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Biomedical Engineering - Bioingegneria Chimica

Completed notes: Biomateriali

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Bioingegneria Chimica – prof .ssa Petrini – Biomateriali Introduzione Biomateriale: “materiale che si intende interfacciare con i sistemi biologici allo scopo di valutare, monitorare, trattare, accrescere, sostituire o facilitare la rigenerazione di tessuti, organi op funzioni del corpo umano”. Biocompatibilità: “capacità di un biomateriale/dispositivo di svolgere la funzione appropriata senza interferire con i meccanismi fisiologici e riparativi dell’organismo umano”. I materiali Materiale: aggrega to di atomi o molecole che, grazie alla presenza di opportuni legami chimici o fisici, è in grado di opporre un’adeguata reazione alle sollecitazioni meccaniche o anche a stimoli fisici o chimici, tale da consentirne l‘impiego per la realizzazione di ogget ti, componenti e strutture . Proprietà dei materiali  Chimiche: stabilità, degradabilità, solubilità, modificazioni strutturali, ecc…  Fisiche: misurano il comportamento dei materiali sotto azione di forze fisiche come la temperatura, i campi elettrici o mag netici, la luce, ecc…  Meccaniche : misurano e classificano il comportamento dei materiali sottoposti all’azione di un sistema di forze. È possibile correlare le proprietà dei materiali a fattori quali: o i tipi di atomi; o la natura dei legami tra gli atomi e le molecole e mobilità degli elettroni ; o la disposizione spaziale degli atomi o molecole; o la presenza di difetti; o la dimensione delle molecole. Struttura dei materiali  materiali metallici : costituiti principalmente da elementi metallici. A temperatura ambiente sono in genere allo stato di solidi cristallini.  materiali ceramici : composti inorganici formati dalla combinazione di elementi metallici (Mg, Al, Fe, …) ed elementi non metallici, tra cui l’ossigeno. Sono in genere costituiti da solidi cristallin i, ma comprendono anche i vetri minerali inorganici (non cristallini).  polimeri organici (materiali polimerici, materie plastiche): composti da lunghe catene (macromolecole) formate per la maggior parte da atomi di C legati covalentemente ad altri elementi come H, O, N, Cl, S. Hanno diversi gradi di cristallinità.  compositi : i tre tipi di materiali possono combinarsi per formare materiali compositi, in cui le loro proprietà specifiche sono unite in modo sinergico. Molecola = aggregato di atomi uniti da leg ami covalenti che formano una struttura indipendente. Morfologia  Solidi cristallini : gli atomi (o gruppi di atomi, ad esempio una molecola) si organizzano in una struttura periodica detta cella elementare . Reticolo cristallino: ripetizione di un’unità strutturale, la cella elementare, che traslata nelle tre dimensioni (senza lasciare spazi vuoti) può riprodurre l’intero reticolo. La cella elementare viene descritta dai parametri reticolari : lunghezza dei tre vettori a, b e c e angoli fra essi compresi. Se cambiano i parametri reticolari, cambiano le proprietà . Le celle elementari semplici hanno punti reticolari (atomi/ioni/molecole) solo ai vertici della cella. Le celle elementari multiple hanno punti retico lari all’interno della cella ( a corpo centrato ), nel baricentro delle basi ( a basi centrate ), o nel baricentro delle facce ( a facce centrate ).  Solidi policristallini : formati da diversi grani o cristalli. I grani hanno diverso orientamento cristallografico e in ognuno di essi si hanno periodicità . Sono separati da bordi di grano .  Solidi amorfi : manca un ordine sistematico a lungo raggio;  Solidi semicristallini : la struttura cristallina e la struttura amorfa coesistono, come nella maggior pa rte dei materiali polimerici . Un materiale è isotropo se le sue proprietà sono le medesime in tutte le direzioni. Un policristallino è di solito isotropo, ma in alcuni casi (se c’è un orientamento preferenziale dei grani) può essere anisotropo come un sol ido cristallino. I materiali biologici sono quasi sempre anisotropi. Difetti dei solidi cristallini Il cristallo reale ha una disposizione atomica che si discosta dalla struttura del cristallo ideale per la presenza di difetti nella struttur a cristallina, che possono modificare considerevolmente le proprietà fisiche, meccaniche e tecnologiche dei materiali.  Difetti puntiformi : o Vacanze : posizioni reticolari non occupate da nessun atomo ; permettono il movimento degli atomi da un nodo reticolare all’altro (diffusione) . o Atomi interstiziali : atomi dello stesso elemento metallico (auto -interstiziale) o di un elemento diverso (etero -interstiziale) che non occupano una normale posizione reticolare ; il reticolo risulta deformato ed in uno stato tensio nale . o Atomi estranei sostituzionali : atomi di un elemento estraneo che occupano posizioni reticolari ; i difetti sostituzionali sono sfruttati nell’elettronica per aumentare la conducibilità dei semiconduttori (drogaggio) .  Difetti lineari (dislocazioni ): sono difetti collocati lungo i piani reticolari nei cristalli; sono dovuti a successioni di atomi collocati in punti non coincidenti con esatte posizioni reticolari; questi sono i difetti responsabili della deformabilità (deformazione plastica) tipica dei materiali metallici (possibilità di deformazione plastica “a freddo”) : o a spigolo o lineari : in una parte del cristallo è presente un piano in più o in meno rispetto al reticolo perfetto; all’esterno del cristallo si osserva la formazione di un gradino; o a vite o ad elica : è una rampa a spirale di atomi spostati rispetto alla posizione del reticolo perfetto; sono dovuti all’applicazione di sforzi di taglio.  difetti di superficie : o bordi di grano : tipici di materiali policristallini; sono regioni dove non esiste l’ordine cristallino e due o più grani adiacenti si adattano l’uno con l’altro. = grani hanno origine durante la solidificazione del materiale ; controllo la loro dimensione controllando co me raffreddo il materiale per ottenere il solido: se raffreddo rapidamente ottengo grani più piccoli e rendo il materiale meno fragile. A partire dalla stessa struttura chimica ottengo proprietà diverse a seconda della dimensione dei grani. Allotropia e p olimorfismo A parità di composizione atomica possono esistere (e coesistere nello stesso oggetto) diverse forme cristalline. Le forme allotropiche sono diverse strutture, composte dagli stessi atomi, che si formano in funzione di temperatura e pressione. Il polimorfismo indica la possibilità che una stessa sostanza si presenti in forme cristalline diverse. Questo comportamento si può presentare tanto in sostanze allo stato elementare (elementi chimici -> allotropia ) quanto nei loro composti. Fasi cristalli ne diverse si formano a diverse temperature e hanno diverse temperature di fusione. Proprietà meccaniche dei materiali A: materiali ceramici; faccio molta fatica e non si deformano. B: materiali metallici. C: un tipo di materiale polimerico. La pendenza del tratto iniziale è il modulo elastico che indica quanto un materiale resiste alla deformazione elastica. Un materiale che resiste tanto è rigido, uno che resiste di meno è flessibile. Il tratto iniziale è rettilineo: è la zona di deformazion e elastica. Quella successiva è la deformazione plastica. Quanto un materiale si deforma è legato alla sua deformabilità o duttilità. La risposta dei materiali dipende da:  carico applicato (e sua direzione);  tempo;  temperatura;  altre condizioni. Lo sforzo è il carico per unità di area: l’effetto della sollecitazione dipende dalla dimensione del provino! σ = F/A0 La forza è perpendicolare all’area della sezione ( A0). Unità di misura N/m 2 o Pa. La deformazione è il cambiamento di dimensioni provocato dallo sfor zo: ������= ∆������/������0 (x100%) È una grandezza adimensionale. Tipi di carico:  trazione;  compressione;  taglio;  torsione. Il rapporto di Poisson ν descrive le deformazioni elastiche che un materiale subisce nelle 3 direzioni. La relazione tra sforzo e deformazione corrispondente nella zona della risposta elastica è governata dalla legge di Hooke : lo sforzo è proporzionale alla deformazione ed è indipendente dal tempo con fattore di proporzionalità pari al modulo di Young : ������ = ������� E è caratteristico di ogni materiale, ha la stessa unità di misura dello sforzo (generalmente GPa) ed è una misura delle capacità di un materiale di subire deformazioni sotto sforzo.  Deformazione elastica : è reversibile , normalmente è associata a defor mazioni basse;  Deformazione plastica : irreversibile . Lo sforzo di snervamento è il valore dello sforzo a partire dal quale il materiale comincia a deformarsi plasticamente. È difficile determinare con precisione lo sforzo di snervamento: snervamento convenzionale per i metalli è lo sforzo nominale a una deformazione dello 0.2%. Bas so strain (deformazione elastica): il provino di contrae omogeneamente su tutta la lunghezza. Alto strain (deformazione plastica): fenomeno della strizione : cambia la forma della zona centrale del provino e quindi cambia il modo in cui reagisce a uno stess o sforzo. Sforzo reale vs sforzo nominale: σ = F/A0 σ������= F������/Ai Se la curva di carico e di scarico non coincidono si ha isteresi . La durezza è una misura della resistenza di un materiale ad una deformazione plastica localizzata. È una proprietà della superficie. La tenacità è la quantità di energia assorbita da un materiale fino alla rottura. Può essere determinata per mezzo della prova di resistenza all’urto di carichi dinamici. La duttilità è caratterizzata dal livello di defor mazione permanente raggiunto al momento della rottura.  Materiali duttili : considerevole deformazione plastica prima della frattura (es. mediata dalle dislocazioni).  Materiali fragili : piccola deformazione plastica prima della frattura (frattura dovuta a rottura di legami, avviene lungo piani cristallografici o lungo i bordi di grano); la propagazione della cricca è velocissima. Biomateriali polimerici I biomateriali polimerici presentano sia legami covalenti sia legami secondari. Sono semicristallini o amorfi. Una materia plastica è una miscela di polimeri e additivi, non è necessariamente un materiale polimerico. Poiché i primi prodotti sintetici ottenuti per condensazione di sostanze organiche risultarono simili alle resine naturali, si è in passato diffuso, come sinonimo di materia plastica, anche il termine resina. Struttura dei polimeri A = atomi (o gruppi di atomi) che compongono lo “scheletro” polimerico: unità ripetitiva . Cosa rende diversi i polimeri? La lunghezza delle catene: si formano ag grovigliamenti (entanglement) tra le diverse catene, si creano importanti interazioni molecolari, e hanno movimenti lenti rispetto a molecole piccole.  Struttura chimica : o Tipi monomeri: è importante considerare anche i gruppi laterali; o Copolimeri/omopolimeri:  Configurazione : o Lineare -> stereoisomeri o Ramificata : c’è una catena principale da cui partono dei rami. o Reticolata : tutte le catene sono collegate tramite ponti di reticolazione. Alcuni polimeri in configurazione lineare sono solub ili in acqua, mentre gli stessi in configurazione reticolata possono non esserlo. I polimeri possono essere classificati in un ulteriore modo in conseguenza della loro configurazione:  Termoplastici : materiali che possono essere modellati per azione del cal ore.  Termoindurenti : materiali che non possono essere modellati per azione del calore una volta formati; la forma viene impressa nel passaggio da monomero a polimero.  Elastomeri : riacquistano la forma originale quando vengono deformati.  Peso molecolare : so mma dei pesi atomici di ciascun atomo di una molecola… ma il numero di atomi in una catena polimerica non è definito! o Peso molecolare medio numerale , è il valore massimo , ottenuto dalla somma di tutte le lunghezze e dividendo per il numero totale di molecole : M̅n= ∑NiMi ∑Ni. o Peso molecolare medio ponderale : M̅w = ∑NiMi2 ∑NiMi. o DPM , indice di polidispersità , nei polimeri DPM>1, valori tipici sono tra 2 e 3 : DPM = Mw Mn. Distribuzione stretta : circa lo stesso peso molecolare per tutte le catene. Distribuzione larga : ampia variabilità di peso molecolare. La distribuzione può essere simmetrica o antisimmetrica .  Conformazione : disposizione di una catena polimerica nello spazio; la forma che una catena polimerica assume nello spazio è influenzata dalla possibilità di rot azione attorno ai legami semplici C -C. Ci sono moltissime conformazioni ma solo alcune sono possibili o energeticamente favorite. La catena polimerica occupa uno spazio statisticamente maggiore rispetto a quello che le competerebbe. La ramificazione limita la possibilità di rotazione, così come gruppi laterali ingombranti. o Presenza di entanglement ; o Struttura cristallina/amorfa : la maggior parte dei polimeri ha una conformazione ripiegata. Le file di catene ripiegate si organizzano in una struttura chiamata lamella. Le lamelle si organizzano in strutture tridimensionali dette sferuliti. A causa dei difetti nella cristallinità (errori nel ripiegamento) in una stessa catena ho zone cristalline e zone amorfe. Le zone cristalline rendono un materiale rig ido, ma anche fragile. Le zone amorfe contribuiscono alla flessibilità e alla tenacità del materiale polimerico. Cosa rende un polimero cristallino o amorfo?  Struttura del polimero:  da quali atomi/gruppi è composto;  come sono legati tra loro (configurazion e);  come si dispongono nello spazio 3D (conformazione);  Forze intermolecolari: legami H, dipolo -dipolo, Van der Waals;  Add itivi. Fusione = passaggio da stato solido ordinato cristallino a stato fuso, liquido disordinato. Transizione vetrosa = caratteristic a delle zone amorfe, passaggio dallo stato solido vetroso allo stato solido gommoso; è una transizione isofasica che avviene alzando la temperatura. Rammollimento = passaggio dallo stato solido amorfo allo stato liquido viscoso (temperatura ancora maggiore della transizione vetrosa) . In uno stesso polimero si possono avere tutte le transizioni, poiché composto da fase amorfa + fase cristallina. Proprietà dei polimeri La risposta del materiale alla sollecitazione è funzione della sollecitazione stessa (elettrica, meccanica, magnetica), del tipo di materiale, della sua geometria, della temperatura e della durata della sollecitazione. Le temperature di transizione dei polimeri sono intorno alla temperatura ambiente, perciò gli effetti della temperatura s ono molto evidenti. Nei materiali polimerici c’è una deviazione dalla legge di :ooke: sono materiali viscoelastici , cioè la relazione tra stress e strain dipende dal tempo, questo perché il movimento relativo delle catene è molto lento (a causa di enta nglement, reticolazione, cristallinità, stato vetroso/gommoso). Se la sollecitazione è rapida non do tempo alle molecole di organizzarsi e scorrere. Nei materiali viscoelastici c’è solo un parziale recupero della forma iniziale : hanno un comportamento per c erti versi comune a un solido elastico, per altri a un liquido viscoso. Nei polimeri ci sono anche deformazioni elastiche , in particolare sono le variazioni di angolo di legame (stiro la catena). Poi ci sono deformazioni viscose , legate allo scorrimento delle catene (come un liquido viscoso). Il comportamento viscoelastico ha un movimento di scorrimento delle catene ma esse rimangono comunque aggrovigliate. In un materiale polimerico, se mantengo costante lo sforzo la deformazione aumenta nel tempo: questo fenomeno si chiama creep . Se si mantiene costante la deformazione, lo sforzo diminuisce nel tempo ( rilassamento ). La rigidezza del materiale dipende dalla velocità di applicazione del carico. Se si applica una sollecitazione ciclica si ha il fenomeno dell’isteresi (sfasamento), che porta a dissipazione di energia meccanica. L’elasticità può essere di diversi tipi:  Elasticità entalpica : tipica di materiali cristallini , ceramici, polimeri molto reticol ati; sposto gli atomi dalle posiz ioni di legame, i reticoli vengono leg ge rmente deformati; se rimuovo la sollecitazione torna alla forma iniziale .  Elasticità entropica : tipica di lunghe catene di macromolecole, i pochi nodi di reticolazione o legami trasversali da un lato permettono amp ie distensioni delle magli e del reticolo e dall’altro garantiscono il richiamo elastico del materiale; il gomitolo statistico si allunga, se rimuovo il carico torna in parte alla forma iniziale. Nell’applicare questo sforzo tendo a orientare le catene, a c ambiarne l’entropia. Questo è particolarmente vero se le catene sono reticolate tra di loro: ciò che richiama nella posizione inizia le sono i nodi di reticolazione o anche gli entanglement. Se ho tanti provini di uno stesso materiale polimerico e li sollecito a diverse velocità ottengo delle curve sforzo -deformazione diverse : lo stesso materiale può essere molto fragile o molto flessibile soltanto cambiando il tempo. La cristallinità nei pol imeri è variabile in uno stesso materiale. Le zone cristalline rendono un materiale rigido, ma anche fragile. Le zone amorfe (allo stato gommoso) contribuiscono alla flessibilità del materiale polimerico. Cambio le proprietà meccaniche cambiando la percent uale di cristallinità. La cristallizzazione implica maggiore densità, quindi maggiore rigidezza, maggiore durezza, maggiore resistenza al creep, minore coefficiente d’attrito e maggiore resistenza all’usura : le catene sono “congelate” negli sferuliti, è pi ù difficile farle scorrere. La cristallinità dipende dalla storia termica e meccanica del campione. Le lavorazioni meccaniche (laminazione, stiramento ed estrusione, specialmente se effettuate a temperature alle quali la mobilità delle macromolecole è elev ata) tendono a orientare le catene parallelamente le une alle altre. Gli sferuliti possono essere grandi o piccoli; posso cambiare la loro dimensione con lavorazioni termiche. Lo stesso materiale con la stessa densità è più deformabile se ha gli sferuliti piccoli. Sottoponendo a stiramento un materiale amorfo -cristallino si provoca un orientamento secondo la direzione di applicazione del carico delle catene molecolari: vengono di conseguenza cambiate le sue proprietà meccaniche. Quando scaldo un materiale perlopiù cristallino, una volta raggiunta la temperatura di transizione vetrosa Tg la sua parte amorfa passa dallo stato vetroso a quello gommoso , ma il modulo elastico scende poco, in modo propo rzionale a quanto è la parte amorfa. Alla fusione, il modulo scende molto! Per un materiale perlopiù amorfo, quando arriva alla Tg il modulo tracolla, alla fusione cambia poco ; il modulo elastico non andrà a zero perché rimane solido anche ad elevate temperature . Per un polimero amorfo -cristallino (circa metà e metà) avrò un certo gradino passando per Tg, poi ne avrò un altro passando per Tm, ma il modulo non andrà a zero perché la parte amorfa continuerà ad essere solida . Se ho un materiale completamente reticolato (C) , non cambia niente all’aumentare de lla temperatura fino alla temperatura di degradazione; se lo stesso reticolo ha le maglie molto larghe (polimero debolmente reticolato), le porzioni tra due nodi si comportano come catene a sé, quindi lì posso avere una transizione vetro -gomma. Il PVC ha un Tg intorno gli 80°, quindi a temperatura ambiente è allo stato vetroso, è rigido e fragile. Il PVC può esistere in diverse forme, rigido, semi -rigido o flessibile, grazie agli additivi che vi si possono aggiungere. Il PMMA ha una Tg a 100°, q uindi fino a lì è rigido e fragile (plexiglass). Tuttavia, basta alzare di poco la temperatura per renderlo più flessibile . Già a 60° va incontro a una deformazione plastica notevole. Più è elevato il peso molecolare (MW) , maggiore è la temperatura di fus ione e aumentano la resistenza a trazione, al creep e all’impatto; ciò perché è necessaria maggiore energia per spezzare i legami. Con una distribuzione più larga di MW, diminuisc ono la resistenza all’impatto e a trazione e il punto di fusione , perché aume nta la mobilità delle molecole . Perciò il polimero è più semplice da lavorare (e lo si lavora a temperature più basse) se ha una distribuzione larga di MW. Posso usare i polimeri per fare dei composti. Nella matrice del polimero posso aggiungere delle fibre di C, delle fibre minerali o di vetro, o delle cariche inorganiche: ciò cambierà molto le caratteristiche meccaniche. Si possono (talvolta devono) aggiungere additivi come plastificanti, ritardanti di fiamma, stabilizzanti ad alte temperature , agenti antimicrobici, ma bisogna valutare il loro effetto sulle proprietà meccaniche. Alcuni trattamenti possono modificare la storia termica o la struttura chimica del polimero: sterilizzazione, lavorazione, invecchiamento ecc possono causare degradazione (dimi nuzione del MW), reticolazione, variazione della conformazione (es. cristallinità). Idrogeli Gli idrogeli sono materiali polimerici speciali: non sono solo polimeri ma sono un insieme inscindibile di m ateriali polimerici e acqua . Sono delle strutture poli meriche che si rigonfiano in acqua , la “assorbono ” ma non la rilasciano. L’acqua permea nella struttura grazie alla compatibilità termodinamica tra essa e le catene polimeriche; inoltre le catene sono idrofiliche ma insolubili . In generale, quando metto un materiale polimerico idrofilico in acqua, le molecole d’acqua solvatano le catene polimeriche, le rivestono e separano le catene le une dalle altre sciogliendo il cristallo . Gli idrogeli sono idrofilici (altrimenti non avrebbero interazioni con l’acqua) m a non si sciolgono perché le catene hanno legami chimici forti . È una situazione di compromesso tra il rigonfiamento (legame con l’acqua) e la dissoluzione. Le catene si allargano, a causa dell’acqua che entra grazie alla loro idrofilia, fino a un valore d ’equilibrio; la quantità d’acqua contenuta all’equilibrio è legata a quanto sono strette le maglie della rete. L’acqua non entra per capillarità (come se fosse una spugna) ma si lega alle catene polimeriche con legami secondari , diventando da esse inscindi bile. L’acqua legata alle catene congela a temperature più basse ed evapora a temperature più alte. I tessuti corporei hanno caratteristiche simili agli idrogeli. L’acqua è un solvente polare. Un polimero è idrofilico se ha un gruppo funzionale polarizzat o. Un idrogelo non è solo idrofilico, altrimenti si scioglierebbe in acqua. Le catene sono tenute unite tra loro da legami secondari molto forti o legami ionici o ci possono essere domini idrofobici che formano come un nodo tra le catene. Non sono per forza legami covalenti. Gli idrogeli possono essere materiali sia termoindurenti sia termoplastici perché laddove ho dei legami covalenti ho materiali reticolati che non riesco più a modificar e a livel lo di forma se non rompendo i legami, degradandoli ; s e ho dei legami secondari, invece, essi si rompono scaldando poco ma poi si riformano (es. legami a idrogeno) , quindi ho bisogno di meno energia. Per idrogeli fisici si intendono quegli idrogeli le cui catene non sono legate attraverso legami covalenti ma piuttosto attraverso for ze di Van der Waals. Posso avere polimeri che nei gruppi presentano cariche e posso legare le catene favorendo l’interazione tra un catione e un anione di tali gruppi; questo legame deve essere abbastanza forte e stabile da non sciogliersi in acqua (ad es. NaCl è troppo debole). Questi legami ionici hanno un’elevata costante di associazione. Intrecciando un reticolo con un altro si migliorano le proprietà meccaniche. Questi materiali sono detti IPN (interpenetrati ). Le reti possono essere composte da materiali diversi, quindi posso mescolare le caratteristiche dei diversi idrogel i. Posso avere una rete in cui disperdo catene non reticolate: ottengo un reticolo semi -interpenetrato . Si definisce un peso molecolare speciale che si chiama ������ ������, peso molecolare tra due nodi di reticolazione . È importante per definire la distanza tra u n nodo e l’altro perché è legata a quanto si può distendere un reticolo e quindi a quanta acqua l’idrogelo riesce ad “assorbire ”. L’inverso del peso molecolare è la densità di reticolazione . Più è corta la catena, maggiore è la densità di reticolazione, ci oè l’idrogelo è più reticolato e “assorbe” meno acqua. Controllando il Mc o la denistà di reticolazione controllo quanta acqua rigonfia l‘idrogelo. Il processo di rigonfiamento può essere usato per imitare il comportamento di alcuni oggetti (tra cui tessuti biologici, che hanno molte caratteristiche comuni agli idrogeli). Una volta entrata l’acqua è molto stabile, per perderla bis og na scaldare molto o fare altre cose che rompano i legami di reticolazione. Posso aumentare o diminuire l’acqua contenuta se riesco a controllare la formazione del reticolo , ad esempio cambiando il pH . Esempio: alcuni medicinali (detti gastroresistenti) sono rivestiti da un idrogelo che si dilata nell’intestino, dove il p: è più basso di quello dello stomaco, in modo che il m edicinale venga rilasciato solo nella zona desiderata, in questo modo è possibile impiegare dosi minori. Crosslink structure: a) Ideal netw ork with tetrafunctional covalent crosslinks (rarely observed); b) Multifunctional junctions; c) Molecular entanglements (could be permanent or semi -permanent). Quando il gel è a contatto con acqua il reticolo si espande; il rigonfiamento (governato dalla termodinamica) è controbilanciato all’equilibrio dalla forza di ritrazione (richiamo elastico) della struttura reticolat a. Si definisce il rigonfiamento all’equilibrio specifico del reticolo a una certa densità di reticolazione come W.U. , water uptake : % ������ .������.= (������������−�������) ������� × ��� , con W S=weight of the swollen sample, W D=weight of the dry sample. L’aumento di peso dovuto al rigonfiamento va avanti fino all’equilibrio. Esempio: W.U. = 100% significa che su 100g di idrogelo ho solo 1g di polimero. Il grado di rigo nfiamento (legato alla reticolazione) determina:  la diffusione dei soluti attraverso il gel;  le proprietà di sup erficie e la mobilità superficiale;  le proprietà ottiche;  le proprietà meccaniche. Applicazioni degli idrogeli:  Terapie farmacologiche : o Rilascio controllato nel tempo (il processo di diffusione avviene più o meno lentamente in base alle caratteristiche del materiale e alle sue interazioni con il farmaco); o Rilascio sito -specifico (diminuzione dosi terapeutiche); o Funzione di protezione per sostanze labili; o Per mascherare sostanze immunogeniche;  Medicina riparativa/sostituiva: o Lenti a contat to (PHEMA); o Rivesti menti per promuovere l’emocompatibilità (gli idrogeli non favoriscono la coagulazione del sangue, che avviene di solito a contatto con un corpo estraneo, perciò li si usa per rivestire i dispositivi per mascherarli) ; o Bendaggi per la cura di ustioni e ferit e; o Membrane per biosensori;  Medicina rigenerativa: o Rigenerazione tessuti molli; o Modulazione del rilascio di speciali sostanze (ad es. fattori di crescita, autoripazione); o Trasporto di sostanz e solubili in ambienti acquosi (metaboliti/cataboliti/nutrienti);  Interazione programmata (idrogeli intelligenti), controllando gli stimoli si ottiene: o Modificazione delle caratteristiche di rigonfiamento; o Modificazione della solubilità/insolubilità. Polimerizzazione Partendo da una molecola piccola (monomero) se ne o ttiene una molto grande (polimero) attraverso diversi tipi di reazioni di polimerizzazione. Controllando le reazioni di polimerizzazione si controllano le proprietà dei materiali. NB: monomero e unità ripetitiva non sono sinonimi.  Polimerizzazione a catena . I monomeri diventano parte della catena uno alla volta: i monomeri reagiscono con la catena in crescita. È necessario un iniziatore di reazione , che ha un elettrone spaiato e si aggancia al primo monomero . Dopo la fase di iniziazione si ha quella di propagazione. La terminazione avviene quando due catene in crescita si incontrano. Nelle reazioni di disproporzionamento , invece di prendere un radicale libero le catene si legano con un idrogeno e a questo punto la catena cresce in maniera irregolare. Queste reazioni portano alla formazione di ramificazioni . Come indirizzo la reazione da una parte o dall’altra? Si utilizzano dei catalizzatori . Un catalizzatore abbassa l’energia di attivazione di una reazione, in modo che sia favorita la direzione verso la catena lineare (di solito). I polimeri vinilici sono tutti ottenuti tramite polimerizzazione a catena.  Polimerizzazione a stadi . Coinvolge monomeri almeno bifunzionali (plurifunzionali) in modo che la catena si allunghi da entrambe le parti. Generalmente i monomeri reagiscono mediante reazioni di condensazione . Sono necessari monomeri con gruppi funzionali che reagiscano gli uni con gli altri. Questa reazione dà sottopr odotti (es. acqua). Polietilene (PE) È un polimero vinilico il cui monomero è l’etilene. È un materiale non reticolato quindi termoplastico . È semicristallino , ha una parte amorfa che lo rende meno fragile. Ha temperatura di fusione a 130°C. Ha temperatura di transizione vetrosa a -30°C, quindi a temperatura corporea è allo stato gommoso . Sotto i -30°C diventa vetroso, quindi fragile. Esistono diversi tipi di P E in base a:  Configurazione : lineare o ramificato ;  Peso molecolare : LDPE, HDPE, UHMWPE ;  Conformazione : struttura cristallina/amorfa, entanglement . Il PE è generalmente lineare ma è possibile (in dipendenza dal metodo di ottenimento) la presenza di ramifica zioni più o meno estese lungo la catena principale, che possono impedire la cristallizzazione e variarne la densità: un PE ramificato è meno cristallino e ha peso specifico meno elevato rispetto a uno lineare, per questo il PE ramificato è chiamato LDPE (L ow Density PE). L’LDPE ha struttura a legami singoli C -H, molto ramificata , non polare, poco reattivo, molto stabile, flessibile , poco cristallino , trasparente. Si usa poco in campo biomedico. L’HDPE (High Density PE) ha struttura più lineare , è più cristallino e più rigido dell’LDPE. È molto stabile , non reagisce. C’è una componente amorfa che è gommosa (infatti non è troppo rigido, lo si può usare per fare i cateteri). È ottenuto utilizzando catalizzatori stereospecifici (processo Ziegler - Natta). Vi ene lavorato per iniezione, soffiatura , estrusione, dry spinning. Aumentando MW aumentano la temperatura di fusione e la resistenza a trazione, creep e impatto . Ottengo un PE con elevata resistenza meccanica da usare in ortopedia: è l’ UHMWPE . Ha struttura lineare , è rigido e cristallino . Ha elevata resistenza all’usura grazie a un basso coefficiente d’attrito. :a un elevato punto di fusione che lo rende difficile da lavorare con lavorazioni meccaniche (si possono ottenere solo forme semplici), tuttavia si r iesce ad otte ne rne fibre . Allo stato fuso è molto viscoso. È autolubrificante perché ha una superficie idrofobica e i fluidi biologici fungono da lubrificanti. La resistenza all’usura è una caratteristica di pochissimi polimeri. L’usura si ha quanto c’è mo to relativo tra due corpi e uno consuma l’altro. Viene consumato quello che è meno duro (meno resistente a deformazione plastica localizzata). Se il corpo non resiste all’usura si formano detriti e se ciò avviene nel corpo umano si creano infiammazioni. L’U:MWPE ha elevata resistenza all’usura (infatti viene usato spesso per le coppe acetabolari nelle protesi di ginocchio) tuttavia non è perfetto, si formano comunque detriti, ma sono abbas tanza grandi da restare nella zona. Viene usato ad esempio per le coppe acetabolari nella protesi d’anca. Polipropilene (PP) È un polimero termoplastico con struttura parzialmente cristallina . È lavorabile in fibre quindi si possono creare sia fili sia tessuti. Si usa in alcune articolazioni più piccole perché meno resi stente all’usura. Ha proprietà fisiche notevolmente influenzate dalla cristallinità, dal MW medio e dal modo in cui il pezzo finito viene raffreddato dal fuso. Si possono creare copolimeri , spesso in unione con PE; copolimeri PE/PP sono candidati per la so stituzione del PVC (vantaggi: assenza di plastificanti). Polimetilmetacrilato (PMMA) / plexiglass Il monomero del PMMA è un poliacrilato , cioè è simile al PE ma ha come gruppo funzionale un estere, il quale ha come R un metile (che lo rende un polimetilacrilato); inoltre, al posto dell’: sull’atomo di C a cui è legato l’estere ha un metile (per questo polimetil meta crilato). Posso fare copolimeri con poliacrilati con R più lunghi (es. polibutilmetacrilato) per cambiare la temperatura di transiz ione vetrosa , che diminuisce perché la catena laterale aumenta la mobilità. È una plastica amorfa resistente , dura e trasparente . È un polimero lineare e quindi termoplastico . Viene prodotto sotto forma di granuli e perle. Ha ottima trasparenza ottica : la trasmissione della luce è del 92%, ed è la più elevata fra quelle presentate da tutte le altre materie plastiche, superiore a quella dei comuni vetri. Ha eccezionale stabilità a raggi UV e agli agenti atmosferici. È soggetto a creep . Viene usato nella fabbricazione di vetri di sicurezza ; le lastre sono sottili perché è più resistente del vetro. Viene anche utilizzato per:  lenti a contatto rigide;  lenti intraoculari;  cemento per ossa;  protesi ortopediche e dentali. Le resine acriliche sono ben tollerate dall’organismo umano e vengono utilizzate in ortopedia e odontoiatria in varie forme (autopolimerizzanti, polimerizzanti per applicazione di calore o luce ultravioletta; a struttura lineare o ramificata, oppure reticolata; in forma pura oppure composita con riempitivi minerali in particelle). Regolando la reazione di polimerizzazione, il PMMA viene usato come cemento osseo per fissaggio di protesi articolari nella sede ossea prestabilita. Durante la fase di preparazione assume caratteristiche plastiche che gli consentono di adattarsi alla forma dell’osso nel quale viene introdotto e all’elemento protesico in esso inserito. Raggiunta la completa polimerizzazione si indurisce e blocca l’elemento protesico nell’osso. =l cemento permette di realizzare una migli ore distribuzione di carichi tra i materiali impiegati per la costruzione dei dispositivi protesici da un lato e il tessuto osseo dall’altro. Il cemento osseo viene preparato in sala operatoria al momento dell’intervento chirurgico, miscelando due componen ti: una polvere di PMMA prepolimerizzato e iniziatore di polimerizzazione (perossido di benzoile, PB), e un liquido costituito da monomero MMA (sterilizzato per filtrazione), accelerante di polimerizzazione (un’ammina aromatica) , tracce di inibitore che viene aggiunto con lo scopo di evitare la prematura polimerizzazione del monomero e attivatori di reazione. Il monomero MMA bagna la polvere PMMA che si rigonfia e, per effetto del sistema ammina/perossido, la polimerizzazione dei monomeri inizia dent ro e intorno alle particelle rigonfiate. All’inizio si ha un impasto che col tempo diventa sempre più rigido. Fasi operative:  tempo di impasto (dough time);  tempo di indurimento (setting time);  intervallo di lavorabilità (working time). Lo sviluppo di calo re nella cavità ossea può essere preoccupante dato che le proteine si snaturano a 50°C. Nei primi 15 minuti il PMMA arriva vicino ai 50°C, come controllo il picco esotermico? Posso usare la minima quantità di cemento possibile, così scaldo meno la zona. Se mettessimo solo liquido svilupperebbe ancora più calore, anche per questo motivo si mescola al liquido del PMMA in polvere, perché è già polimerizzato quindi ha già perso calore. Tuttavia, il cemento indurisce (indice dell’avvenuta polimerizzazione) entro i 15 minuti ; per usare una siringa serve che sia più liquido ma così si aumenta il calore rilasciato, è meglio inserirlo manualmente da questo punto di vista. Se la reazione è molto veloce il punto esotermico è più alto; posso quindi regolare la quantità di iniziatore e accelerante e ridurre il picco. È anche possibile variare la formulazione del cemento usando dei copolimeri, ma cambiando un monomero cambiano sia la velocità, sia alcune proprietà meccaniche finali. Problemi connessi all’uso di cemento acr ilico in campo ortopedico:  Tossicità : le molecole molto reattive come inibitori, ammine aromatiche e perossidi nonché i radicali creati durante la reazione, sono sostanze tossiche per il corpo umano. In particolare l’MMA può causare allergia, effetti citot ossici ed effetti sistemici, il più rilevante dei quali è la caduta di pressione che si verifica al momento dell’inserzione del cemento.  Esotermicità : può causare necrosi ossea all’interfaccia tra osso e cemento; è importante tenere basso lo spessore del c emento.  Ritiro volumetrico e porosità : il cemento acrilico è un materiale opaco e poroso; la porosità è legata alla tecnica di preparazione: si ha inglobamento di aria durante la miscelazione ed evaporazione del monomero per effetto della temperatura di po limerizzazione. La porosità infragilisce il cemento , però una piccola parte di porosità può essere utile per compensare il ritiro volumetrico. Infatti , dopo l’indurimento il cemento si contrae: la protesi rischia di muoversi. Anche per questo si miscelano MMA e PMMA, perché il polimero non si contrae, la parte che si contrae è quella dei monomeri che agiscono tra di loro. Poliidrossietilmetacrilato (PHEMA) È un materiale termoplastico , vinilico , che può essere copolimerizzato (diventa retic olato e quindi termoindurente). =l monomero è l’:EMA che va incontro a polimerizzazione a catena radicalica. È in grado di rigonfiare in acqua (è un idrogelo ) ed è moderatamente permeabile all’ossigeno . Viene impiegato per realizzare lenti a contatto e rivestimenti bioco mpatibili. Sterilizzazione Sterilizzazione = distruzione o eliminazione di tutti gli organismi viventi (microrganismi, batteri, lieviti, muffe e virus). Sterilità e pulizia non sono sinonimi: su un dispositivo sterile possono esserci polveri o altri detriti, ma in realtà si cerca di avere strumenti che siano sia sterili sia puliti. Su un dispositivo sterile è poco probabile trovare organismi viventi. Di solito ci si dà una soglia: “è possibile un organismo vivente su un dispositivo su tot milioni”. Te cniche di sterilizzazione:  Sterilizzazione in autoclave (calore+vapore): esporre a vapore e pressione un dispositivo. Vapore saturo a 121°C o 134°C . Tutte le superfici del dispositivo devono essere a contatto con il vapore. Un processo tipico dura circa 10/15 minuti dopo che tutte le superfici hanno raggiunto la temperatura minima di 121°C. La morte dei microrganismi avviene per la distruzione di loro componenti strutturali essenziali per la replicazione (denaturazione di enzimi essenziali e distruzione di complessi proteici e lipidici). Il tempo AB dipende dalla forma dell’oggetto, da quanto il vapore ci mette a raggiungere tutte le superfici e riscaldarle. Non è utilizzabile per materie plastiche e materiali sensibili a calore e vapore. Uno dei pochi poli meri che può essere sterilizzato in questo modo è l’U:MWPE perché ha elevato MW e quindi elevato punto di fusione , mentre in generale i polimeri hanno temperature di transizione intorno ai 100°C.  Ossido di etilene : è un epos sido , tende a spezzare uno dei due legami di O e a legarsi al DNA degli organismi viventi, causando l’ alchilazione dei gruppi amminici . Poiché i polimeri sono simili alle molecole biologiche è possibile che si abbia u na modificazione della strutt ur a e delle proprietà di alcuni di essi. È un gas con punto di ebollizione a 11°C. Diffonde con estrema facilità in polimeri naturali e sintetici, raggiunge tutte le parti dell’oggetto ma è anche difficile da rimuovere. L’odore è percepibile a concentrazioni > 700ppm ma è tossico a > 1ppm. In con centrazioni in aria superiore al 3% è altamente esplosi vo e infiammabile. Si utilizza in miscele con clorofluorocarburi o 90% di anidride carbonica. L’ossido di etilene inattiva tutti i tipi di microrganismi, incluse le spore dei batteri e dei virus; reagi sce con molti componenti cellulari biologicamente importanti e vitali per il normale metabolismo e la riproduzione (costituenti di acidi nucleici, proteine). Il dispositivo, terminata la sterilizzazione, prima di poter essere utilizzato deve essere aerato adeguatamente in modo da espellere il gas assorbito (ventilazione forzata a 50/60°C in appositi armadi per 12/24 ore). Evacuazione = si toglie l’aria. Umidificazione = si aggiunge vapore acqueo (il processo è più efficace così). Esposizione = varia con le dimensioni del dispositivo (si parla di ore). Lavaggio con aria = immetto aria e ricreo il vuoto per togliere tutto l’ossido di etilene.  Radiazioni ionizzanti : o Fascio elettronico : elettroni accelerati e dotati di notevole energia; la penetrazione nel materiale dipende dall’energia e dalla densità del materiale. o Raggi gamma : onde elettromagnetiche (lunghezze d’onda simili a quelle dei raggi X) prodotte dalle transizioni nuclea ri durante la trasformazione del ������60 in �������60 ; possiedono una capacità di pe netrazione di dieci volte maggiore del fascio elettronico . Questi processi possono avvenire solo nelle aziende che si occupano di ciò nello specifico, ma questo espone a dei rischi: nel trasporto verso tale azienda possono crescere i batteri. Questi proces si inducono la ionizzazione dei DNA , inibendo il metabolismo e la riproduzione dei microrganismi. Non tutte le forme possono essere sterilizzate, sono radiazioni che funzionano come quella luminosa quindi possono rimanere delle zone d’ombra, ad esempio in strutture porose.  Sterilizzazione mediante plasma : esposizione della superficie dei prodotti a un gas, che è stato ionizzato da un campo di energia, cioè in cui sono presenti elettroni ed atomi o frammenti molecolari con cariche elettriche. Il plasma è car atterizzato da alte energie e temperature , problematico per i polimeri, ma è possibile generare plasma in condizioni di vuoto a minori energie e temp erature, ottenendo plasma freddo o a bassa pressione . Questo viene utilizzato per la sterilizzazione a temp erature inferiori ai 50°C , contiene ioni positivi, negativi e specie neutre e viene generato da un gas (�2,�2) a bassa pressione a cui vengono applicati campi elettrici ad alta frequenza (radiofrequenze o microonde). Utilizza inoltre basse conce ntrazioni di perossido di idrogeno vaporizzato , combinando i due effetti, tuttavia non tutti i materiali polimerici resistono all’ossidazione e il perossido di idrogeno è instabile, il che causa una ridotta capacità di penetrazione all’interno dell’oggetto da sterilizzare . In generale il processo ha un tempo di esposizione di circa 30 minuti . Quando distruggo una componente di un organismo, lo inattivo ma resta lì, non viene allontanato (bioburden ). Può comunque scatenare probl emi, come causare una risposta infiammatoria (sono pirogenici). Non basta ucciderli, vanno anche rimossi meccanicamente. Per questo, spesso si ricorre alla filtrazione . I pori del filtro sono più piccoli dei batteri, che quindi vengono allontanati. Non è efficace per muffe, lieviti e vi rus. Non si può usare per materiali solidi. Si può usare per filtrare i monomeri, che sono liquidi; in particolare, si filtrano quelli che costituiscono il PMMA. Biomateriali metallici Vengono impiegati spesso in impianti di tipo permanente (circa 20 anni)…  Sostituiscono la struttura ossea: o protesi d’anca ; o protesi di ginocchio ; o protesi di spalla ; o protesi di gomito ;  Odontoiatria (impianti dentali). … ma anche in impianti di tipo provvisorio :  Supporto durante la riparazione dell’osso (fratture, difetti): o mezzi di osteosintesi ; o fissatori esterni ; o distrattori ;  Ortodonzia. Sono materiali inorganici costituiti da elementi chimici a carattere metallico. Tutti i metalli, ad eccezione del mercurio, a temperatura ambiente si presentano allo st ato solido. Difetti e proprietà I metalli sono costituiti da un reticolo di ioni po sitivi disposti in modo ordinato e ripetitivo, immersi in una nube di elettroni (costituita dagli elettroni di valenza) diffusa in tutto il reticolo e libera di muoversi al suo interno. Il libero movimento degli elettroni spiega la buona conducibilità elettrica e termica dei materiali metallici e la loro lucentezza. I legami metallic i forti garantiscono una struttura cristallina che comporta elevate resistenza meccanica e tenacità . Si usano i metalli con peso specifico minore (prima riga della tavola). Con 8 materiali metallici si costruiscono oggetti con caratteristiche molto diverse tra loro grazie alle diverse forme dei reticoli cristallini. Il comportamento meccanico è influenzato dai difetti della struttura cristallina, quindi dalla dimensione e dall’orientamento dei grani.  Difetti di superficie : alla temperatura corporea i bord i di grano sono più resistenti a deformazione rispetto al cuore del grano (perciò vogliamo grani più piccoli ), sotto carichi elevati il materiale tende a fratturarsi secondo superfici che attraversano i grani e non lungo i bordi (frattura transcristallina o transgranulare).  Difetti lineari : si possono generare dislocazioni quando un materiale è soggetto a sollecitazione; se aumentano le dislocazioni, si possono “impilare” contro gli ostacoli, perciò risulta necessario uno sforzo maggiore per farle procedere (incrudimento , a temperatura ambiente ); a temperatura elevata si ha ricristallizzazione , cioè riassestamento della struttura e diminuzione delle dislocazioni pro dotte. Quindi i difetti di linea garantiscono deformabilità plastica a caldo e a freddo.  Difetti di punto : riguardano un singolo atomo nel reticolo cristallino (atomi sostituzionali, atomi interstiziali…). Grazie ad essi posso passare da una fase cristallina all’altra, permettono la mobilità degli atomi e lo spostamento delle dislocazioni . Pos so inoltre sfruttarli per passare da una forma allotropica a un’altra e posso usare diverse forme allotropiche stabilizzandole a determinate temperature per ottenere proprietà diverse dipendenti dai parametri reticolari. Queste transizioni sono importanti perché tipiche di materiali impiantabili nel corpo umano. Quella che ci interessa del ferro è quella stabile a temperature elevate. Del Ti invece ci interessano entrambe per motivi diversi , quindi l’obiettivo è riuscire a d averle presenti entrambe. I difet ti di punto, quindi, portano allotropia , passaggio da una fase cristallina a un’altra e possibilità di formare leghe (che hanno caratteristiche diverse rispetto ai metalli d’origine). Riassunto delle proprietà dei materiali metallici:  conducibilità termica ed elettrica e lucentezza , dovute alla mobilità degli elettroni di valenza;  elevato peso specifico , perché formati da elementi di alto numero atomico, ordinati in modo compatto;  elevata tenacità , dovuta al fatto che i legami metallici sono forti e la struttura è organizzata in reticoli;  deformabilità a caldo e a freddo grazie alla presenza di dislocazioni;  formano facilmente leghe , grazie ai difetti di punto. Leghe metalliche Una lega è un materiale metallico in cui coesistono diversi elementi che possono fare parte di uno stesso reticolo cristallino ( sostituzione ), o in cui si possono formare reticoli diversi per accomodare i nuovi atomi , o in cui possono essere presenti più fasi . Una fase è una porzione omogenea di un sistema che ha caratteristiche chimiche e/o fisiche uniformi . Ognuna delle fasi ha proprietà distinte ed esiste un limite o superficie di confine che separa le fasi . Come in una soluzione liquida, in una lega si hanno un soluto (sostanza presente in minor quantità) e un solvente (sostanza presente in maggior quantità); c’è un limite di solubilità dipendente da pressione e temperatura, oltre il quale si ha formazione di diverse fasi (ci sono elementi che , come sale e olio , non si sciolgono e si hanno due fasi, ma si ottien e comunque una lega). Il tenore è l’equivalente della concentrazione quando si parla di leghe. In una lega si ha formazione di:  soluzioni solide interstiziali : gli atomi di un elemento sono sufficientemente piccoli da poter occupare i vuoti tra gli atomi d el secondo elemento all’interno del reticolo cristallino. Solo elementi non metallici che hanno dimensioni atomiche sufficientemente piccole (C, N, H, B; si sciolgono nella matrice dell’elemento metallico) danno luogo a soluzioni interstiziali. C’è un limi te di solubilità .  soluzioni solide sostituzionali : gli atomi di un elemento prendono il posto degli atomi del secondo elemento all’interno del reticolo cristallino di quest’ultimo. Solo poche coppie di metalli molto simili tra loro per dimensioni, elettron egatività e reticolo cristallino (Cu e Ni, Au e Ag) danno luogo a soluzioni solide sostituzionali. Può esserci un limite di solubilità .  fasi intermedie : sono fasi costituite da reticoli cristallini differenti da quelli degli elementi puri che le compongono e caratterizzate da particolari rapporti tra i due elementi che l e compongono. Si forma un reticolo cristallino di compromesso , diverso dai due di origine e adatto a entrambi i materiali.  presenza di più fasi : la lega è composta da almeno due reticoli cristallini diversi . Si formano più fasi quando ad un metallo puro viene aggiunto un elemento di lega in tenore superiore a quello di massima solubilità in soluzione solida e non è esattamente corrispondente ad una fase intermedia. C’è una superficie di se parazione tra le fasi. Non tutti i metalli sono adatti alle applicazioni in campo biomedico, a seconda di:  peso specifico (biocompatibilità anatomica);  corrosione;  tenacità, resistenza meccanica, resistenza a fatica;  stress shielding. Usiamo pochi elementi metallici ma le loro proprietà variano grandemente in base a:  allotropia e polimorfismo (studiabili su diagrammi di fase);  dimensione dei grani;  leghe (una lega composta da due materiali è detta binaria, ecc);  lavorazione. Come biomateriali usiamo solo le ghe:  acciai inossidabili (leghe Fe/C ) austenitici + Cr>12% (+ martensitici);  leghe di cobalto , composte da Co>34% e Cr>19% e altri metalli, ottenute per getto (da fuso) o per deformazione plastica (Ni come elemento di lega) (diverse lavorazioni implicano diverse proprietà) ;  leghe di titanio , contengono Al, V ed eventuali altri elementi, con fasi α e β . Diagrammi di fase I diagrammi di fase sono rappresentazioni grafiche della combinazione di pressione e temperatura, composizione ed altre variabili che definiscono quali specifiche fasi esistono all’equilibrio e quali trasformazioni si possono aspettare al variare di uno dei parametri. Per ogni temperatura si possono leggere le fasi presenti e la composizi one chimica di ciascuna fase. Nello specifico, i diagrammi di fase delle leghe descrivono le trasformazioni che avvengono nelle leghe metalliche in condizioni di equilibrio termodinamico. Se la pressione assunta è costante, ad 1 atm per ogni temperatura si possono leggere le fasi presenti, la composizione chimica di ciascuna fase e quantità relativa di ciascuna fase. I sistemi binari isomorfi sono sistemi in cui c’è una completa solubilità tra i due componenti della lega metallica (sia nella fase solida s ia nella fase liquida). Al di sotto della linea del solido esiste solo la fase solida ( α) mentre al di sopra della linea del liquido esiste solo la fase liquida (L). La transizione di fase avviene, per i sistemi ad un unico componente, ad una determinata t emperatura, mentre nei sistemi a più componenti avviene tra la linea del liquido e la linea del solido. I sistemi binari eutettici sono sistemi in cui c’è una limitata solubilità tra i due componenti della lega metallica (es. leghe Ag -Cu). Ci sono tre regioni in cui è presente un’unica fase:  α: soluzione solida di Ag in una matrice di Cu;  β: soluzione solida di Cu in una matrice di Ag;  L: liquido. Ci sono tre regioni in cui coesistono due fasi ( α+L), (α +β), ( β+L). I sistemi binari eutettoidi sono simili alle eutettiche ma separano una fase solida da nuove fasi solide. Leghe ferro -carbonio Sono leghe formate da Fe, metallo, e C, non metallo. In base al tenore di carbonio si d ividono in:  acciaio : carbonio da 0.06% a 2.06%;  ghisa : carbonio da 2.06% a 6.67%. Diagramma di fase delle leghe Fe/C Il diagramma di fase di queste leghe presenta 4 fasi solide :  ferrite -α: struttura CCC, stabile fino a 911°C;  austenite -γ: struttura CFC, stabile nell’intervallo 911°C -1392°C;  ferrite -δ: struttura CCC (ma con parametri reticolari diversi) , stabile fino alla temperatura di fusione 1536°C;  cementite -(������������ ��): composto inter - metallico carburo di ferro , stabile a temperature molto basse . C è un atomo interstiziale nel reticolo del Fe. I precipitati, che si formano quando aggiungo C in quantità maggiore rispetto al suo tenore di solubilità (in forma di cementite, non C) , ostacolano il movimento delle dislocazioni, risulta quindi più difficile deformare plasticamente il materiale. Cosa succede al ferro puro in funzione della temperatura? A basse temperature si ha ferrite, poi austerite, poi ferrite -δ e infine ferro fuso. Cosa succede quando aggiungo il carbonio? La temperatura di fusione aumenta, cioè cambia il campo di esistenza della ferrite; se aggiungo troppo C, ottengo due fasi, ferrite+cementite. In sostanza, le transizioni delle diverse fasi si modificano in base al tenore di carbonio . =l tenore di carbonio che l’austenite può accogliere è maggiore di quello del la ferrite perché hanno reticoli cristallini diversi. In generale queste transizioni avvengono tramite raffreddamenti e riscaldamenti molto lenti, gli atomi hanno tempo di riorganizzarsi nella situazione di minima energia. Tramite trattamenti termi ci è possibile ottenere strutture di non equilibrio termodinamico. Viene riscaldato il materiale ad una T indefinita, poi viene mantenuta, poi si ha il raffreddamento a velocità controllata. Si ottengono varie proprietà, sia meccaniche sia macroscopiche. Que sti trattamenti sono:  raffreddamento lento (diagramma di stato): da 930°C (austenite) a 500°C (perlite = ferrite - α + cementite);  tempra : riscaldamento a T in cui Fe -γ è stabile, poi si applica un raffreddamento rapido. Si ottiene una particolare struttura martens itica in cui si hanno grani molto fini di cementite dispersi in una matrie di ferrite; la durezza è molto elevata; il reticolo cristallino risulta distorto perciò si ha notevole fragilità;  riscaldamento veloce da 930°C: da austenite si ottiene marte nsite (reticolo tetragonale), con distorsione del reticolo CCC allo stato metastabile. Corrosione È un processo elettrochimico che avviene in acqua (anche umidità atmosferica) ma anche per contatto con altri materiali o ad opera di alcuni microrganismi . Avviene solo per materiali metallici perché hanno la necessaria mobilità degli elettroni. È un processo che comporta il contemporaneo verificarsi di:  ossidazione : Me → Me z++ ze , si ha perdita di elettroni . È un processo spontaneo all’aria e porta alla formazi one di uno st rato di ossido (materiale ceramico) . Ci sono metalli su cui si formano strati di ossido molto compatti e omogenei, senza difetti (Al), altri meno (Mg).  riduzione : legato all’aggressività dell’ambiente. =n presenza di ossigeno si ha riduzione d i ossigeno ( 1 2⁄ O2+ H2O + 2e−→ 2O H−); in assenza di ossigeno si ha sviluppo di idrogeno (2H++ 2e− → H2). Gli elettroni possono essere impiegati nel processo di riduzione dell’idrogeno da H2 o dell’ O2. Ciò avviene nella cella di corrosione. Perché un processo di corrosione possa avvenire, l’aggressività dell’ambiente (potenziale di riduzione) deve superare la resistenza del metallo a essere ossidato (potenziale di ossidazione). Cosa avviene agli ioni metallici in seguito a ossidazione? Possono rimanere in soluzion e o reagire con gli elettroliti eventualmente presenti in soluzione formando precipitato solido . In alcuni casi si può formare un film (passivazione ) che può essere un’efficace protezione e prevenire ulteriore corrosione (la corrosione non avviene sui mate riali ceramici) . I materiali che formano uno strato di ossido sono i più resistenti e sono quelli che vengono utilizzati in ambito biomedico. La lega Fe/C/Cr forma un ossido stabile sulla superficie. La velocità di corrosione è un parametro che misura il passaggio di elettroni; è esprimibile come densità di corrente elettrica che passa tra catodo