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Biomedical Engineering - Bioingegneria Chimica

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Bioingegneria 13/9 C’è una stretta relazione lineare tra FABBRICAZIONE, STRUTTURA, PROPRIETA’ E PRESTAZIONI di un materiale. Si chiama PARADIGMA DEI MATERIALI. Infatti in base al processo di fabbricazione otterremo un materiale con struttura differente e quindi proprietà differenti (opaco, lucido, ecc..) a seconda della giusta applicazione e prestazione che richiediamo. CLASSIFICAZIONE MATERIALI Abbiamo i ceramici, metalli, compositi (costituiti da 2 o più classi di materiali che permettono di avere caratteristiche miste o intermedie), e i polimeri. STRUTTURA DEL MATERIALE Si intende l’insieme di tutte le componenti che formano il materiale stesso. L’esempio della protesi d’anca che è costituita da vari componenti. Questa è la macrostruttura, ma si può partire dalla atomica o sub- atomica, ossia quali atomi compongono il materiale e quali legami li collegano, la micro-struttura ci dice come gli atomi presenti si legano a formare molecole o cristalli, ossia la struttura ordinata che si ripete nello spazio, infine a livello macroscopico come questa microstruttura genera un solido. CHIMICA DI BASE Non dobbiamo considerare un foglio di carta come un materiale, ma considerare che le sue caratteristiche derivano dagli atomi che lo compongono. Gli Elettroni stabiliscono le interazioni tra atomi, infatti sapendo quanti e come stanno intorno al nucleo possiamo prevedere come si legheranno gli atomi fra loro. È facile distinguere un materiale di ferro da uno di alluminio, perché composti da atomi diversi, ma diamante e grafite sono composti dallo stesso atomo, quindi la distinzione non dipende solo dalla struttura atomica ma anche quella sub-atomica (legami) L’atomo può essere descritto sul modello di bohr o su quello più moderno ossia ondulatorio, che considera la probabilità dell’elettrone di trovarsi in una certa posizione, definendo la NUBE ELETTRONICA. La 1CONFIGURAZIONE ELETTRONICA di un atomo è la sua struttura, gli elettroni di valenza sono nel guscio esterno e stabiliscono la stabilità dell’atomo stesso. La colonna di destra della tabella periodica è quella degli elementi inerti, stabili con livelli di valenza completi, invece ad esempio l’idrogeno ha 1 elettrone in più. Quindi alcuni atomi per trovare la stabilità devono cedere o assumere elettroni nel guscio esterno. Questa caratteristica sta alla base della formazione dei legami interatomici. ELETTRONEGATIVITA’ è la propensione ad accettare e- formando ioni carichi negativamente, cresce sinistra a destra nella tavola periodica. La tavola è composta in maggioranza da non metalli che sono i più elettropositivi, ossia tendono a diventare cationi cedendo e- ad elementi accettori (elettronegativi). L’atomo ha la tendenza naturale ad avere la situazione energetica più stabile e quindi cerca di essere stabile come gli atomi inerti. I legami possono essere PRIMARI, ossia quelli più forti, o SECONDARI, legami più deboli che si creano tra molecole o gruppi di atomi. I primari coinvolgono gli elettroni di valenza degli atomi e portano alla stabilità, i secondi invece danno una forma alle strutture molecolari. LEGAME IONICO Consiste nel trasferimento fisico di un e- di valenza che viene ceduto da un atomo ed accettato da un altro (da elettropositivo ad elettronegativo). Esempio: sodio cede e- al cloro e si creano un catione ed un anione e si crea il legame ionico che è un interazione COULOMBIANA, ossia la differenza di carica acquisita fa si che l’uno attragga l’altro: quindi il legame ionico si genera in virtù di una differenza di carica, tra un atomo molto elettronegativo ed uno molto elettropositivo, tendenzialmente tra un metallo ed un non metallo. Inoltre la forza del legame dipende dalla distanza tra i due elementi opposti (caratteristica delle interazioni coulombiane). Possono essere ceduti anche 2 o più atomi. Inoltre è un tipo di legame non direzionale, infatti in una struttura cristallina come quella del sale da cucina, ogni atomo di Na sente l’attrazione dei 4 Cl attorno e viceversa, e non solo con uno ione. Quindi da un lato è vero che c’è uno scambio che avviene solo tra 2 atomi, ma poi ogni atomo sente l’influenza di altri ioni carichi. LEGAME COVALENTE In questo caso tutti gli elementi coinvolti nel legame condividono 1 o più elettroni, ed è in questo caso direzionale perché coinvolge solo gli atomi che condividono questi elettroni, si genera infatti per una condivisione e non per una cessione, quindi l’elettrone deve trovarsi nell’intorno del legame tra i 2 atomi. Si genera quindi tra atomi che per trovare stabilità accettano elettroni. È tipico dei polimeri. Può essere COVALENTE PURO, ossia tra atomi con uguale elettronegatività (atomi uguali ad es. O-O) oppure COVALENTE POLARE, perché 2 elementi con elettronegatività diversa attraggono l’elettrone con diversa intensità. Quello più elettronegativo lo attrae di più e si genera un dipolo. Per capire di fronte a quale legame ci troviamo c’è questa regola: sotto 0,4 di differenza di elettronegatività è un legame covalente puro, sotto 2.0 è un legame covalente polare, sopra il 2.0 è un legame ionico. Nel covalente polare si creano 2 cariche parziali, in cui una estremità sarà più positiva e l’altra meno LEGAME METALLICO Avviene tra atomi metallici, ovvero atomi con bassa elettronegatività, tendono infatti a rilasciare elettroni per raggiungere la stabilità. In virtù di questo gli elettroni non vengono trasferiti tra atomi in un metallo, ma sono in condivisione in una nube elettronica in cui sono liberi di muoversi senza occupare posizioni fisse. Il mare di elettroni va a schermare la carica positiva dei centri ionici (nuclei positivi). Infatti questi nuclei riescono a stare vicini senza respingersi perché la carica è schermata da queste cariche negative. Per questo si dice che gli elettroni sono il collante, i centri ionici formano un legame metallico molto forte fra loro. Si può così creare un network molto esteso di centri ionici. In base ai legami presenti in un materiale avremo caratteristiche macroscopiche molto diverse. I materiali ceramici sono costituiti da legami covalenti o ionici, per rompere questi legami ho bisogno di fornire molta energia e infatti sono molto resistenti. I polimeri sono tenuti insieme mediante legami secondari e sono molto più fragili infatti. LEGAMI SECONDARI: nascono fra gruppi di atomi o molecole già legati tra loro con legami primari. VAN DER VALS legami più deboli, basta meno energia per rompere il legame. Si instaurano tra dipoli, ovvero molecole o gruppi di atomi con cariche parziali indotte o permanenti. Si creano quando le molecole sono a distanza ravvicinata. Ad esempio in un polimero molecole con cariche opposte interagiscono tra loro in questo modo. LEGAME A IDROGENO, si instaura nel momento in cui la regione polarizzata di una molecola presenta un gruppo idrogeno. L’idrogeno interagisce con l’estremità molto elettronegativa di un’altra molecola. Sono frequenti nell’acqua. È un legame molto debole che si scinde a 100° e si passa allo stato gassoso. Per rompere il legame covalente C-O avremmo bisogno di molta più energia. Classifichiamo i materiali in base ai legami che uniscono gli atomi. Classificazione dei materiali METALLI Sono costituiti da uno o più elementi metallici legati insieme tramite legame metallico. La presenza del mare di elettroni ci dà un legame non direzionale e crea ottimi materiali CONDUTTORI, propriò perché gli e- sono liberi di muoversi. A differenza dei ceramici che sono isolanti, costituiti infatti da legami ionici o covalenti. 15/09 PROPRIETA’ MATERIALI È importante la definizione dei requisiti di progetto per la selezione di un materiale, che deve soddisfare ai fini della nostra applicazione. Le prorietà di cui parliamo sono quelle MECCANICHE (resistenza del materiale), BIOCOMPATIBILITA’ (perché un elemento inserito nel corpo può creare una risposta immunitaria), ed altre. La microstruttura influenza fortemente le proprietà meccaniche dei materiali. PROPRIETA’ = risposta ad uno stimolo (ingegnericamente parlando). Ci sono PROPRIETA’ FISICHE come la densità : un requisito tipico di progetto nella biomedica è la leggerezza dell’oggetto o della protesi o utensile, e dipendono dunque dal peso atomico deglli elementi che lo compongono. PROPRIETA’ MECCANICHE che ci consentono di attribuire una qualità in risposta ad un carico, ci chiediamo quale RIGIDITA’ (modulo elastico), e quale RESISTENZA (sforzi di snervamento e rottura), sono indluenzate molto dalla microstruttura. Ci sono poi altri tipi di PROPRIETA’ FUNZIONALI, determinate dall’applicazione stessa, come la trasparenza per le lenti, proprietà ottiche, chimiche ecc. PROPRIETA’ MECCANICHE Sono la risposta di un materiale ad uno stimolo meccanico, partiamo dal presupposto che durante le prove meccaniche fatte per dare un valore a queste proprietà c’è uno sforzo che provoca una deformazione che non sono delle proprietà ma dei descrittori, che ci consentono poi di definire le proprietà. Con prove meccaniche possiamo conoscere queste proprietà: RIGIDEZZA, RESISTENZA, DUTTILITA’, TENACITA’, RESILIENZA. Come faccio a rendere le mie misure valide per tutti? Seguo procedure standardizzate, seguendo una specifica normativa che mi dice le caratteristiche precise del provino e del macchinario che lo sottopone ad esempio a trazione. Un materiale in commercio deve seguire la NORMATIVA CE, ossia le sue proprietà sono state misurate secondo questi metodi standard. Dopo aver effettuato la prova possiamo graficare i risultati ottenuti. L’altro descrittore di queste prove è la DEFORMAZIONE. co Con trazione ho allungamento del materiale, registro una deformazione data dal rapporto tra l’allungamento e la lunghezza iniziale del provino. Possiamo avere un carico monoassiale (trazione, compressione) o uno sforzo di taglio laterale. Un materiale può andare incontro a deformazione elastica, ossia ritorna alla forma iniziale al cessare dello stimolo, oppure plastica se presenta una parziale deformazione permanente. DEFORMAZIONE ELASTICA Il modulo E di young (modulo elastico) esiste solo in regime lineare) ed in questo caso gli sforzi sono proporzionali alle deformazioni. E = RIGIDEZZA, più è rigido più aumenta verso l’alto la pendenza della curva, quindi si deforma meno in corrispondenza di pari sforzo. Polimeri hanno rigidezza inferiore ai metalli ad esempio. Quindi E può essere vista come la capacità di resistere ad una deformazione elastica lineare. Possiamo classificare materiali in base alla rigidezza, metalli e ceramici hanno E alto (confrontabile tra loro), polimeri basso. Guardando la microstruttura di un materiale possiamo notare già a priori che maggiore sarà la solidità della struttura primaria, più rigido sarà il materiale. In realtà la maggiorparte dei materiali ha un andamento ELASTICO NON-LINEARE, ossia non abbiamo una retta ma una curva, nel caso di metalli e ceramici possiamo approssimare ad una retta, ma in polimeri e tessuti biologici la curva si accentua. Inoltre l’andamento PUO’ DIPENDERE DAL TEMPO, ossia la deformazione non è istantanea, nei materiali viscosi (comportamento VISCOELASTICO O ANELASTICO) come alcuni polimeri. Durante una prova di trazione il materiale si deforma sia nella direzione di applicazione del carico, ma anche nella direzione trasversale, si stringe il centro del provino (viceversa nella compressione). Le 2 deformazioni sono legate dal COEFFICIENTE DI POISSON. Il segno meno deriva dal fatto che la trazione è considerata positiva ma porta ad accorciamento in direzione trasversale. DEFORMAZIONE PLASTICA In certi casi al superare di uno sforzo detto LIMITE ELASTICO, il materiale continua a deformarsi in modo non lineare e se aumenta ulteriormente lo sforzo si genera una deformazione permanente che non può essere recuperata. Questa è la deformazione PLASTICA. Consideriamo poi il LIMITE DI SNERVAMENTO, ossia la soglia oltre la quale la deformazione è permanente (plastica). Dal limite elastico la deformazione non è più lineare, da quello di snervamento è proprio plastica, ma in realtà questi 2 punti sono estremamente vicini solitamente e c’è un piccolo transitorio enfatizzato nell’immagine. Dopo il limite di snervamento, cessata la stimolazione torna indietro in modo parallelo alla sua caratteristica elastica lineare. Aumentando ulteriormente la forza, arrivo ad uno SFORZO MASSIMO, superato quello il materiale si deforma diminuendo lo sforzo fino alla rottura Distinguiamo a questo punto tra: MATERIALI FRAGILI MATERIALI DUTTILI ossia quanto il materiale è in grado di deformarsi plasticamente prima di andare a rottura, un materiale fragile ha una fase plastica inesistente o breve, uno duttile ha una vasta zona plastica. Quando un materiale è fragile lo sforzo massimo è anche quello di rottura, per un materiale duttile lo sforzo massimo è il massimo raggiunto dalla curva. in fase di progettazione però si indica il limite di snervamento perché è sicuramente prima di quello a rottura, e noi non vogliamo arrivare neanche allo snervamento, così siamo sicuri che la nostra protesi non si rompa. Tipicamente un materiale fragile ha una grande rigidezza seguito da sforzo a rottura (esempio il dente), un materiale duttile mi permette invece di avere un range di zona plastica in cui io faccio in tempo a fare manutenzione sul mio dispositivo. Definiamo poi RESILIENZA, ossia la capacità di un materiale di assorbire energia in modo elastico e rilasciarla durante la fase di scarico, e TENACITA’, quindi la capacità di assorbire e rilasciare energia nella sua fase plastica, nell’immagine sopra la curva in rosso rappresenta un materiale tenace, quella blu uno resiliente. Un materiale fragile va in contro a ROTTURA FRAGILE, uno duttile a ROTTURA DUTTILE: Vi è infine la DUREZZA, ossia la capacità di resistere alla deformazione quando applichiamo un carico sulla sua superfice, come quando cerchiamo di fare incisioni su un materiale duro. Un materiale può essere duro ma fragile, come appunto i denti. Queste erano tutte le proprietà meccaniche. Con tutte queste proprietà possiamo graficare tutte le classi di materiali nei diagrammi di ASHBY, molto utili per selezionare i materiali in base a proprietà che rispondono ai requisiti di progetto. 20/09 STRUTTURA DEI SOLIDI CRISTALLINI Ovviamente abbiamo i 3 stati di aggregazione della materia. La differenza sta nel tipo di legami nel materiale stesso. Nello stato solido ci sono legami fortissimi in cui l’unico movimento possibile è quello vibrazionale e avremo strutture cristalline o amorfe. Nel liquido c’è più entropia (caos) e libertà di movimento con legami più deboli, ancora di più nel gassoso. Il passaggio da uno stato all’altro avviene o per variazioni di temperatura o di pressione (nel nostro caso). Esiste anche la fase GEL, ossia liquido inglobato in una fase solida STATO SOLIDO Gli atomi in questo stato hanno legami fortissimi e si uniscono in STRUTTURE ATOMICHE: CRISTALLINE, ovvero gli atomi si distribuiscono in maniera ordinata e ripetitiva. AMORFE, simili ai liquidi, atomi distribuiti in modo disordinato e casuale SEMICRISTALLINI, hanno struttura cristallina e amorfa insieme. Nella struttura cristallina si ha un pattern di atomi a breve raggio che viene ripetuto nello spazio in modo costante e regolare quindi a lungo raggio. Nella struttura amorfa si ha un ordine a breve raggio ripetitivo, ma non a lungo raggio. Ossia il modo di legarsi nello spazio di questi atomi (triangolini nella slide) è disordinata. La struttura cristallina è tipica di metalli e molti ceramici, quella amorfa è dei vetri (annch’essi ceramici) o nei polimeri. STRUTTURA CRISTALLINA Possiamo identificarne la CELLA UNITARIA, ossia quel pattern che si ripete nello spazio tridimensionale a formare un RETICOLO, ossia una ripetizione nelle 3 direzioni dello spazio di questa cella unitaria. Ne possiamo identificare i vertici e atomi interni. Le strutture cristalline possibili sono tante, le possiamo raggruppare nei 14 solidi di BRAVAIS Il SISTEMA CRISTALLINO si distingue dalla struttura cristallina, perché il sistema è solo la geometria assunta, ad esempio cubica, tetragonale, poi successivamente c’è la struttura che ci dice come gli atomi si dispongono nella cella. Distinguiamo SOLIDI MONOCRISTALLINI, quando il materiale è costituito da un unico cristallo, da solidi POLICRISTALLINI in cui ci sono più cristalli con diversa orientazione, ciascuno prende il nome di GRANO. Nella formazione si passa da uno stato liquido che si raffredda e si formano dei NUCLEI che sono l’origine dei cristalli solidi, man mano i vari cristalli crescono con diverse orientazioni e si toccano incastrandosi fra loro. L’interfaccia tra un grano e l’altro è il BORDO DI GRANO, molto importante per le proprietà meccanicche. Quindi in entrambi i casi c’è la ripetizione ordinata delle celle, ma su più cristalli nel caso policristallino. La distinzione comprende anche le proprietà meccaniche: i materiali monocristallini sono ANISOTROPI, quelli policristallini sono ISOTROPI, perché avendo diversi orientamenti le proprietà meccaniche acquisiscono un andamento medio costante nelle 3 direzioni, grazie ai grani. Ci sono materiali molto policristallini come il tungsteno puro, che è praticamente identico nelle 3 dir. A differenza del ferro che è poco policristallino ed è anisotropo a livello di proprietà meccaniche. Le celle unitarie hanno dimensioni degli Armstrong, i grani hanno dimensioni dai nm ai micron. Vi è poi il POLIMORFISMO ossia la capacità di un materiale di esistere in più di una struttura cristallina, ad esempio il ferro, in base alla temperatura può passare da cubico a facce centrate a cubico a corpo centrato. Invece ALLOTROPIA non riguarda il materiale ma il singolo elemento, ad esempio grafite e diamante hanno 2 strutture cristalline diverse ma formate sempre e solo da atomi di C. nel caso della grafite ci sono celle esagonali che si ripetono e creano lamine parallele. Quindi polimorfismo e allotropia sono simili, ma il primo è dei solidi, il secondo riguarda materiali formati da un singolo elemento. Classificazione dei materiali METALLI Sono costituiti da uno o più elementi metallici legati insieme tramite legame metallico. La presenza del mare di elettroni ci dà un legame non direzionale e crea ottimi materiali CONDUTTORI, propriò perché gli e- sono liberi di muoversi. A differenza dei ceramici che sono isolanti, costituiti infatti da legami ionici o covalenti. atomi di carica uguale riescono a stare vicini senza repulsione, grazie agli elettroni delocalizzati che effettuano una schermatura, in posizioni prestabilite a costituire un reticolo cristallino. Il legame metallico è forte, infatti mi aspetto elevata rigidezza e resistenza ai carichi (deformazione plastica/elastica e frattura). Solitamente i materiali metallici HANNO COMPORTAMENTO PLASTICO CON ELEVATA DUTTILITA’. Questo rende i metalli facilmente lavorabili perché posso deformarlo molto prima che si rompa, tipo i gioielli. Le strutture tipiche dei metalli sono CUBICO, a FACCIA CENTRATO o CORPO CENTRATO , ed ESAGONALE COMPATTO. Sono le uniche 3 strutture possibili per i metalli, di cui la più tipica è la CCC. Nel modello a sfere ridotte ogni sferina rappresenta il centro di un atomo, in quello a sfere rigide vediamo quando spazio ogni atomo occupa nella cella unitaria, infine il reticolo mostra come si ripetono le celle nello spazio. STRUTTURA CCC Nel CCC gli atomi stanno nei vertici e uno al centro Dobbiamo considerare alcuni parametri come il numero di coordinazione, che indica con quanti atomi ogni atomo è in contatto. Per il CCC vale 8. Essendo un reticolo cristallino posso vedere un atomo in qualunque punto della cella unitaria, compreso centro e tutti i vertici, quindi ogni atomo sarà uguale per numero di coordinazione. Un altro parametro è la LUNGHEZZA DELLO SPIGOLO = a. questa lunghezza serve a calcolare il volume della cella, che dipende dalla densità e il grado di compattazione degli atomi. Gli atomi si toccano tra loro lungo la diagonale del cubo, quindi per ragioni geometriche si ricava a con la relazione in figura, tramite 4R che è proprio la diagonale, 4 volte il raggio del singolo atomo. Infine consideramo il NUMERO DI ATOMI, ossia la quantità di atomo come unità di misura che contiene la singola cellula, si trova con quella relazione e si divide Nf (atomi sulla faccia) per 2 perché la linea immaginaria li dimezza, e dividiamo per 8 Nc (atomi sugli spigoli). Ni sono gli atomi interni alla cella. Infine determiniamo il FATTORE DI COMPATTAZIONE ATOMICA = FCA, che ci dice quanto del volume della cella è occupato da atomi. In questa CCC abbiamo complessivamente la quantità di 2 atomi, quindi al numeratore moltiplico 2*volume del singolo atomo e al denominatore a^3. la ragione per cui i metalli non presentano la struttura cubica semplice (vuota al centro e alle facce) perché non avremmo un FCA sufficiente, serve al minimo questo 0,68. STRUTTURA CFC s Gli atomi sono ancora più impacchettati ma nello stesso spazio con FCA = 0.74 (che è tra l’altro il max possibile). di conseguenza servirà una schermatura maggiore di prima degli elettroni. STRUTTURA ESAGONALE COMPATTA (ES_C) Questo tipo di struttura è identica a quella CFC per parametro di FCA. Per costruire idealmente un materiale possiamo andare a posizionare atomi nei loro punti, oppure li possiamo vedere come piani di atomi vicini (layer) uno appoggiato sull’altro. Questa immagine mostra la differenza tra CFC e ES_C: quindi quello che effettivamente cambia è in che punti, scelto il primo layer, mettiamo il secondo e poi il terzo layer di atomi, nel caso CFC la sequenza è ACBACBACB… nel caso ES_C è ABABAB… sia i punti B che C minimizzano lo spreco di spazio libero, perché sono punti interstiziali su cui si appoggia il successivo layer. nella struttura cubica semplice i layer sono semplicemente appaiati, lasciando molto spazio libero, nella CCC i layer si dispongono in modo da compattare un po’ meglio ma il massimo della compattazione si ha appunto con la CFC. Materiali possono andare incontro a trasformazioni polimorfe, in diverse condizione di temperatura e pressione, passando ad esempio da una struttura CCC a una CFC, vediamo il caso del ferro: Calcoliamo il valore teorico della densità con questa semplice foma. Cambia la densità in questi passaggi polimorfici. Il cambiamento tra uno stato e l’altro è dovuto ad una diffusione di elettroni che si muovono e cambiano lo stato energetico dell’intera struttura, che si organizza. Finora abbiamo considerato la struttura cristallina come qualcosa di perfetto, in realtà ci sono diversi difetti, e possono essere irregolarità del reticolo, oppure: Tra i difetti puntuali identifichiamo VACANZE, ossia un atomo mancante all’interno del reticolo, o ATOMO INTERSTIZIALE, ossia un atomo che va a posizionarsi in una posizione anomala che causa distorsioni del reticolo per problemi di spazio. La distribuzione dei difetti segue un andamento entropico, casuale. Poi ci sono le IMPUREZZE, ossia in un reticolo composto da 1 o più elementi, uno di questi viene sostituito da un atomo di impurezza sostituzionale, che è geometricamente e con valenza simile all’atomo che sostituisce, o di impurezza interstiziale, che è geometricamente piccolo per poter stare in quell’interstizio. I gioielli che abbiamo a casa, ad esempio d’argento, non sono mai argento puro, ma da argento sterling che ha una percentuale di rame, cosa che gli conferisce proprietà di lavorabilità maggiore. L’acciao inossidabile è ferro con impurezze come il nichel, cromo… e questo lo rende appunto inossidabile, con performance migliori. Quindi le impurezze a volte possono conferire proprietà adatte ad alcuni requisiti di progetto. Tra i difetti lineari abbiamo le DISLOCAZIONI, ossia un gruppo di atomi si trovano in posizioni non desiderate andando a creare distorsioni: DISLOCAZIONE A SPIGOLO La distorsione si disperde man mano che si allontana dal piano aggiuntivo. Poi vi è la DISLOCAZIONE A VITE, in cui il materiale viene sottoposto ad uno sforzo di taglio che sposta la simmetria del reticolo così: gli atomi si trovano spostati di una distanza atomica e seguono un percorso “a vite”. In realtà avremo dislocazioni miste, sia a vite che a spigolo. I difetti di superficie sono i BORDI DI GRANO, come abbiamo visto questi si creano con l’ingrandimento dei grani in diverse direzioni nei materiali policristallini. Negli atomi adiacenti ai bordi ci saranno legami irregolari, e questi atomi saranno molto reattivi. Si definisce l’angolo di disallineamento tra 2 grani, ossia l’angolo che sta tra le due direzioni di sviluppo dei grani. PROPRIETA’ MECCANICHE METALLI Sono per la maggior parte dei materiali duttili, oltre lo sforzo di snervamento c’è una deformazione plastica. I materiali con struttura cristallina CFC sono di solito duttili. I CCC sono duttili ad alte temperatura, ma fragili alle basse temperature come il berillio. Per esempio il ferro (CCC), a temperatura ambiente è estremamente duttile, ma abbassando molto la temperatura diventa fragilissimo: Le proprietà di duttilità valgono sia in trazione che compressione. I metalli hanno elevata rigidezza, che si vede dalla zona elastica lineare del grafico sforzo deformazione. La zona elastica è però molto piccola, di solito finisce a deformazione di 0.005. dopodichè inizia la lunga regione plastica. Superato lo sforzo massimo, ad esempio in trazione, lo sforzo diminuirà e si allunga fino a stringere la parte centrale a rottura duttile. La deformazione da un p.v. microscopico è una “stiratura” di atomi vicini, quindi li allontano. Una volta rimosso il carico, nel regime elastico gli atomi tornano nella posizione originale, perché i legami non si sono rotti, e si parla per i metalli di ELASTICITà ENTALPICA, infatti la deformazione aumenta l’energia interna del nostro sistema mantenendo costante l’entropia, il sistema è ordinato anche sotto carico e i movimenti degli atomi sono minimi (aumenta l’entalpia ossia l’energia interna). Quando questa energia supera lo snervamento si ha rottura di legami e deformazione plastica, che a livello microscopico è proprio la creazione di dislocazioni: Applicando uno sforzo di taglio, ciò che in realtà facciamo è spostare le dislocazioni all’interno della struttura, si rompono i legami precedenti e la dislocazione slitta nel verso dello sforzo. C’è una analogia col movimento del bruco, che sposta la sua gobba nel suo moto. Col ripetersi di questo processo, a livello macroscopico con sforzi di taglio si crea proprio un gradino. Il materiale deformandosi plasticamente accumula energia. Si può identificare la linea di scorrimento. la capacità di deformarsi dipende molto dalla capacità di scorrimento delle dislocazioni. i bordi di grani sono infatti dei limiti ai movimenti delle dislocazioni, serve un energia enorme per far si che lo scorrimento della dislocazione passi da un grano all’altro. Se riesco a limitare lo scorrimento delle dislocazioni posso rendere un materiale più resistente. Si può fare minimizzando la dimensione del grano, alligando il materiale con impurezze, o con incrudimento. 23/09 AUMENTARE IL NUMERO DI GRANI, rendendoli più fini. Infatti la maggior presenza di punti di discontinuità, la dislocazione si ferma in presenza di essi e questo evento diventa + probabile. INCRUDIMENTO = lavorare un materiale a temperatura molto più bassa della sua temperatura di fusione in questo modo: Dopo una deformazione iniziale, le dislocazioni hanno effettuato uno scorrimento permanente, che ha generato molte altre dislocazioni, infatti la deformazione plastica genera legami nuovi. Queste si ostacolano tra loro, fanno più fatica a muoversi tutte insieme. La chiave è lavorare a freddo, poiché non riesce la struttura a riorganizzarsi ordinatamente. Quindi il materiale diventa più resistente, come si vede dal grafico a dx aumenta lo sforzo di snervamento, ma si perde in duttilità. Diventa + fragile! Questo va tenuto in conto ALLIGAZIONE, ossia inserire impurezze interstiziali o sostituzionali: La presenza degli atomi + piccoli in presenza di una dislocazione annulla l’effetto di sovraffollamento prodotto in genere dalla dislocazione. Per quelli più grossi ve ne è uno in meno, principio simile. LEGHE METALLICHE Sono sostanze composte da più atomi metallici, questa caratteristica consente spesso di avere caratteristiche di maggiore resistenza rispetto a metalli puri. L’alligazione ci consente di ottenere SOLUZIONI SOLIDE: nel creare una lega definiamo il SOLVENTE, e il SOLUTO, che banalmente sono quello in maggiore\minore quantità. Si ha una soluzione solida quando l’atomo di impurità non causa il cambiamento della struttura cristallina del solvente. Soluzioni solide SOSTITUZIONALI: il soluto sostituisce alcuni atomi del solvente, esempio nichel con rame. Dobbiamo seguire le 4 REGOLE DI HUME-ROTHERY, possiamo ottenere solido sostituzionale se i 2 metalli: oSono simili in dimensioni oL’atomo aggiunto è in grado di formare la stessa struttura cristallina oElettronegativamente sono simili oLa valenza, un metallo ha più tendenza a sciogliere un altro metallo di vslenza + alta piuttosto che più bassa Soluzioni solide INTERSTIZIALI: presentano atomi di soluto che si posizionano negli interstizi del solvente. Poiché quest’atomo va negli interstizi, la sua dimensione deve essere piccola. Inoltre la quantità di atomi che inserisco deve essere limitata, non superiore al 10%, perché comunque l’inserimento di tanti atomi anche piccoli destabilizza la struttura. Se vado oltre queste condizioni non creo una soluzione solida, ma 2 fasi! La struttura cristallina non è più la stessa. Cerchiamo di capire cos’è una variazione di fase: Nell’esempio di zucchero ed acqua, aggiungendo zucchero ad acqua ottengo uno sciroppo. Se aumento troppo lo zucchero, supero il LIMITE DI SOLUBILITA’, e non si scioglie più, ho fase liquida di sciroppo+ fase solida di zucchero. Il limite dipende dalla temperatura, che aumentando fa aumentare la solubilità. Questa stessa operazione si può fare con i solidi, l’esempio tipico è quello della sabbia, perché è si un materiale, ma è composta da tanti granelli separati, in tante fasi diverse. Sono importanti i DIAGRAMMI DI FASE, che possono essere ad un componente, o, come per le leghe, per SISTEMI BINARI, dove le variabili sono T (con pressione costante), e composizione percentuale. SISTEMA BINARIO ISOMORFO I sistemi binari isomorfi sono quelli costituiti da due metalli completamente miscibili l'uno nell'altro sia alla stato liquido che allo stato solido che presentano lo stesso tipo di struttura cristallina. in particolare è una lega CU-NI. Al di sotto della curva di solidus avremo materiali allo stato solido. Al di sopra di quella di liquidus liquido. Nella zona intermedia abbiamo 2 fasi insieme (alpha + L). ci dà informazione sullo stato di fase dei materiali (liquida o solida). La regione bifasica ci dice qual è il momento in cui inizia la cristallizzazione o la fusione. in virtù della totale solubilità, la fase liquida è omogenea, la fase solida è a struttura cristallina CFC. Per identificare la composizione della fase in una regione monofasica è semplice, basta tracciare una linea verticale fino all’asse delle ascisse dal punto di riferimento. Se invece ci troviamo nella zona intermedia bifasica, parte liquida e parte solida non hanno la stessa composizione, e si identificano le 2 con il metodo della linea connodale002E Traccio l’isoterma (linea connodale) che interseca liquidus e solidus, ottengo la % di nichel nella fase prima liquida e poi solida. Poiché siamo in transizione, le 2 fasi sono in quantità diverse tra loro e possiamo anche calcolare la quantità di fase liquida e di fase solida con la regola della leva: Precisazione: questo esempio era una soluzione solida nel senso che in fase esclusivamente solida si ha completa miscibilità. Ottenuta nelle slide in modo semplice. L’alligazione di nichel e rame produce effetti sulle proprietà meccaniche: aumenta la resistenza, con grande alligazione, e diminuisce la deformabilità, questo perché come abbiamo detto, l’alligazione crea il meccanismo di neutralizzazione delle dislocazioni! SISTEMA BINARIO EUTETTICO Non si ha solubilità completa Avremo diagrammi di fase di questo tipo: Una volta superata la soglia di solubilità, il soluto non è più in grado di combinarsi con il solvente a formare la stessa struttura cristallina, c’è saturazione e si creano 2 fasi solide diverse! rispetto al diagramma precedente le regioni monofasiche sono complesse. Se dalla zona alpha aumento l’argento, si crea un’altra fase ossia beta e coesistono in una regione solida bifasica alpha + beta. Stessa cosa da beta verso sx. Se ho come atomo ospitante il rame (fase alpha), vi è una solubilità massima diversa, rispetto alla fase beta con ospitante l’argento, e questo è dovuto alle differenze tra i 2 atomi. Il limite di solubilità dipende dalla temperatura, infatti le curve che separano alpha e beta dal resto cambiano al salire di essa. Poi c’è ovviamente la regione liquida, con totale solubilità. Le regole del calcolo delle percentuali di concentrazione nella zona bifasica, e della frazione molare delle 2 fasi sono sempre linea connodale e regola della leva. C’è una cosa nuova: il punto eutettico, identificato con E nel grafico, ed è il punto in cui la transizione di stato tra liquido e solido è istantanea, senza intermedi! Un altro esempio è la lega piombo stagno Pb-Sn. Si cerca di sfruttare la caratteristica eutettica, perché è immediato il passaggio di stato ed è molto conveniente da un p.v energetico e non lascia tracce di solido. Il punto eutettico è una caratteristica dei metalli puri, ma anche in leghe come queste esiste. salendo in verticale dalla zona bifasica, a questo livello di concentrazione passo da 2 fasi solide alla sola fase alpha, perché grazie alla temperatura la solubilità aumenta! A livello macroscopico, nonostante siano leghe, vedrò comunque solo uno dei 2 elementi, se è preponderante sull’altro. SOLUZIONI SOLIDE INTERSTIZIALI La situazione si complica ancora di pù, se abbandoniamo le sol. Solide sostituzionale, con le soluzioni solide interstiziali. Il sistema + tipico è il FERRO-CARBONIO, alla base della formazioni di acciai, ghise e ferro commerciale puro. Il carbonio è l’impurezza interstiziale del ferro, con solubilità limitata: Questo diagramma ha la caratteristica di non avere sulle ascisse 100% ferro e carbonio, ma ci fermiamo a 6.7 % di carbonio, se no parliamo di altri materiali, tipo la grafite, che è un ceramico. È un composto che si chiama CEMENTITE, e in base alla percentuale di carbonio abbiamo ghise o acciai. Guarderemo molto di più gli ACCIAI: in base alla temperatura avremo strutture cristalline diverse, e solubilità diversa, a certe temperature posso avere + carbonio ed un'unica fase ossia la fase alpha che è ferrite, con struttura cristallina perché aumenta la sopportabilità delle impurezze, ad altre T invece no e ho 2 fasi con quella concentrazione di carbonio. La fase gamma è AUSTENITE, la cui area è molto + ampia della ferrite perché ha struttura CFC e infatti può contenere molti + atomi interstiziali. Dal grafico vediamo che qui vi è ancora la trasformazione Eutettica, ma c’è anche quella EUTETTOIDE, ossia da solido ad una fase a solido a 2 fasi, nel punto e. 24/09 ACCIAI Come detto, il ferro presenta POLIMORFISMO, in base alla temperatura, con strutture cristalline diverse. Nel punto eutettoide, scendendo di temperatura passiamo da AUSTENITE, fase gamma, alle 2 fasi, poiché crolla la solubilità e non c’è più un'unica soluzione solida. Le trasformazioni di fase che avvengono possono essere tali da apportare modifiche alla microstruttura, e si classificano in 3 tipi: DIFFUSIONE-DIPENDENTI, ossia in funzione della T abbiamo una diffusione degli ioni metallici nello spazio, che possono anche modificare la struttura cristallina. Si dividono poi in TRASFORMAZIONI CHE NON CAMBIANO NE IL NUMERO NE LA COMPOSIZIONE DELLE FASI, solo la struttura cristallima, ma una fase solida rimane solida. E quelle che invece CAMBIANO NUMERO E C. DELLE FASI, come eutettica ed eutettoide. MARTENSITICHE, hanno a che fare con acciai ossia leghe con un quantitativo di carbonio, portano a formazione di materiale metastabile, che non è del tutto stabile ma cambia nel tempo. Sono variazioni che avvengono in tempi indefiniti, ossia nelle prossime 2 settimane rimane praticamente uguale. I materiali martensitici sono tra i + utilizzati (acciai martensitici). PRODUZIONE MARTENSITE – PROPRIETA’ MECCANICHE Riprendiamo la trasformazione eutettoide: dall’austenite si scende di temperatura e si passa direttamente al materiale bifasico chiamato PERLITE, composto da fase ferrite e cementite. Questo avviene per diffusione e avviene quando gli atomi hanno il tempo di spostarsi come vogliono a formare la struttura cristallina. Quando invece non diamo agli atomi il tempo necessario e lo raffreddiamo bruscamente abbiamo la TRASFORMAZIONE MARTENSITICA! Diventa una struttura con cella tetraedrica a corpo centrato TCC, non + cubico. Si crea una soluzione sovrassatura di atomi di carbonio come impurezze interstiziali. Quindi con la tempra rapida otteniamo una sola fase sovrassatura, DA FASE GAMMA A FASE MARTENSITE. Applicando poi un riscaldamento, non torniamo ad ausenite ma alla cosiddetta MARTENSITE RINVENUTA, che è un materiale bifasico. Per quanto riguarda i le proprietà meccaniche, Gli ACCIAI MARTENSITICI sono molto + resistenti e duri dell’austenite, e si perde duttilità rispetto all’austenite. La creazione della martensite ci permette di avere un materiale simile all’austenite, che ha buone proprietà meccaniche e che a temperatura ambiente non esisterebbe. BIOMATERIALI METALLICI Non vengono classificati in base al tipo di materiale ma alla loro applicazione biomedicale. Non tutti i materiali metallici possono essere usati x via della corrosione. Tipicamente vengono usati sotto carico, perché sono materiali duttili e non vanno incontro a rottura fragile, che per una protesi significa catastrofe, e conoscere il limite di snervamento ci dà una certa garanzia di sicurezza. I materiali che si possono utilizzare possono essere puri o leghe metalliche, i + utilizzati sono TITANIO e le sue leghe, ACCIAIO INOX di vari tipi, leghe CROMO-COBALTO, tantalio, MAGNESIO (in grado di rilasciare particelle che sostituiscono parti del nostro corpo), e FERRO. ACCIAI E LEGHE DI ACCIAIO Sono leghe ferro-carbonio, ma il carbonio non va oltre il 4%, e la maggiorparte di queste leghe ha 1% di carbonio. La particolarità degli acciai è di avere altri elementi nella lega, in concentrazioni + o – alte (alto- bassolegati). Possono contenere altri atomi metallici come il Cr e il cobalto, e quelli che contengono CROMO NICHEL E COBALTO SONO ACCIAI INOX. Hanno la capacità di evitare la formazione di ruggine, un effetto degradativo del materiale. È una caratteristica fondamentale in ambiente acquoso come quello biologico. ACCIAI INOSSIDABILI. La proprietà di resistenza alla corrosione è grazie alla presenza degli altri elementi metallici. Proprietà meccaniche: vi è la possibilità di ottenere un acciaio austenitico o martensitico. La differenza sta nel quantitativo di carbonio. Possono essere alto o basso legati, in funzione del quantitativo di cromo o nichel otteniamo acciai inossidabili di tipo martensitico, ferritico o austenitico. Per capirlo consideriamo il ruolo del CROMO: il cromo puro ha una struttura CCC, quindi averlo fortifica la struttura CCC di un’altra lega, ossia di quelle di tipo FERRITICO. La ferrite si ha solo fino allo 0.22% di C. la presenza di elementi come il cromo stabilizza la struttura ferritica. Invece la presenza del NICHEL, ci consente di avere acciai austenitici a temperatura ambiente. Stabilizza quindi la struttura CFC anche a T ambiente. Sono tutti acciai inox. Quindi: 1.Cr  stabilizza CCC ferrite 2.Ni  stabilizza CFC austenite Ma in quali casi usare uno o l’altro? I martensitici sono resistenti alla corrosione e vengono usati per materiale chirurgico, come bisturi, perché non devono sopportare carichi grossi e infatti sono fragili. Al contrario gli acciai austenitici possono essere usati per materiali impiantabili come ad esempio i mezzi di osteosintesi (tiene insieme l’osso aiutando la ricrescita, una specie di placca). Ogni materiale utilizzato è SOGGETTO A NORMATIVE ISO. Che danno indicazioni sulle composizioni richieste, proprietà meccaniche, e tutto il necessario. TITANIO. È il più usato per applicazioni sotto carico, inoltre è il + resistente alla corrosione, è assolutamente INERTE, perché il corpo umano lo tollera benissimo. Inoltre è molto LEGGERO ed ha OTTIME PROPRIETA’ MECCANICHE DI RIGIDEZZA, è DUTTILE e facilmente lavorabile. Anche il titanio incontra trasformazioni polimorfe in base alla T anche il titanio inoltre può essere alligato, si possono aggiungere elementi come alluminio, O, N per stabilizzare la struttura alpha, per portarla a temperature ambienti stabili. Tramite cromo, vanadio, niobbio… posso ottenere strutture beta a temperatura ambiente, in parallelo all’austenite. Sono degli STABILIZZANTI, impurità che conferiscono p.meccaniche, ma la rigidezza non cambia: (del titanio e delle sue leghe). I materiali non puri diventano + rigidi e resistenti a scapito della duttilità. Il titanio e le sue leghe, come la + tipica ALLUMINIO-VANADIO: viene usato tipicamente nelle protesi che sostengono carichi, come protesi dentali e protesi d’anca. può essere non cementata, ossia con un trapano si genera un buco nell’osso e si spinge dentro con forza lo stelo, costituito da titanio Al-Va, Questo xchè ha grande rigidezza e questa caratteristica non permette di causare un rimodellamento patologico dell’osso che sente un carico fisiologico, e questo carico non viene assorbito completamente dalla protesi grazie alla sua rigidezza, l’osso per la sua omeostasi deve sentire questi carichi. Può essere anche cementata. Esistono le LEGHE A MEMORIA DI FORMA, più comunemente chiamate nitinol, che sono Nichel- titanio: hanno memoria nel senso che una volta deformati, tornano alla posizione originale in seguito a trattamento termico. Questo è possibile xchè questa lega è caratterizzata dalla TRASFORMAZIONE POLIMORFICA, con un principio simile ad austenite-martensite: parte da una struttura CCC che viene raffreddata, subisce una trasformazione polimorfica e diventa “martensitica” (da non confondere con la martensite del ferro), cambiando struttura cristallina, poi viene deformata, e se poi viene riscaldata torna alla configurazione iniziale CCC con altra trasformazione polimorfica. Queste vengono usate per stent cardiovascolari, fili di ortodonzia… grazie a queste trasformazioni, in distretti corporei a certe T ritornano alla forma voluta per lo scopo. Infine ci sono le LEGHE CROMO-COBALTO, chiamate “stellite”. Sono delle leghe con elementi principali cromo e cobalto e a volte viene aggiunto Ni e moligteno per aumentare le proprietà meccaniche, con elevata resistenza alla corrosione di nuovo. Sono LEGHE RIGIDE E MOLTO DUTTILI, usate ancora x protesi che sopportano carichi, come nelle protesi del ginocchio, come materiali per componenti femorali o tibiali o per lo stelo di una protesi d’anca. Anche qui ci sono normative, vengono usate per protesi d’anca cementate per via della rigidezza maggiore del titanio: viene quindi usato quando vi è anche cemento (materiale polimerico PMMA che serve a vincolare la protesi all’osso, con rigidezza molto + bassa in modo da portare tantissimo carico sulla protesi), per sopportare la maggiorparte dei carichi. DURABILITA’ DEI MATERIALI METALLICI- 27/09 La durabiltà è quanto tempo il nostro materiale mantiene la struttura o microstrutttura per la quale è stato pensato. Quindi è un aspetto cardine della caratterizzazione del materiale, ma non è semplice quantificarla. Può dipendere dall’ambiente, dall’applicazione, dalla protezione, e ovviamente dal materiale. Il pericolo + grande per i materiali metallici è la corrosione: può avvenire in un ambiente con ossigeno, o con speci riducenti per effetto di reazioni RED-OX. Perde proprietà di coesione CORROSIONE IN PRESENZA DI OSSIGENO avviene quando un elemento perde elettroni\e prima (1) si distaccano e-, poi l’ossigeno li accetta e a quel punto si lega al metallo formando un ossido. Avviene la formazione di una patina (film di ossido) che può funzionare da protezione, in quanto è impenetrabile all’ossigeno che non può + ossidare l’interno del metallo. Solo alcuni metalli formano ossidi isolanti che non fanno passare neanche gli e-. L’ossido protettivo si crea per alluminio, titanio e cromo presenti che si legano all’ossigeno ridottosi, passivando la lega, per creare un ossido isolante, e si crea un film uniforme che impedisce ulteriore ossidazione. Sono i materiali ATTIVO-PASSIVI. Dove la passività è la autoprotezione alla corrosione. Tutto ciò succede a T_ambiente in quanto la reazione di ossidazione è molto lenta. CORROSIONE IN ASSENZA DI OSSIGENO In altri tipi di soluzioni si può avere corrosione senza ossigeno, con specie riducente IDROGENO. Ad esempio se mettiamo zinco a contatto con acqua in un ambiente stagnante, ossia senza ricircolo in cui la specie riducente è l’idrogeno, in ambiente quindi acido. Non vi è ricircolo di ioni ossigeno, la reazione: in questo caso è lo zinco che si ossida e diventa l’anodo, il catodo è l’ossigeno che si riduce. Si genera un POTENZIALE elettrico alla base della corrosione. CORROSIONE IN SOLUZIONI ACQUOSE Abbiamo la reazione con l’ossigeno vista in precedenza (reazione catodica in cui O ottiene gli elettroni ceduti dal metallo), oppure la reazione del ferro con l’ossigeno dell’acqua. L’esempio è quello del ferro: la reazione anodica è sempre l’ossidazione del metallo che perde e- ionizzandosi, poi si hanno le 2 possibili reazioni di riduzione, di cui la seconda genera ioni OH- a cui si lega il ferro formando idrossido di ferro ed infine ruggine. La riggine è insolubile e si deposita sulla superficie del ferro. Anche qui si sviluppa il POTENZIALE DI RIDUZIONE, ovvero quel flusso di e- che passano dall’anodo al catodo che entrano in una specie per ridurla. Questo potenziale dà un’idea della tendenza di questo materiale a corrodersi. L’ossidazione è un processo naturale di tutti i metalli, che avviene sempre, e il potenziale di riduzione ci dice quanto. Per questa proprietà possiamo parlare di CELLE GALVANICHE: inseriamo 2 pezzi di metallo (Fe, Cu) in una soluzione elettrolitica diversa per ciascuno, separate da una membrana. Vedremo che una specie si riduce e l’altra cresce e viene protetta. Infatti dall’ossidazione del ferro, quegli elettroni passano al Cu che ha un potenziale maggiore e si elettrodepositano sul blocco di rame dove si vanno a depositare altri atomi di Cu, che viene ridotto e aumenta il volume del blocco. La direzione in cui il potenziale è positivo indica la direzione di movimento degli e- e quindi sappiamo qual è la specie che si ossiderà e quale si ridurrà. Questa è una vera e propria pila. Non tutti i metalli si ossidano con la stessa facilità però, infatti esistono specie inerti! Queste possono essere usate per calcolare il POTENZIALE STANDARD DI RIDUZIONE di ciascun metallo in modo da prevedere se si ossiderà o se si ridurrà. Usiamo infatti la SEMICELLA STANDARD costituita da platino Pt in soluzione ricca di ioni H+ che è molto inerte e misuriamo il potenziale del metallo collegato. Quando poi creiamo una cella galvanica con 2 metalli, guardiamo questa tabella e sapremo che quello a potenziale di riduzione minore si ossiderà: Quindi se poniamo un metallo in un ambiente da solo sappiamo che sarà lui a corrodersi, quando lo mettiamo con un altro metallo sappiamo che uno dei 2 “proteggerà l’altro”. Questo principio può essere usato per proteggere un metallo che ci interessa in applicazioni. CONCLUSIONI SULLA CORROSIONE l’ambiente in cui un metallo è contenuto può influenzare la velocità della reazione di ossidazione: in assenza di specie ioniche corrosive non ci sono reazioni di ossidazione e viceversa. All’interno del corpo umano non abbiamo acqua deionizzata ma abbiamo appunto tante speci ioniche in grado di corrodere e portare al fallimento del metallo, che si simula con una soluzione acquosa salina. Ogni metallo in una determinata soluzione acquosa ha più o meno tendenza ad ossidarsi, quantificata dal potenziale di riduzione, ma HA SEMPRE BISOGNO DI UNA SPECIE CHE SI RIDUCE, che sia un altro metallo che viene protetto, o speci ioniche in grado di ridursi. CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA CORROSIONE CORROSIONE UNIFORME Si verifica su tutta la superficie esposta del metallo in modo uniforme e lascia il + delle volte il prodotto della corrosione, ossia la ruggine. I materiali che resistono a questo tipo di corrosione sono ACCIAI INOX, TITANIO E LEGHE, metalli con CROMO ALLUMINIO O NICHEL. È proprio il meccanismo di passivazione che crea il layer protettivo isolante. CORROSIONE INTERSTIZIALE Si ha in corrispondenza di mezzi di osteosintesi, ossia quando 2 pezzi metallici sono posti in contatto o quando si creano interstizi tra 2 metalli in contatto. Nell’interstizio vi è un liquido stagnante: si parte da una situazione ricca di ossigeno che genera ossidazione del metallo, si formano depositi insolubili di ruggine che se ne vanno lasciando un interstizio interno dove fa fatica l’acqua a scorrere e stagna. Non vi è ossigeno in questo caso, ci sono però specie altamente corrosive che scatenano maggiormente l’ossidazione del metallo. Ad esempio ioni Cl, che è un ELEMENTO PETTIZZANTE, ossia in grado di destabilizzare l’ossido che si forma sulla superficie del metallo che si scopre del suo strato protettivo, proseguendo la corrosione: A lungo andare questo rovina le protesi e può essere molto rischioso, in prossimità degli interstizi vi sono ioni H, Cl, H2O. chi resiste a questo? I biomateriali metallici in cui vi è vanadio o moligteno che creano ossidi molto + resistenti all’azione del cloro. Le leghe di cromo cobalto compongono la stellite. CORROSIONE PER SFREGAMENTO Si genera quando 2 superfici metalliche sono in contatto e con movimenti reciproci soggetti ad attrito provocano USURA MECCANICA, in ambiente corrosivo. Come una grattugia viene via lo strato di ossido ed avanza la corrosione. Per evitarla si possono rivestire i metalli con materiali resistenti all’usura. CORROSIONE PER ATTACCO GALVANICO Avviene quando 2 metalli sono posti vicini nello stesso ambiente. Può avvenire quando ad esempio una protesi d’anca è composta da 2 metalli diversi. Quindi è semplice evitarlo perché basta appunto usare un unico metallo ed è infatti oggi molto rara. Nella protesi di ginocchio si ha una componente tibiale ed una femorale separate da un materiale polimerico che evita sia l’attacco galvanico e quello per sfregamento. Quando un materiale non è resistente ad una o più di queste 3 corrosioni possiamo coprire il materiale con un coating per proteggerlo dall’ambiente circostante. Oppure si può rivestirlo con un metallo in grado di formare un ossido forte protettivo (es. zincatura), ma non viene usato in ambito biomedicale perché comunque si rilasciano ioni metallo che può essere dannoso, in certi casi (ioni magnesio) invece il corpo può tollerare questi residui, in altri (nichel) no. Anni fa sono stati ritirati dal mercato alcune protesi d’anca perché rilasciavano nichel che creava sensibilizzazione, che non è solo una allergia ma anche un’accumulazione dei metalli nei tessuti molli, con problematiche gravi se ad esempio si depositano in milza e fegato. Per questo in applicazioni biomedicali oggi si usano solo leghe attivo-passive, che hanno velocità di corrosione non nulla ma comunque non pericolosa. Invece metalli con nichel hanno una velocità di corrosione che aumenta fino a 100 volte.La durabilità del materiale è un parametro fondamentale per dispositivi che vanno poi nel corpo umano. Con granta edupack si può selezionare un materiale in base alle caratteristiche, tra cui anche la durabilità in diversi ambienti. PROCESSI DI LAVORAZIONE DEI METALLI Dobbiamo sempre tenere presente tutte le proprietà dei metalli viste finora, ed anche il costo. Le tecniche di lavorazione si distinguono in: FORMATURA, ossia la deformazione ad alte o basse T mediante deformazione plastica. Si applica sul materiale una forza che genera uno sforzo maggiore dello snervamento, per mantenere la forma voluta. Possiamo deformare il materiale A CALDO, perché in quelle condizioni il materiale è estremamente duttile, oppure A FREDDO con incrudimento. La temperatura è importante perché le proprietà del materiale sono in funzione di essa, a partire dalla microstruttura. Tipi di formatura: FORGIATURA: deformazione a caldo con percussioni continue sul pezzo di metallo, può avvenire in uno stampo aperto o chiuso: in entrambi i casi viene percosso fino alla forma desiderata. Nel secondo caso la forma si ottiene quando lo stampo viene chiuso, tecnica usata ad esempio per steli femorali, placche di osteosintesi. Otteniamo una finitura superficiale elevata. LAMINAZIONE: è una lavorazione a freddo, il materiale viene fatto passare in mezzo a rulli, che lo appiattiscono generando foglie o lamine con buona finitura superficiale ESTRUSIONE: altra lavorazione a freddo in cui andiamo a generare dei cilindri o fili di metallo facendo passare il materiale all’interno di un orifizio, con buona finitura superficiale e poco scarto di materiali. TRAFILATURA: allungamento a freddo di un materiale Laminazione, estrusione e trafilatura sono metodi di INCRUDIMENTO, infatti sono a freddo. Sono volte a migliorare la resistenza del materiale. Aumenta anche la fragilità, ma noi riusciamo a lavorare in un range di sforzi tale per cui i materiali non dovrebbero rompersi. FUSIONE, a volte un materiale non si riesce a deformare né a basse T né ad alte e quindi lo portiamo allo stato liquido per la sua bassa duttilità, oppure se dobbiamo ottenere forme complesse. Viene fuso il metallo e poi fatto solidificare all’interno di uno stampo con la forma desiderata. Con questa tecnica si ha un vantaggio di costo. FUSIONE IN SABBIA: il metallo fuso viene colato in uno stampo costituito da terra da fonderia, un materiale con T_fusione molto + alta del metallo. Alla fine rompiamo l’involucro di questa terra e avremo l’oggetto voluto. Questa terra è un materiale ceramico, fragile e con T fusione molto alta e questo ci permette di realizzare forme di metallo rompendolo FUSIONE A CERA PERSA: generiamo un prototipo di un pezzo che vogliamo ottenere con cera o materiale bassofondente, gli costruiamo attorno uno stampo in gesso (ceramico) colandolo. Quando riscaldiamo il tutto si scioglie la cera ed abbiamo ottenuto il nostro stampo, poi faremo la stessa cosa di prima. Questa tecnica è usata per corone dentali e otturazioni ad esempio. FUSIONE IN CONCHIGLIA: lo stampo è un altro metallo, quindi lo riutilizzeremo, diversamente dai casi precedenti. Si ottengono forme complesse con buona finitura superficiale. PRESSOFUSIONE: il metallo fuso viene fatto fluire sotto pressione mediante un pistone a velocità molto elevate. A solidificazione completata si apre lo stampo di acciaio. Si ha eccellente finitura superficiale. Queste 2 tecniche con stampo metallico hanno lo svantaggio di poter essere applicate solo con leghe a basse T_fusione. METALLURGIA DELLE POLVERI- SINTETIZZAZIONE con alte pressioni vengono compattate polveri di metallo. Si usa per metalli che sono difficili da lavorare. Si ottengono, per sintetizzazione, dei materiali meno porosi. Vengono miscelate le polveri per aggiungere tutti gli elementi necessari per creare leghe, con aggiunte eventuali di lubrificanti ecc… poi questo mix di polveri entra in una camera ad elevate pressioni e T, le polveri vengono riscaldate a punto tale che è possibile portare a parziale fusione delle particelle, che si compattano a una T < T_fusione, e questo permette di rimuovere le porosità. È una tecnica economica. Ci sono poi tecniche di lavorazione che aiutano a migliorare la sola finitura superficiale, ossia LAVORAZIONE ALLE MACCHINE UTENSILI: La molatura è in sostanza un’abrasione sulla superficie per lisciare, con la carta abrasiva. Il Water-jet permette di tagliare un materiale, così come il laser. Tecniche + moderne sono le STAMPE 3D dei metalli. Possono essere usate per realizzazioni più piccole nei dettagli, come gli stent, passando dal disegno CAD al computer, che viene poi realizzato con lo scioglimento di un filo metallico che si può muovere nelle 3 direzioni e che viene sciolto da un fascio di e-, oppure si possono introdurre polveri metalliche in uno stampo che poi vengono sciolte da un fascio laser che “disegna” su questa base di sabbia metallica. Queste tecniche moderne sono + usate a scopo di ricerca proprio perché nuove: Abbiamo poi la SALDATURA, basata sulla fusione parziale di un terzo metallo legante tra i 2 pezzi di metallo nel loro punto di contatto, per ottenere un effetto colla. 01/10 MATERIALI CERAMICI Sono costituiti da atomi metallici e non metallici, sono quindi costituiti da legami ionici o covalenti. La maggiorparte sono ossidi, nitruri, carburi. A differenza dei materiali metallici i ceramici possono avere strutture cristalline e anche amorfe. In base al tipo di legami possiamo avere materiali ceramici isolanti o semi-conduttori. proprietà: hanno E + alto di alcuni metalli, ma sono fragili e non vengono utilizzati in applicazioni sotto carico. Hanno una bassa densità perché sono molto porosi e infatti sono leggeri rispetto ai metalli. (tetraedro dei legami) In base al tipo di legame avremo ceramici in senso stretto (isolanti) o semi conduttori. Tra atomi metallici e non si formano quasi sempre legami ionici, e avremo solidi ionici, se gli atomi sono non metallici saranno probabilmente legami covalenti. In un materiale possiamo determinare il carattere ionico, che dipende dall’elettronegatività: le proprietà del materiale dipendono fortemente dai legami ionici presenti. Potremo avere strutture cristalline con legami molto forti tra atomi metallici e non metallici, o ceramici amorfi con ordine a breve raggio con assenza di celle ripetitive: caratteristica dei vetri. Per distinguere materiali amorfi da cristallini, ad esempio i primi sono trasparenti! Mentre i cristallini sono opachi. Poi si possono inserire stabilizzatori di reticolo per stabilizzare la struttura amorfa MATERIALI CERAMICI CRISTALLINI la maggior parte dei solidi cristallini ceramici sono solidi ionici, proprio in virtù della forte diff. Di elettronegatività. In questo caso il sodio cede un e al cloro e si creano 2 ioni. gli atomi che costituiscono il ceramico sono fondamentali per la costituzione della struttura cristallina. Quello non metallico diventa un anione e viceversa, ma il materiale deve essere elettricamente neutro, si garantisce il bilanciamento della valenza complessivamente. Vale anche quando ci sono proporzioni diverse: ogni calcio interagisce con 2 fluori, per mantenere la