingranare il rapporto giusto effettuando così l’innesto. La motivazione per cui tali ruote sono sempre in presa è che vengono utilizzate ruote elicoidali che sono anche meno rumorose di quelle a denti dritti. La potenza arriv a dal motore tramite l’innesto a frizione tramite il profilo scanalato, la coppia così entra dall’albero primario ed esce dal secondario, entrambi in acciaio. L’albero ruota sulla cassa del cambio su cui ci sono dei cuscinetti a sfere, essi creano un vinco lo di cerniera carrello, montaggio isostatico ottimo per resistere alle dilatazioni termiche. Gli elementi di innesto possono essere montati sul primario o sul secondario. I cambi manuali delle automobili prodotte dopo il '60 sono di tipo sincronizzato . Il meccanismo del cambio è costituito da due alberi paralleli, quello di entrata connesso alla frizione e quello di uscita, connesso all'albero di trasmissione. Sui due alberi sono montati parallelamente gli ingranaggi. Tutti gli ingranaggi sono costantemente ingranati, ma solamente una coppia è connessa all'albero di uscita. Tecnicamente il meccanismo di innesto consiste in un collare ( manicotto) che scorre lateralmente su un supporto coassiale all'albero, il manicotto viene fatto scorrere lateralmente dalle forchette di comando azionate dal selettore del cambio. Il supporto del manicotto rimane solidale all'albero motore grazie all'acco ppiamento millerighe tra i due e agli ingranaggi e spessori che non permettono il suo spostamento laterale. Affinché questo manicotto si sposti later almente rispetto alla sua posizione di riposo, bisogna forzare il rientro all'interno del supporto delle piccole chiavette che, spinte da alcune molle contro il manicotto, servono normalmente a stabilizzarne la posizione; questo meccanismo serve a rendere lo scorrimento del manicotto a scatto. Per effetto dello scorrimento, il manicotto ingrana il sincronizzatore e oltre a ciò lo spinge contro l'ingranaggio della marcia. L'attrito che si viene così a creare tra il sincronizzatore e l'ingranaggio della marci a permette a quest'ultimo di entrare, in via per così dire preliminare, in rotazione, ancor prima di essere ingranato dal manicotto e quanto basta a portarlo più o meno alla stessa velocità di rotazione del manicotto stesso (e quindi dell'albero motore). A questo punto, manicotto e ingranaggio hanno la stessa velocità di rotazione e ciò permette finalmente il loro innesto. Una volta che il manicotto si ingrana sull'ingranaggio (per essere più precisi sulla corona laterale dell'ingranaggio), inizia il trasfe rimento, possiamo dire, definitivo della coppia motore, non più cioè per attrito ma per ingranamento. Notare che il preliminare ingrana mento tra il manicotto e il sincronizzatore non presenta invece problemi in quanto anche il sincronizzatore ruota solidale all'albero. I sincronizzatori possono quindi essere considerati come delle mini -frizioni coniche o ad anello che portano il manicotto (qui ndi l'albero di ingresso) e la corona solidale all'ingranaggio a girare alla stessa velocità. Quando si sente grattare durante un cambio di marcia, non sono i denti degli ingranaggi a "grattare", in quanto questi sono sempre ingranati, ma quelli del manico tto e della corona dell'ingranaggio. Il primo cambio sincronizzato fu introdotto dalla Cadillac nel 1929 , mentre l'attuale sistema a coni fu sviluppato dalla Porsche nel 1952 . Negli anni Cinquanta solamente la seconda e terza marcia erano sincronizzate, ed il manuale d'u so suggeriva, per passare dalla seconda alla prima, di fermare prima completamente il veicolo. Nei cambi attuali, sono sincronizzate tutte le marce esclusa generalmente la retromarcia , pertanto la "grattata" si ha nei casi in cui quest'ultima venga inserita con il mezzo ancora in movimento; non è tuttavia raro che anche la retromarcia venga sincronizzata, rendendo possibile l'innesto anche con il veicolo leggermente in movimento, ma è comunque buona norma attendere che il veicolo sia totalmente fermo prima di ingranarla. Il cambio sincronizzato presenta diversi svantaggi, tra cui: • l'usura dei sincronizzatori; • il ritardo introdotto nella cambiata; • maggiore ingombro del cambio. Per questo motivo nei grandi camion, nei macchinari e nei cambi speciali per corse automobilistiche si usa un sistema non sincronizzato. Numero delle marce Per essere chiamato tale, un cambio deve possedere almeno due rapporti mentre non esiste un limite superiore a questo numero al di fuori di quello dettato da ragioni di costo, utilità ed ingombro. Un cambio munito di un numero maggiore di rapporti è generalmente più pesante, ingombrante e costoso di un cambio che ne possiede meno, tuttavia a seconda delle caratteristiche del motore e dell'inerzia del carico a valle del cambio stesso è in molti casi possibile ottenere maggiori efficienze globali con il frazionamento dell'accelerazione su un numero maggiore di rapporti. Con il miglioramento dei processi produttivi e quindi l'abbattimento dei costi di produzione, i cambi a maggior numero di rapporti sono diventati comuni. Tradizionalmente i cambi meccanici moderni sono dotati di cinque o più rapporti. La quinta e la sesta marcia furono introdotte con l'aumentare delle velocità raggiungibili dai veicoli, per risparmiare combustibile. A valle del cambio, anche il differenzial e (rapporto pignone cambio/corona differenziale) incide sul rapporto tra giri motore e giri ruota. Le macchine agricole ed i mezzi pesanti tendono ad avere cambi dotati di molti rapporti, per via dei grossi carichi che d evono poter affrontare. Tali cambi hanno talvolta la possibilità di selezionare due ingranaggi di una serie, in modo da avere quindi due cambi di velocità in serie. Il comando in quel caso avviene per mezzo di leve distinte, comandi secondari sulla leva o elettronicamente. La retromarcia è realizzata con l'ausilio di un terzo albero con un ingranaggio folle su di esso, che trasmette il moto tra l'albero primario e secondario invertendone il senso di rotazione (ruota oziosa). SINCRONIZZATORE indispensabile per effettuare un cambio marcia, l’obiettivo finale è quello di ottenere la stessa velocità all’albero primario e secondario evitando che la marcia gratti durante l’innesto. Ogni ingranaggio viene ingranato grazie ai sincronizzatori, essi so no composti da anelli metallici concentrici, realizzati in bronzo o leghe leggere, montati sull’albero secondario. L’anello più esterno possiede lateralmente una parte dentata fatta per ingranare nel corrispondente settore dentato dell’ingranaggio. Inoltre , possiede anche una dentatura interna longitudinale che lo collega all’anello interno del sincronizzatore, collegato all’albero secondario del cambio. Quindi ipotizziamo un veicolo che si muove a velocità costante, bisogna anzitutto calcolare la variazion e di velocità subita dall’ albero ingresso cambio e la coppia da applicare per far variare la velocità, nota come coppia di sincronizzazione L’albero d’ingresso cambio durante il cambio marcia, ipotizzando che viaggi a velocità costante, (l’albero d’uscita del cambio, quindi, mantiene la stessa velocità ), deve cambiare la propria velocità angolare e quella di tutto ciò a cui esso è collegato. Ricaviamo il delta omega che è funzione della velocità di avanzamento, tau ponte e cambio delle mar ce considerate, e il raggio. Quindi in base al fatto che scalo o aumento marcia devo far variare la velocità angolare a seconda del rapporto, per far ciò devo applicare una coppia di sincronizzazione che è data dall’inerzia dell’albero ingresso cambio per l’accelerazione angolare che voglio applicare. L’accelerazione è delta omega, precedentemente ricavato, fratto il delta tempo determinato dal conducente, dipende in quanto tempo voglio effettuare il cambio marcia più è rapido più deve essere grande la copp ia. Se due elementi conici devono essere sincronizzati dal punto di vista delle velocità angolare sfrutto l’attrito che si genera tra le superfici coniche. Faccio lavorare un cono sull’altro e spingo l’anello sincronizzatore contro l’altra superficie, gene rando un’elevata coppia che sfrutto per generare a sua volta la coppia del sincronizzatore. A spingere è il conducente, quando muove la leva del cambio (c’è una fase in cui la leva avanza, poi c’è un aumento di carico in cui avviene la sincronizzazione, pe rmettendo poi di andare più avanti solo se è finito l’innesto). Gli angoli del cono sono molto bassi, circa 7 gradi: sono a forma conica poiché ho massima coppia con minimi sforzi e grande resistenza all’usura; inoltre ho angoli di cono ridotti per evitare che si piantino tra di loro Il Dual Clutch Transmission , noto anche con la sigla “DCT”, è un sistema di trasmissione che - come suggerisce proprio il nome - sfrutta la presenza di due frizioni separate per collegare il motore agli alberi su cui sono inst allati gli ingranaggi dei vari rapporti del cambio. Questa tecnologia funziona grazie a due alberi coassiali (uno interno pieno e uno esterno cavo) che sono collegati rispettivamente alle due frizioni. Su uno degli alberi vengono montati gli ingranaggi dei rapporti dispari (solitamente 1, 3, 5 per un automatico a sei rapporti), mentre sull’altro sono presenti quelli pari (2, 4, 6). Se il numero di marce aumenta, aumentano anche le coppie di ingranaggi disponibili; la retromarcia è montata su uno dei due alb eri ed è dotata di un ulteriore albero per l’inversione del senso di rotazione. Gli alberi ruotano contemporaneamente, ma solo uno dei due, quello che di volta in volta è collegato alla frizione che in quel momento è in posizione “chiusa”, trasmette la pot enza del motore ad uno dei due alberi di uscita (paralleli tra loro, uno per i rapporti pari e l’altro per quelli dispari). =ntanto il secondo l’albero di uscita su cui sono montati gli ingranaggi ruota e il selettore automatico inizia a inserire il rappor to successivo (quello che il cervello elettronico ritiene più adatto alla situazione). La cambiata vera e propria, poi, consiste nell’apertura della prima frizione e successiva chiusura della seconda, fenomeno che avviene in tempi decisamente rapidi (ormai inferiori ai 30/40 millisecondi). Con un procedimento analogo vengono poi inseriti tutti gli altri rapporti. Il cambio a doppia frizione può funzionare sia in modalità totalmente automatica, in cui il software di controllo sceglie il rapporto da inserire, sia in modalità sequenziale, dove il guidatore decide di salire o scendere con i rapporti tramite leva o paddle sul volante. Il cambio continuo o variatore continuo (o CVT dall'inglese continuously variable transmission) è un tipo di cambio automatico per autoveicoli in cui il rapporto di trasmissione può variare senza soluzione di continuità tra due valori limite. Il compito della trasmi ssione è appunto quello di permettere di mantenere il motore nell'intorno del suo regime di funzionamento ottimale a seconda le condizioni di esercizio, ovvero intorno al regime di coppia massima quando si marcia normalmente con carico ridotto o moderato, oppure intorno al regime di massima potenza quando sono richieste prestazioni sportive. Il grande vantaggio di poter disporre di un numero di rapporti infinito (all'interno dell'intervallo compreso tra un valore minimo e uno massimo definiti dalle dimensio ni e dalle geometrie dei componenti della trasmissione) è quello di poter mantenere il motore ad un numero di giri costante, selezionandolo arbitrariamente in maniera indipendente (o quasi) dalla velocità del veicolo, e poter di conseguenza scegliere quest o regime di lavoro del motore in maniera adeguata alle condizioni di carico. Esistono cambi continui basati su differenti tecnologie. A puleggia Questo tipo di cambio utilizza pulegge collegate (a seconda delle potenze in gioco) da una cinghia in gomma rinforzata con fibre di kevlar, o una cinghia costituita interamente da elementi in acciaio, oppure una catena. Le pulegge sono costituite da due t ronchi di cono affacciati per la base minore, calettati su un albero in modo che non possano ruotare l'uno rispetto all'altro, ma soltanto muoversi in senso assiale e ruotare come unico assieme; avvicinando o allontanando tali coni si varia l'ampiezza dell a gola compresa tra essi, e di conseguenza il diametro apparente su cui si avvolge la cinghia, costringendola a salire o a scendere: in questo modo si varia il rapporto di trasmissione. Nel caso della catena, invece, le ruote sono dentate. Ovviamente, dal momento che la lunghezza della cinghia o catena è fissa, ad un restringimento di una puleggia (aumento del diametro) deve necessariamente corrispondere specularmente un allargamento (riduzione di diametro) dell'altra e viceversa. =l sistema di regolazione che consente di variare il diametro delle pulegge e allo stesso tempo mantenere costantemente una pressione ben precisa tra i coni delle pulegge e i fi anchi della cinghia per impedirle di slittare e consentirle di trasferire la coppia può essere di varia natura. Con l'introduzione dell'elettronica nelle trasmissioni, si è reso possibile pilotarle direttamente tramite un motore elettrico passo -passo. L' ulteriore evoluzione, presente in tutte le trasmissioni CVT automobilistiche moderne, è un sistema elettroidraulico che sfrutta dell'olio pressurizzato da una pompa per generare una spinta (modulata mediante delle valvole regolatrici) su dei sistemi cilind ro-pistone ricavati all'interno delle pulegge stesse; mediante piccole differenze di pressione su di una puleggia rispetto all'altra, avviene il movimento dei coni e quindi la variazione del rapporto di trasmissione. La pompa sta a destra e il motore a sinistra per problemi di tenuta del fluido, in caso contrario avrei fuoriuscite di fluido. CONVERTITORE IDRAULICO DI COPPIA : la novità rispetto al giunto idraulico sta nella presenza di uno statore; quindi, la sua struttura è composta da POMPA -TU RB=NA (collegata all’albero d’uscita) -STATORE. Lo statore sta fermo e ci permette di scambiare coppia con il mondo esterno, generando M3. M1+M2+M3=0 lo statore non fa passare potenza ma solo coppia scambiata con il telaio del veicolo; quindi, a cambiare è il fatto che M1 può essere diverso da M2 con coppia di uscita M2 diversa da quella di ingresso M1. Essendoci la palettatura dello statore il fluido scambia forze con essa, lo statore sostanzialmente devia il flusso facendo nascere un momento M3. Il rendim ento di questa macchina dipende ancora da M1 e M2 poiché la velocità dello statore è nulla. Il rapporto di conversione può essere diverso da 1 asse y -sx : rapporto di conversione di coppia ; asse X: rapporto tau cambio ; asse y -dx: rendimento Il grafico di destra rappresenta un giunto idraulico mentre quello di sinistra un converitore. Per tau uguale a 0 il rendimento è 0 mentre il rapporto di conversione di coppia è di circa 3 allo spunto, man mano che la tau aumenta il rendimen to ha un picco in 0,85. Il rapporto di conversione ha un andamento decrescente. Per tau che si avvicina a 1 ho rendimenti e rapporti di conversione sfavorevoli, a differenza del giunto idraulico in cui i rendimenti erano molto vicini a uno. Perciò ci piace rebbe avere una macchina che si comporti fino a un certo punto come convertitore idraulico e poi come giunto idraulico, come? Appena M3 cambia di segno, ossia quando il rapporto di conversione è uguale a 1, lascio ruotare lo statore e genero una ruota libe ra (ritrovata sulla bicicletta). Differenziale Se sono in curva la ruota interno curva e quella esterna devono ruotare a velocità diverse dalla velocità media del veicolo. GIUNTO IDRAULICO : è una macchina idraulica, c’è un fluido che viene utilizzato per cambiare i parametri della potenza ingresso e uscita utilizzando un’accoppiata di pompa e turbina. C’è quindi potenza meccanica che arriva dal motore che viene convertita, tramite una pompa, in un movimento di fluido idraulico (caratterizzato da una certa velocità e pressione); il fluido così energizzato ritorna potenza meccanica agendo su una turbina. La pompa collegata all’albero motore energizza il fluido e lo passa alla turbina passandolo all’utilizzatore nell’elemento toroidale. Essendo un giunto esso trasmette la coppia in ingresso in uscita, quindi, ha un rapporto di conversione pari a uno, ho stessa coppia in ingresso e uscita, M1=M2. Potrei definire uno scorrimento �= ������������ −������ ������������ , sostituendo v con Vi e Ve ottengo degli scorrimenti diversi per ogni ruota. Lo scorrimento della ruota interna è positivo e uguale a Si= C/2*Rm perché la ruota interna è costretta a viaggiare a una velocità più bassa rispetto a ������� , quella esterna inv ece deve viaggiare a velocità più alta con uno scorrimento pari a Se= -C/2*Rm. Sulla ruota interna nasce una forza Fx positiva e su quella esterna una uguale in modulo e opposta in verso, generando un momento di imbardata Mz che cerca di portare il veicol o sulla traiettoria rettilinea. Se vado dritto Rm ->infinito e quindi S ->0. Ci piacerebbe creare un sistema che annulli le forze e che permetta alla ruota esterna di ruotare a velocità superiore a quella interna. Di conseguenza avremmo momenti uguali sulle ruote per evitare momenti di imbardata. Quindi velocità diverse a destra e a sinistra ma con un �������������������������� uguale alla media delle velocità. Il differenziale è un rotismo epicicloidale ovvero che almeno un asse delle ruote dentate si muove durante il fun zionamento, il cosiddetto asse dei satelliti. Il differenziale è genericamente costituito da una gabbia portasatelliti cui sono vincolati due assi. Su questi ultimi sono installati due satelliti, in presa con due planetari (ingranaggi conici) solidali con i semialberi. In tal modo il trasmette alle ruote un uguale numero di giri in rettilineo, mentre in curva la ruota interna può diminuire di giri e trasferirli a quella esterna. Differenziale libero M2/M1= -1/tau0 -> quindi ci serve tau0 = -1 -> M1=M2= -M3/2 Ovvero metà coppia a destra e metà coppia a sinistra Avere M1=M2 può non essere positivo se una delle 2 ruote non ha aderenza, ad esempio una ruota sul ghiaccio e una sull’asfalto. Però anche la ruota che sta sull’asfalto dovrebbe trasmettere coppia poiché M1=M2. M3 va ad accelerare la ruota che pattina. In curva si può ave re trasferimento di carico sulle ruote esterne, la ruota interna pattina questo è un esempio di M1=M2. SOLUZIONE: ruota che sta per pattinare viene frenata, quindi si applica un momento frenante trasferendo la coppia all’altra ruota. Nei veicoli da fuorist rada con 4 ruote motrici si hanno 2 differenziali sugli assi e uno centrale: vorrei avere la stessa forza longitudinale trasmessa alle 4 ruote. Quello centrale manda metà coppia avanti e metà dietro. Se una ruota non trasmette coppia tutto non trasmette co ppia, quindi, serve un BLOCCO AL DIFFERENZIALE che manda tutte l a coppia che può scambiare sulle ruote che sono in aderenza. DIFFERENZIALE A SCORRIMENTO LIMITATO: Il rendimento interno, relativo al moto relativo tra i solari e i satelliti in curva o in qu alsiasi altra situazione in cui le velocità angolari sono diverse, può essere modificato attraverso dei sistemi che vanno ad agire sugli innesti svolgendo il ruolo di autobloccante. PERO’ tau è sempre uguale a -1 Si sfrutta questa differenza di c oppia tra le ruote abbassando il rendimento/coppia su una ruota. Solo se il rendimento è diverso da 1 si può sfruttare questo sistema. L’idea è quella di sfruttare questa differenza di coppia nelle situazioni critiche abbassando il rendimento interno del d ifferenziale. La parte interna del portatreno è realizzata in 2 parti: al centro c’è un perno attorno al quale ruotano i 2 satelliti. Come passa la coppia che arriva dalla corona ai satelliti che poi passa ai solari? Attraverso il perno dove si genera una forza tangenziale T. Il perno scambia la forza del portatreno sui piani inclinati, con forza dirette verso l’asse di rotazione del differenziale fornendo un precarico che è proporzionale a T e M3. Quindi in funzione della coppia si può fare in modo di bloc care il differenziale: più coppia fornisco tramite il motore tanto più i vettori forza diventano elevati e le 2 semimetà vanno a precaricare gli innesti multidisco bloccando il differenziale che diventa come un unico corpo rigido. Le frizioni multidisco ha nno attuatori elettrici che possono bloccare i solari al portatreno Dentature molto grosse: solari e satelliti lavorano solo in curva, cioè il 5% della vita del veicolo quindi il loro rendimento non è importante. con W3 media tra W2 e W1 Quando un’automobile percorre una curva, è facile intuire che le ruote interne debbano essere circoscritte in una circonferenza con un raggio più piccolo rispetto alle ruote esterne. È quindi necessario che il sistema di sterzatura preveda un diverso angol o di sterzo tra la ruota interna e quella esterna. Da questo concetto è nata la necessità di introdurre un meccanismo, in grado di differenziare gli angoli delle due ruote dell’asse sterzante. =l sistema viene oggi comunemente chiamato “angolo di Ackermann ”. LA CORRETTA STERZATURA CINEMATICA In caso di sterzatura cinematica, occorre presupporre che la velocità del veicolo sia prossima allo zero e che quindi siano trascurabili gli angoli di deriva degli pneumatici, le accelerazioni e gli effetti derivanti da l movimento delle sospensioni. Per ottenere una sterzatura cinematicamente corretta, gli assi passanti per il mozzo delle due ruote anteriori devono congiungersi in un punto, detto centro di istantanea rotazione, che è posizionato sul prolungamento dell’as se posteriore. Solo in questo modo si avrà una condizione di rotolamento puro delle ruote, senza che avvengano strisciamenti nell’area di contatto tra pneumatico e strada. Ipotizzando una curva a destra, occorre che venga verificata la seguente equazione : p/tan beta - p/tan alfa= b/p Dove α = angolo di sterzo ruota di destra, β = angolo di sterzo ruota di sinistra, b = distanza tra i due assi di sterzo , p = passo della vettura (distanza tra i due assi). L’unico cinematismo di sterzo in grado di rispettare perfettamente questa condizione per ogni angolo di sterzata è il cinematismo di Bourlet, che però risulta di complessa realizzazione e richiederebbe una manutenzione costante. Infatti, è composto da due segmenti asolati (Glifo : Il glifo oscillante è un manovellismo di spinta capace di ricevere un moto di rotazione e di trasformarlo in un moto di traslazione alterno. ) e da due pattini tra telaio e il braccio di sterzo, i quali senza una corretta pulizia e lubrificazione, sarebbero soggetti a un’usura eccessiva. Visti gli elevati target di affidabilità e di sicurezza che un sistema di sterzo deve avere, il cinematismo di Bourlet rimane soltanto teorico e non viene mai applicato. Si utilizzano quindi le soluzioni di Jeantaud o di Panhard (Figura 3), che approssimano in modo molto buono la sterzata teorica di Ackermann e non necessitano di particolari accorgimenti per la manutenzio ne, essendo realizzati con soli due snodi sferici. Jeantaud prevede che il quadrilatero sia posto all’interno dei due assi del veicolo, mentre Panhard realizza il quadrilatero oltre l’asse anteriore. L’impianto sterzante , o più comunemente sterzo, è costituito da diversi elementi meccanici che garantiscono la direzionalità ed il cambiamento di traiettoria dell’autoveicolo . Esso presenta diversi componenti, per la precisione: snodi, tiranti, scatola guida, piantone e il vo lante. La scatola guida è un dispositivo, una scatola appunto, di lega leggera all’interno della quale si svolgono due funzioni importantissime: trasformazione del moto di rotazione proveniente dall’asse di sterzo in moto di traslazione dell’asta alla qual e è collegata tutta la tiranteria che permette la sterzatura delle ruote e riduzione del rapporto di trasmissione tra rotazione del volante e rotazione delle ruote, cioè si crea una ben definita relazione tra gli angoli di rotazione delle ruote e gli angol i di rotazione dello sterzo (mediamente a 25° di rotazione dello sterzo, corrisponde 1° di rotazione delle ruote) . Le scatole guida possono essere di tre tipi: -a vite senza fine: l’albero dello sterzo termina con una vite che ingrana con un settore denta to semicircolare solidale con l’albero collegato ai tiranti che è destinato a traslare proprio per via dell’ingranamento; Più la distanza “L” è piccola, e maggiore sarà l’effetto Ackermann delle due ruote. Se “L” invece è infinitamente grande, significa che i braccetti saranno paralleli e quindi l’effetto sarà nullo, cioè le ruote gireranno della stessa entità. L’angolo di Caster è l’angolo tra l’asse di sterzo e l’a sse verticale del veicolo guardando la ruota dal lato, quello di Kingpin è quello che si genera tra i 2 assi guardando la ruota frontalmente . L’esistenza del braccio a terra trasversale fa si che si generino forze che tendono a far ruotare lo sterzo in mod o differente ma non va eliminato del tutto perché il pilota non riuscirebbe a capire quando sta perdendo il controllo del veicolo. Il braccio a terra longitudinale positivo permette al veicolo di avere più stabilità in rettilineo alle elevate velocità e facilità di ritorno dello sterzo dopo una sterzatura, uno negativo l’opposto favorendo la sterzatura e la manovrabilità -a vite a ricircolo di sfere: è un sistema simile al precedente, ma la vite senza fine è sostituita da un manicotto all’interno del q uale sono presenti delle sfere d’acciaio usate per ridurre l’attrito. Proprio alla tecnologia di questa scatola è da imputare l’eccessivo prezzo e il conseguente scarso utilizzo dello stesso; -a cremagliera: Nella scatola dello sterzo a cremagliera un pign one con dentatura elicoidale ingrana su un’asta a cremagliera: questa tenuta in posizione da guide e da un pattino è costantemente in contatto con il pignone. L’accoppiamento tra pignone e cremagliera converte il movimento rotatorio del volante in uno spos tamento assiale delle barre trasversali collegate alla cremagliera. Le scatole dello sterzo a cremagliera possono avere un rapporto costante o variabile. Nel primo caso i denti della cremagliera sono equidistanti e offrono un rapporto di sterzo costante. = n quella variabile i denti sono spaziati per offrire una sterzata più diretta nella prima fase di rotazione (più precisione in velocità) e una maggiore leggerezza nella rotazione completa (maggiore confort). -=l piantone dello sterzo è l’elemento rigido si tuato tra volante e scatola guida e che serve a trasferire la coppia che il conducente applica al volante nel momento in cui compie una manovra di sterzatura. -=l volante, invece, è l’organo presente all’interno dell’abitacolo attraverso cui il guidatore “ comunica” con le ruote. Esso si compone di una corona circolare (quella che impugniamo quando guidiamo), da un mozzo calettato sul piantone e dalle razze che collegano corona e mozzo. Roll Steer: è un movimento degli ancoraggi della sospensione e del bracc etto di sterzo conseguente al rollio, quindi lo si riscontra nel momento in cui la vettura e quindi le sue sospensioni, affrontando una curva, si schiacciano da un lato e si estendono dall'altro. Consideriamo il braccetto di sterzo: esso è ancorato al tela io ad un'altezza differente rispetto ai bracci della sospensione, quindi, durante il rollio, l'ipotetica linea tracciata dal movimento della sua estremità formerà un arco differente rispetto a quello disegnato dal braccio della sospensione. La differenza d i movimento di questi due “ancoraggi” tra telaio e ruota genera un accorciamento o allungamento del sistema di sterzo (normalmente si allunga il braccio della ruota esterna e si accorcia quello dell'interna). =n sintesi: quando la sospensione subisce una c ompressione (ruota esterna) oppure una distensione (ruota interna), la distanza tra il braccetto di sterzo e la ruota diminuisce oppure aumenta. Essendo il tirante di sterzo vincolato dal lato del telaio e connesso alla ruota con una testina, e avendo esso un'inclinazione diversa da quella dei bracci della sospensione, inevitabilmente l'angolo di convergenza si aprirà o si chiuderà dipendentemente che il tirante sia ancorato più avanti o indietro rispetto al mozzo. -Bump Steer: medesimo concetto del Roll S teer, esso è però causato dalle sconnessioni dell'asfalto che generano un movimento verticale della sospensione. =l bump steer è quando la macchina si inganna e sterza senza il volante direttamente dal guidatore. Questo è un risultato combinato di urti sul la strada e discrepanze con la lunghezza o l'angolo delle sospensioni e dei collegamenti dello sterzo. Mentre la ruota passa sopra un dosso, si muove verticalmente su e giù. Questo movimento verticale fa sì che le ruote entrino o escano a seconda delle dis crepanze di lunghezza / angolo sopra menzionate della sospensione. SISTEMA FRENANTE =l freno idraulico è una tipologia di freno in cui è utilizzato un fluido adatto, tipicamente contenente glicole etilenico, che trasferisce la pressione da un'unità di cont rollo, che è azionata dal conduttore del veicolo ed è in genere un pedale, al meccanismo frenante. La più comune componentistica dei freni idraulici comprende: =l pedale del freno Una biella (chiamata anche biella attuatrice); Un sistema di cilindri princi pali contenenti ognuno un sistema di pistoni (costituito da uno o due pistoni, una molla di richiamo, una serie di guarnizioni ad anello ed un piccolo serbatoio di liquido); Un circuito idraulico; Un sistema di pinze freno, solitamente consistenti di uno o due pistoncini cavi in alluminio o in acciaio cromato (chiamati pistoncini freno), un set di pastiglie freno in materiale termoconduttore ed un rotore (chiamato disco freno) o un tamburo fissato ad un asse; =l principio di funzionamento si basa sull'aumento di pressione nel circuito idraulico dovuto all'azionamento del pedale del freno. La pressione viene quindi trasferita al sistema frenante dal circuito idraulico stesso. =l funzionamento dell'impianto frenante idraulico, a disco o a tamburo, si basa sul principio di Pascal che recita "La pressione esercitata su un liquido incomprimibile, racchiuso in un recipiente, si trasmette uniformemente in tutte le direzioni". Analizziamo le diverse configurazioni del sistema frenante idraulico. X- impianto frenante in cui il circuito primario è collegato alla ruota anteriore sinistra e posteriore destra, il secondario è collegato alle ruote della diagonale opposta, a chiasmo. =n caso di non funzionamento del sistema è molto rischioso avere questa configurazione del sistema poiché nasce un momento Mz che tende a imbardare la vettura. Cons iderando una capacità di frenata pari al 70% all’ anteriore e 30% al posteriore, se dovesse funzionare solo uno dei due impianti frenanti sarebbe comunque assicurata una frenata al 50% della capacità totale prevista. La pompa del sistema frenante si chiam a POMPA TANDEM poiché ci sono due di pompe inglobate in un unico sistema; il fluido freni utilizzato è noto come DOT , con punti di ebollizione che vanno dai 205 ai 260°C. FUNZ=ONAMENTO: generando una forza attraverso il pedale il pistone avanza, il foro d i comunicazione con il serbatoio si chiude, quindi aumenta la pressione della camera 2; il pistone secondario ha la stessa superficie del primario quindi la forza trasmessa è la stessa di quella iniziale, generando nella seconda camera la stessa pressione. Ciò accade perché in caso di anomalia devo comunque garantire un minimo funzionamento del sistema frenante. Ad esempio, in caso di anomalia al primario, la pressione nella camera 1 risulta essere molto bassa quindi il pedale del freno avanza molto più fac ilmente fino a raggiungere il secondario facendo crescere la pressione nella seconda camera; ci si accorge che è presente una corsa del pedale a vuoto. Caso contrario di anomalia nella camera 2, il sistema inizia a frenare solo quando il pistone secondario raggiunge il suo finecorsa. Perché ci serve un serbatoio del liquido dei freni? Perché nel momento in cui le pastiglie si usurano o devono essere sostituite, i pistoncini si allontanano prendendo il posto delle pastiglie e serve più fluido per consentire tali spostamenti. ==-due innesti freno, anteriore con freni a disco e posteriore con freni a tam buro, quindi una delle due pompe è sempre attiva poiché i due impianti sono separati, anche in caso di anomalia del sistema. :=-circuito primario collegato a tutte le ruote, il secondario solo a quelle anteriori, lo svantaggio di tale sistema va ritrovato nell’elevato costo e un aumento del peso all’anteriore con maggiori ingombri. BRAKE BY WIRE Essenzialmente viene rimosso il collegamento idraulico diretto tra pedale del freno e ruote; il sistema si frammenta in componenti elettriche/elettroniche e idrauliche. Nel momento in cui si aziona il pedale del freno, viene inviato un segnale di ingresso alla centralina elettronica, la quale elabora il segnale e manda un impulso alle due pompe idrauliche anteriori. Quest’ultima con un moltiplicatore di pressione, aumenta la pressione nel circuito idraulico dell’impianto frenante anteriore e imprime una forza di spinta per i pistoncini mobili della pinza freno. =l sistema svincola anteriore e posteriore; e a sua volta parzializza l’effetto frenante in funzione dello spostamento del carico in curva e in zona frenata (in ba se alla pressione sul pedale). =l segnale elaborato dalla centralina manda in pressione la pompa posteriore, la cui pressione, a valle della stessa, viene ridotta da un’unità di riduzione mediante valvola per poi frenare in modo tradizionale. =l bilanciame nto del sistema Brake By Wire avviene proprio in corrispondenza del riduttore di pressione posteriore. Come sono fatte le pinze freno Questi importantissimi gruppi meccanici hanno come forma una specie di “C”, al cui centro ruota il disco. =l materiale d’attrito - le pastiglie – è sostenuto dalla pinza e viene premuto contro il disco da pistoncini idraulici messi in pressione da un circuito collegato con il pedale del freno. Una prima grande differenza è data dalla sistemazione dei pistoncini, che possono essere presenti sui due lati della pinza freno o su un lato solo. Nel primo caso le pinze sono fisse , dato che entrambe le pastiglie si muovono verso il disco del freno. Se i pistoncini (al limite uno solo) sono solo da un lato allora la pinza è flottante perché può scorrere trasversalmente, sotto la spinta del pistoncino, in modo che anche l’altra pastiglia possa comprimere il disco. =n generale nelle pinze fisse i pistoncini sono 2 ma non mancano esempi di pinze freno a 4, 6 e più pistoncini ( per le automobili ad alte prestazioni), equamente ripartiti fra i 2 lati del disco. Le pinze freno sono generalmente in lega leggera perché devono essere leggere il più possibile dato che si muovono insieme alla ruota durante gli scuotimenti delle sospensi oni ma ci sono esempi di pinze freno in ghisa. =l disco è in ghisa ( materiale con basso coefficiente di dilatazione), osservando la sua geometria è possibile notare come esso diventi particolarmente sottile nella zona vicino la campana, dove si collega al mozzo (in cui il disco è in lega leggera) della ruota per problemi termici. =nfatti, tale zona sottile permette alla campana di rimanere più fredda non trasmettendo il calore alla campana stessa e a tutto ciò a cui è collegata. Scaldandosi il disco cerca d i dilatarsi aumentando il suo diametro il che sarebbe dannoso per tutto il funzionamento dell’impianto. Gli elementi di tenuta anulari, alloggiati in apposite cave ricavate nel corpo della p inza , hanno due funzioni. Oltre ad evitare la fuoriuscita di liq uido dei freni e al tempo stesso l’ingresso di aria e di acqua, provvedono infatti a richiamare i pistoni, portandoli nella posizione di riposo dopo che è cessata l’azione frenante. Questa azione di richiamo, determinata dalla elasticità del materiale degl i anelli di tenuta, viene detta roll - back ed è dell’ordine di tre decimi di millimetro o poco meno. L’introduzione dei freni a disco su una vettura di serie è avvenuta per la prima volta nel lontano 1955. Prima di quella data venivan o impiegati unicamente dei freni a tamburo, che erano costituiti da un cilindro rotante, denominato tamburo, e da vari ceppi, chiamati ganasce, che sono stati costruiti con un materiale particolare d’attrito, che praticavano sufficiente pressione per blocc arlo . Successivamente del le molle di richiamo dovrebbero allontanarle dal tamburo non appena l'operatore lascia il pedale. TRASFERIMENTO DI CARICO IN FRENATA Quando il veicolo prende una curva, vengono esercitate sugli pneumatici delle forze orizzontali, perpendicolari alla direzione della vettura, queste forze creano una coppia sulla vettura che tenderebbe a farla ruotare attorno al proprio asse longitudinale; tuttavia, non c'è rotazione e l'auto rimane pressoché orizzontale, perché la risultante delle forze sopra descritte è compensata da un'altra esattamente opposta le cui forze sono il peso del veicolo e la reazione della strada. Si noti che è lo pneumatico s ullo stesso lato della direzione di accelerazione che è soggetto alla forza più trasversale. Esempio: le gomme di sinistra in una svolta a destra. Queste forze variano la pressione che il pneumatico esercita sulla strada e, quindi, l'aderenza. Si verifica lo stesso fenomeno con accelerazione e frenata ma questa volta lungo l'asse longitudinale. Maggiore è l’altezza de l baricentro, maggiore è il momento di forza e maggiore è il trasferimento del carico. Per comprendere le conseguenze di un trasferimento di c arico, è prima necessario capire come uno pneumatico "aderisce" alla strada: affinché il pneumatico continui a fare presa sulla strada, la forza laterale deve essere compensata da una forza proveniente dalla strada. È la forza co l verso opposto che crea l' aderenza del pneumatico al suolo. Questa forza “di attrito” dipende ovviamente dalle condizioni del rivestimento ma anche dalla forza verticale esercitata sullo pneumatico (il peso e la forza creata dall'eventuale trasferimento di carico). Se la forza late rale supera la forza dovuta all'attrito, il pneumatico slitta . I vantaggi dei freni a disco rispetto ai freni a tamburo : =n primo luogo, per via della loro ridotta usura, senza dimenticare come presentano una capacit à frenante molto più alta. L’efficacia che viene garantita in termini di frenata su delle strade bagnate è molto maggiore . Funzionamento del servofreno a depressione =l funzionamento del servofreno a depressione è legato alla differenza di pressione, che si viene ad instaurare al suo interno. Questo dispositivo è in grado di aumentare di almeno quattro volte la forza frenante impressa dal guidatore sul pedale del freno instaurando quella che comunemente viene anche detta “leva idraulica”. È costituito da una capsula pneumatica divisa in due camere e da un pistone di lavoro su cui è fissata una membrana elastica. Una della due camere è a pressione variabile e l’altra a pressione costante. Sul pistone di lavoro sono presenti dei fori che mettono in comunicazione le due camere quando il servofreno è a riposo. La camera a pressione costante è c ollegata, tramite innesto dotato di valvola di non ritorno, ad uno dei collettori di aspirazione del motore, nel caso esso sia ad accensione comandata. =nvece è collegato ad una pompa a depressione nel caso questo sia un motore ad accensione per compressio ne. Questa si trova a pressione inferiore rispetto a quella atmosferica, mentre la camera a pressione variabile è separata dall’ambiente esterno mediante una valvola di controllo della pressione atmosferica. La valvola di controllo è a sua volta dotata di una valvola di comando e di un pistoncino, tenuti in contatto da una molla. Quando il motore è acceso, e il servofreno è a riposo, le due camere risultano essere in depressione ed in comunicazione fra loro. =l diaframma, che è l’elemento di separazione, ri sulta non deformato e sulle facce del pistone di lavoro agisce la stessa pressione. Quando si agisce sul pedale del freno, un sistema di leveraggi fa spostare l’asta di comando verso sinistra determinando prima la chiusura della valvola e poi l’entrata del l’aria esterna nel corpo di destra attraverso la valvola dell’aria stessa. Lo stantuffo è così soggetto ad una differenza di pressione che incrementa la forza di spostamento verso sinistra e spinge lo stantuffo della Pompa Tandem inviando liquido in pressi one ai due circuiti, cioè alle ruote. Se si mantiene costante l’azione sul pedale del freno, la reazione dello stantuffo idraulico determina lo schiacciamento della valvola a disco elastico. Conseguentemente la chiusura della valvola dell’aria proveniente dall’esterno. =n questo modo lo stantuffo si stabilizza in una posizione intermedia. Risultano =l ripartitore di frenata o ripartitore elettronico di frenata (in inglese detto anche EBD Electronic Brakeforce Distribution) è un dispositivo presente nelle automobili che ha lo scopo di rendere la frenata più sicura. Funzionamento Durante la frenata il carico sulle ruote dell'autovettura spesso non è eguale, specie se la decelerazione è elevata; questo può provoc are un possibile bloccaggio delle ruote posteriori che essendo più “scariche” hanno una minore aderenza con l'asfalto. Se tale fenomeno dovesse dunque verificarsi porterebbe a una completa mancanza di direzionalità della vettura con conseguente testa -coda. =l ripartitore di frenata evita questo inconveniente, specie in curva, alleggerendo la forza frenante su una o entrambe le ruote posteriori evitandone il bloccaggio. Questa funzione è normalmente presente su vetture dotate di ABS essendo elemento di compl etezza di tale dispositivo di sicurezza automobilistica. Prima della diffusione del sistema elettronico, esisteva anche una versione meccanica del ripartitore di frenata, costituito da un rubinetto, che parzializza i condotti idraulici e determina la resis tenza del circuito . Tale rubinetto veniva gestito in modo automatico dall'altezza del ponte posteriore, in quanto all'estensione del ponte significa una minore pressione delle ruote a terra e di conseguenza veniva ridotta la sezione di passaggio per il flu ido diretto alle ruote posteriori. così chiusi sia il collegamento con il condotto in depressione sia il foro di passaggio dell’aria a pressione atmosferica . =nfine, quando cessa l’azione sul peda le, lo stantuffo si sposta verso destra sotto l’azione della molla. Determinando prima la chiusura della valvola dell’aria esterna e poi l’apertura del condotto in depressione. ABS =l sistema antibloccaggio , meglio noto con l'acronimo ABS (anti -lock brakin g system), è un'unità di controllo elettronico o sistema integrato di sicurezza che evita il bloccaggio delle ruote dei veicoli garantendone la guidabilità durante le frenate. È integrato con i sistemi di frenata assistita. Funzionamento Su ogni ruota de l veicolo è posto un Encoder (trasduttore di posizione angolare), formato da un trasduttore e da una ruota fonica, che è costituita da una ruota dentata simile ad un ingranaggio che gira con la ruota del veicolo ed un sensore di prossimità induttivo fisso che rileva il passaggio dei denti di suddetta ruota. La centralina elettronica, contando il numero di denti che passano in una data unità di tempo, calcola la velocità di rotazione della ruota e se rileva che una o più ruote sono bloccate in fase di frenat a comanda la pompa idraulica in modo da diminuire la forza di frenata, in pratica esegue la stessa azione che compirebbe il guidatore rilasciando il pedale del freno. Da notare che l'ABS è un sistema unidirezionale, esso infatti esegue solo un'azione di ri lascio dei freni mentre la forza di chiusura di essi deve essere fornita dal guidatore tramite il pedale del freno. =n una frenata di emergenza il guidatore deve premere il pedale il più forte possibile senza preoccuparsi di bloccare le ruote, visto che è la centralina a diminuire tale forza fino al limite di tenuta del veicolo, inoltre è consigliabile che il conducente prema la frizione per ottimizzare la ripartizione della frenata ed evitare che il freno del motore sulle ruote motrici influenzi l'interv ento della centralina dell'ABS e degli altri sistemi di controllo. =n più, se l'automobile rallenta eccessivamente a frizione non premuta, il motore potrebbe spegnersi. Oggi, come già detto, tale sistema si è evoluto con alcune migliorie, dove si è passati dalle 3 correzioni di frenata al secondo dei primi sistemi alle 15 degli attuali, inoltre i più recenti sistemi sono stati resi bidirezionali riuscendo così a serrare un freno oltre che rilasciarlo, ciò ha permesso un miglioramento delle funzionalità e l' integrazione con altri sistemi di sicurezza come, ad esempio, la frenata di emergenza assistita. Tale funzione dell'ABS permette di aumentare automaticamente la forza di frenata, diminuendo così lo spazio di arresto del veicolo, nel caso in cui il pedale s ia premuto con una velocità e una forza tale da far presagire una situazione di pericolo. Retarder Nei veicoli industriali e a maggior ragione sui mezzi per il trasporto pesante per decelerare il mezzo non ci si può affidare al semplice impianto frenante ad aria installato a bordo. Questo principalmente per due motivi: primo l’elevato costo per la sosti tuzione di pastiglie e dischi di tali dimensioni e secondo, soprattutto nella marcia in discesa o a pieno carico, l’impianto frenante principale non è adatto a un funzionamento continuo e prolungato. Tempi di utilizzo troppo lunghi o un continuo utilizzo n on solo generano un eccessivo consumo delle parti soggette a strisciamento ma posso portare a un sovraccarico termico degli stessi freni con conseguente diminuzione dell’effetto frenante, più comunemente conosciuto come fenomeno del fading. Per ovviare a q uesto possibile problema, in particolar modo sui mezzi per il trasporto pesante, vengono installati dei sistemi di frenatura ausiliaria cioè dei sistemi indipendenti dal classico sistema frenante che agisce direttamente sulle ruote, resistenti alla solleci tazione continua in discesa o sotto forte carico e adatti al funzionamento prolungato a prova di usura non soggetto a surriscaldamento. Per capire il funzionamento del retarder di un camion, parliamo prima delle sue componenti: -lo statore, un insieme di parti del motore, che è fisso alla scatola del retarder -il rotore, si trova direttamente legato all’albero di trasmissione, una sorta di turbina che ubicata all’interno dello statore nel quale gira -il moltiplicatore, un sistema di ingranaggi costituit o da un ingranaggio motore di diametro grande -lo scambiatore di calore, un radiatore che utilizza il liquido di raffreddamento per non far surriscaldare l’olio prima di rientrare nel retarder (l’acqua proviene dal radiatore dell’autocarro) -il circuito per l’olio del cambio, perché il retarder non ha uno suo specifico serbatoio La camera tra statore e rotore si riempie di olio, grazie ad una pompa che immette il fluido nella scatola. =n questo modo, il liquido, grazie alla sua viscosità, crea resistenza al movimento del rotore, che ne assorbe la potenza. L’attrito dell’olio sulle palette dello statore fa quindi in modo che il rotore rallenti, rallentando a sua volta l’albero di trasmissione e quindi anche le ruote del camion. Di questi sistemi di frenat ura prolungata, detti rallentatori, ne esistono di due tipologie in base alla posizione nella quale vengono installati: i rallentatori primari, che possono essere montati fra motore e cambio, e i rallentatori secondari, che possono essere montati fra cambi o e assi di trasmissione. = rallentatori primari presentano lo svantaggio dell’inevitabile interruzione della trasmissione di forza e quindi dell’effetto frenante nel processo di cambio con cambi manuali ma, essendo realizzati in associazione con cambi ad innesto sotto carico, hanno, rispetto ai rallentatori secondari, un notevole vantaggio in caso di tratti in ripida pendenza a bassa velocità. = rallentatori secondari, invece, presentano particolari vantaggi nell’impiego in veicoli industriali per trasport o interurbano in relazione alle frenature di adattamento alle alte velocità e ai percorsi in salita. Considerando, invece, la modalità con la quale intervengono e rallentano il mezzo pesante possiamo suddividere i rallentatori in: idrodinamici o idraulici ed elettrodinamici o elettromagnetici. Gli idrodinamici o idraulici posso ulteriormente essere suddivisi tra quelli che, come fluido operativo, utilizzano l’olio del cambio e quelli che invece utilizzano l’acqua del sistema di raffreddamento, denominati Aquatarder. Idrodinamici o idraulici = rallentatori idrodinamici o idraulici sono composti da uno statore, un rotore, un comando idraulico con relativa pompa, un moltiplicatore, un circuito per l’olio del cambio e una centralina di gestione. =l conducente stesso aziona il retarder e ne determina la potenza frenante tramite una leva manuale posta sul volante o tramite il pedale del freno. A quest o punto la centralina elettronica determina il giusto quantitativo e la giusta pressione di aria da inviare nel retarder per spingere un preciso quantitativo di olio nella zona di lavoro del rallentatore tra rotore e statore. L’olio entra nella camera del retarder, il rotore spinge l’olio e lo mette in circolo, l’olio entra nei vani delle palette dello statore e viene rinviato al rotore generando una coppia opposta (frenante) al movimento del rotore. Questa coppia frenante viene poi trasmessa all’uscita de l cambio tramite il demoltiplicatore così da rallentare il mezzo pesante. Durante questo processo si ha naturalmente una trasformazione di energia cioè il rotore trasforma l’energia meccanica dell’albero motore in energia cinetica di un liquido. L’energia cinetica frenante si trasforma a sua volta in energia termica (calore) nello statore che deve per questo essere gestita dal sistema di raffreddamento tramite lo scambiatore integrato olio/acqua. Elettrodinamici o elettromagnetici = rallentatori elettrodi namici o elettromagnetici sono, invece, composti da uno statore fisso, a cui sono fissate le bobine dell’eccitatore, e da una coppia di rotori, solidali con l’albero di trasmissione, che li fa entrare in rotazione. Lo statore e i rotori sono montati coassi almente ,” faccia a faccia”: uno spazio vuoto, chiamato traferro, separa i rotori dallo statore, evitando così qualsiasi attrito. Per eseguire la frenatura le bobine dell’eccitatore ricevono corrente e quindi producono un campo magnetico che induce nei roto ri correnti parassite. Tali correnti portano ad un momento frenante la cui grandezza dipende dall’eccitazione delle bobine dello statore e dal traferro tra rotore e statore. Lo statore svolge quindi il ruolo di induttore ed è costituito da una serie pari d i elettromagneti che, quando attraversati da una corrente elettrica continua, generano i campi magnetici necessari per la produzione di correnti parassite nella massa dei rotori. = rotori svolgono il ruolo di indotto. Costruiti cioè in un materiale condutt ore appositamente studiato, i rotori vengono percorsi dalle correnti parassite solamente quando sono attraversati dai campi magnetici generati dallo statore e vengono fatti entrare in rotazione dall’albero di trasmissione. Per definizione, le correnti pa rassite hanno origine da una massa metallica conduttrice, quando questa è posta all’interno di un campo magnetico va