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Biomedical Engineering - Biomateriali

Osteointegrazione

Divided by topic

2 SOMMARIO Tessuto osseo - PREREQUISITI ................................ ................................ ................................ ................ 3 Matrice extracellulare ................................ ................................ ................................ ......................... 3 Cellule ................................ ................................ ................................ ................................ .................. 4 Osteogenesi ................................ ................................ ................................ ................................ ............ 5 Osteoinduzione ................................ ................................ ................................ ................................ ... 5 Oste oconduzione ................................ ................................ ................................ ................................ 5 Osteointegrazione ................................ ................................ ................................ ............................... 5 Modifiche di superficie ................................ ................................ ................................ ........................... 6 Bioispiraz ione e Biomimesi ................................ ................................ ................................ ................. 6 Da materiali bioinerti a materiali bioattivi ................................ ................................ .......................... 8 Metodi Meccanici ................................ ................................ ................................ ............................. 10 Molatura (Grinding) e lucidatura (Polishing) ................................ ................................ ................ 10 Finitura (Drag finishing) ................................ ................................ ................................ ................ 10 Sabbiatura (Blasting) ................................ ................................ ................................ ..................... 11 Metodi Fisici ................................ ................................ ................................ ................................ ...... 11 Thermal spraying processes ................................ ................................ ................................ .......... 11 Physical vapour deposition ................................ ................................ ................................ ........... 11 Sputtering deposition - APPROFONDIMENTO ................................ ................................ .............. 12 Metodi Chimici ................................ ................................ ................................ ................................ .. 12 Mordenzatura (Etching) ................................ ................................ ................................ ................ 12 Metodo Kokubo ................................ ................................ ................................ ............................ 13 Metodi Elettrochimici ................................ ................................ ................................ ....................... 15 Anodic oxida tion ................................ ................................ ................................ ........................... 15 Anodic spark deposition ................................ ................................ ................................ ................ 15 Metodi Biochimici ................................ ................................ ................................ ............................. 16 Esempi Applicativi ................................ ................................ ................................ ................................ . 17 Spine Fusion ................................ ................................ ................................ ................................ ...... 17 Impianti Dentali ................................ ................................ ................................ ................................ 17 Possibili domande d’esame ................................ ................................ ................................ .................. 20 Bibliografia ................................ ................................ ................................ ................................ ............ 22 3 TESSUTO OSSEO - PREREQUISITI M ATRICE EXTRACELLULAR E La matrice extracellulare dell’osso è composta al 77% da componente inorganica (calciofosfati e una porzione minore di carbonati di calcio ) e al 23% da componente organica, di cui una grossa percentuale è di collagene di tipo I, con percentuali minori di altre tipologie di collagene e altre proteine. Si può notare una struttura altamente organizzata con alternarsi di strati minerali a strati organici. Le unità funzionali del tessuto osseo maturo sono le lamelle, che sono organizzate in due tipologie di strutture: ● L’osso corticale , o compatto, presenta una struttura altamente organizzata e ripetitiva composta dagli osteoni. Ogni osteone è a sua volta composto da una serie di lamelle concentriche centrate su un canale detto di Havers, nel quale corrono i vasi sanguigni e i nervi. I canali di Havers sono posti in comunicazione attraverso ulteriori canali trasversali, detti di Volkmann. All ’interno di un osteone, sul confine tra lamelle contigue sono situate le lacune, piccoli pori sede degli osteociti, che comunicano tra loro attraverso i canalicoli. Analizzando il sistema Haversiano nella scala dimensionale, si nota una struttura gerarchic a altamente organizzata, passando dai circa 100 µm del diametro dell’osteone ai circa 500 nm del diametro di una singola fibrilla di collagene. ● L’osso trabecolare , o spongioso, presenta le lamelle con disposizione priva di orientamento preferenziale. La caratteristica principale dell’osso spongioso è l’alta porosità, che si avvicina al 90%. Figura 1 . Struttura ossea [1] . Figura 2 . Struttura gerarchica dell’osso dalla macroscala alla scala atomica [2] . 4 CELLULE La componente cellulare dell’osso comprende: ● Cellule osteoprogenitrici : si trova no principalmente nel periostio (strato fibroso che ricopre la superficie esterna dell’osso) e nell’endostio (strato fibroso che ricopre il canale endomidollare) e possono differenziarsi in osteoblasti. ● Osteobl asti : responsabili della produzione di nuova matrice ossea. Una volta terminato il compito, rimangono circondati dalla matrice appena depositata e si differenziano in osteociti. ● Osteociti : sono i responsabili del mantenimento dell’omeostasi dell’osso. Gli osteociti sono cellule con forma irregolare e presentano diverse protuberanze che si estendono nei canalicoli, mettendo in comunicazione cellule allocate in lacune distanti e permettendo lo scambio di nutrienti, nonché la trasmissione degli stimoli meccani ci, che sono parte integrante del processo di meccanotrasduzione, che a sua volta rappresenta uno degli input per il rimodellamento e riassorbimento osseo. ● Osteoclasti : cellule polinucleate che non provengono dalla stessa lin ea cellulare delle sopracitate e sono responsabili del riassorbimento della matrice ossea. Figura 3 . Classificazione delle cellule che compongono l’osso è [3] . 5 O STEOGENESI L’osteogenesi, processo noto anche come ossificazione, è il fenomeno di formazione di nuovo tessuto osseo. Sono stati individuati due possibili modi in cui avvie ne il deposito di matrice ossea: per via diretta, anche nota come ossificazione intramembranosa, o per via indiretta, anche nota come ossificazione endocondrale. I n quest’ultima si ha il deposito di matrice ossea su una pre -esistente matrice cartilaginea. Il rimodellamento osseo è un processo dinamico di deposito diretto e riassorbimento di matr ice ossea sulla base di stimoli che possono essere chimici, meccanici, o combinazioni di questi. Studiare le propri età legate all’osteogenesi assume particolare importanza in quanto serve per valutare l’impatto che un eventuale impianto ha sul rimodellamento osseo. OSTEOINDUZIONE L’osteoinduzione è il processo fisiologico della formazione dell’osso e si attiva quando l e cellule progenitrici degli osteoblasti ricevono lo stimolo di produrre matrice ossea, in quel caso le cellule si differenziano in osteoblasti per iniziare la produzione di tessuto osseo. Un controllo degli stimoli si traduce in controllo della formazione di matrice ossea. Sono diversi gli stimoli che portano le cellule staminali a differenziarsi, tra questi ci sono le proteine in grado di favorire la formazione dell’osso che vengono rilasciate in caso di rottura dell’osso. Le BMP sono le prime proteine ch e si formano quando c’è una rottura dell’osso. Meno studiati sono gli stimoli fisici come stimoli meccanici, elettrici o magnetici. Se ci fosse la possibilità di implementare queste funzionalità in un materiale, allora tale materiale si direbbe biofunziona le. OSTEOCONDUZIONE L’osteoconduzione è la capacità del tessuto osseo di ricrescere sopra una superficie. L’osso è in grado di crescere non solo sulla superficie ma anche all’interno dei pori e dei canali. L’osso si adatta e prende la forma della superfici e sottostante. OSTEOINTEGRAZIONE L’osteintegrazione pone l’accento sull’ancoraggio. Al termine osteointegrazione possono essere associate definizioni diverse. Dal punto di vista istologico si richiede l’ancoraggio diretto tra osso e impianto, senza la cres cita di tessuto fibroso interposto, ovvero una membrana collagenosa che isola l’impianto dall’ambiente esterno in caso di risposta infiammatoria; dal punto di vista meccanico è richiesto un ancoraggio che annulli i micromovimenti relativi tra osso e impian to [4 ]. Quindi la definizione di osteointegrazione non è univoca, tanto che ancora oggi gli articoli scientifici riportano le interpretazioni di quello che è noto, consapevoli dell’inc ompletezza delle informazioni [5 ]. Sulla base di questo, i test per valu tare l’osteointegrazione tengono in considerazione entrambe le definizioni e cercano di misurare parametri ad esse legati, come ad esempio lo spessore della capsula fibrotica che si forma all’interfaccia e l’ampiezza dei micromovimenti, oltre alla valutazi one della ricrescita ossea, che rimandano quindi alle definizioni di ost eoinduzione e osteoconduzione. 6 M ODIFICHE DI SUPERFIC IE BIOISPIRAZIONE E BIOMIMESI La superficie ha un ruolo centrale nei materiali del futuro. Il concetto di bio -ispirazione riguarda la risoluzione di problemi ingegneristici osservando e mimando le tattiche che ha trovato la natura. Un esempio sono le foglie di loto che tramite la formazione di microcapillari e nanorivestimenti hanno reso la loro superficie superidrofobica. N ella biomimesi , invece, l’accento è posto sulla caratteristica che vogliamo imitare. È difficile quindi fare una netta distinzione tra i due termini e la differenza tra superfici bioispirate e la biomimesi è sottile. Nell’ingegneria dei tessuti o nei model li in vitro possiamo ispirarci ai tessuti naturali e quello che otteniamo mimerà le caratteristiche dei tessuti naturali. Figura 4. La superficie ha un ruolo chiave per l’osteointegrazione, per la resistenza a corrosione, per le infezioni e per la bioatt ività. Nell’ambito della ricrescita del tessuto osseo si può parlare di osteointegrazione, osteoinduzione e osteoconduzione. Dunque per capire se un impianto è abbastanza osteointegrato è necessario studiare la superficie dei materiali all’interfaccia osso -impianto. In particolare è importante conoscere l’organizzazione strutturale dell’interfaccia; questo significa sapere come sono orientate le fibrille di collagene, se sono presenti particelle di osteoapatite e se queste sono integrate tra loro. Figura 5. È quindi molto importante focalizzare l’attenzione sulla superficie dell’osso. Un dispositivo si dice osteointegrato se è in grado di promuovere la ricrescita dell’osso, con una struttura uguale a quella dell’osso naturale, a tutte le scale di grandezza , da quella macroscopica a quella atomica. 7 Figura 6. Bioispirazione a tutte le scale di grandezza [5]. Un’analisi riporta i risultati raccolti da vari gruppi di articoli che analizzano le interfacce di vari tipi di sistemi osteointegrati, in cui vengono osservati differenti arrangiamenti della microstruttura, ad esempio: ● Gruppo A : una larga zona di fibrille non mineralizzate e una zona sottile e poco densa; ● Gruppo B : non si osserva alcuna interfaccia fra tessuto osseo naturale e protesi in titanio; ● Gruppo F: zona in cui sono presenti fibrille di collagene finemente mineralizzate; ● Gruppo H : presenza di Apatite. Figura 7. Possibili risultati dopo un test di osteointegrazione [5]. Le differenze microstrutturali delle varie interfacce vengono attribuite principalmente al metodo di preparazione del campione. Altri fattori possono includere gli effetti del modello animale e la scala temporale delle prove sperimentali. Ciò che viene sempre osservato dell’interfaccia è la presenza di una zona eterogenea, che può essere costituita da diversi elementi, non sempre presenti oppure presenti con differenti composizioni: ● Zona mineralizzata, parzialmente mineralizzata e non mineralizzata; ● Fibrille di collagene legate a una particolare struttura di idrossiapatite (con particolari ioni come dopanti e con presenza di carbonati); ● Proteine che non hanno nulla a che vedere con il collagene ma sono ugualmente fondamentali nella formazione di matrice ossea, e in particolare si distinguono l’osteopontina, la sialoproteina ossea e l’osteocalcina. 8 In conclusione, sulla base delle conoscenze attuali e dei dati ad oggi disponibili, se vogliamo creare una buona interazione tra materiale e superficie, bisogna considerare che l’interfaccia tra impianto e superficie dell’osso dev e contenere almeno le fibrille di collagene mineralizzato e gli osteociti, che sono in grado di stabilire e mantenere la connettività fisica con la superficie dell’impianto. Tuttavia molti aspetti rimangono ancora irrisolti. Una possibile strada da percorr ere potrebbe essere quella di “bioispirarsi” all’osso, per imitare delle superfici che riproducano la struttura ossea dalla macroscala fino alla scala atomica, attraverso tecniche di modifica superficiale avanzate: ● Additive Manufacturing (AM) per realizzar e strutture metalliche porose ; ● Anodic Oxidation (AO) per la realizzazione di superfici microstrutturate ; ● Lavorazioni alle macchine utensili (Machining) e attacco chimico (Acid Etching) che creano dei solchi submicrometrici ; ● Tecniche laser e PVD (Physical V apour Deposition) che realizzano modifiche superficiali a livello nanometrico . DA MATERIALI BIOINERT I A MATERIALI B IOATTIVI Le modifiche superficiali sono in grado di promuovere la produzione di fattori di crescita che sono di due tipi: i fattori osteogeni ci e i fattori angiogenici.  I fattori osteogenici sono necessa ri per la ricrescita dell’osso.  I fattori angiogenici permettono di portare i nutrienti al tessuto osseo man mano che si forma; questo è necessario perché senza la promozione della formazione di capillari, l’osso diventerebbe necrotico. La regolazione di questi fattori di crescita incoraggia la produzione di proteine morfogenetiche come le BMP; diminuiscono così i fattori infiammatori e creano un substrato più stabile da un punto di vista meccanico. Nel caso di una superficie metallica è solitamente presente uno strato di ossido e uno strato di contaminazione . Questi agenti contaminanti possono derivare dall’atmosfera oppure dai processi di lavorazione a cui viene sottoposto il materiale. Inoltre la superficie è preparata e lavorata e ci sarà uno strato che è stato deformato plasticamente. Le lavorazioni crean o superfici diverse dal punto di vista meccanico. Per passare da una superficie inerte ad una superficie bioattiva , bisogna prima di tutto rimuovere la contaminazione, questo avviene tramite lavaggio. L’obiettivo è avere un elevato controllo della superfic ie del metallo, infatti controllando la superficie si è in grado di controllare anche la risposta biologica che avviene tra osso e impianto. Figura 8. Processo di eliminazione dei contaminanti. 9 Per modificare le superfici con lo scopo di miglio rare l’osteointegrazione esistono diversi metodi: meccanici, fisici, chimici, elettrochimici, biochimici. Figura 9. Possibili metodi di modifica superficiale per favorire l’osteointegrazione. 10 M ETODI M ECCANICI I metodi meccanici hanno un effett o sulla topografia superficiale. Molatura ( Grinding) e lucidatura ( Polishing) La molatura e la lucidatura si basano su un meccanismo di usura per abrasione e consistono in una mola, di durezza maggiore rispetto a quella del metallo, che ruota sulla superficie del metallo stesso. =n corrispondenza dell’interfaccia metallo -mola vi è u n sistema di raffreddamento che previene surriscaldamenti dovuti a dissipazione per attrito, che altrimenti causerebbero dei trattamenti termici incontrollati. Vi sono anche configurazioni diverse, in cui il metallo da trattare viene mantenuto fisso facend o muovere soltanto la mola, e viceversa. La molatura e la lucidatura si distinguono principalmente per il tipo di rugosità che può essere raggiunta e per il tipo di particelle utilizz ate per abradere la superficie. Le particelle possono avere una granulome tria diversa: ➔ Molatura (Grinding): R a= 1 -6 µm; particelle grossolane. ➔ Lucidatura (Polishing): R a£ 0,1 µm; grani molto fini (SiC, Allumina, Diamante). Figura 10. Processo di molatura (sinistra) e di lucidatura [6] (destra). Finitura (Drag finishing) La f initura è un metodo di molatura alternativo in cui gli oggetti vengono fatti ruotare all’interno di un grande recipiente contenente delle particelle ceramiche a elevata durezza. Questa tecnica conferisce un effetto levigante alla superficie, modificandone la rugosità. Figura 11. Processo di finitura e componenti della protesi di ginocchio prima e dopo la lavorazione [7] . Un limite di queste tecniche è che, nonostante siano molto utili per rimuovere lo strato di ossido spontaneo, inducono una deformazione plastica superficiale, anche a caldo. Inoltre, il distacco per usura di piccole parti del materiale della mola può contaminare la superficie del metallo; alcune particelle, infatti, possono restare inglobate nella superficie, portando a usura da terzo cor po dell’impianto in vivo. Di conseguenza, dopo queste tecniche si rendono necessari ulteriori passaggi di purificazione. 11 Sabbiatura (Blasting) La sabbiatura è una tecnica meccanica che prevede il bombardamento della superficie con particelle ceramiche di e levata durezza, che possono cambiare in dimensione (granulometria) o nella tipologia, ottenendo così effetti di rugosità molto diversi: da 0,5 -1,5 µm a 5 -6 µm. Serve inoltre per pulire la superficie e per irruvidirla. La sabbiatura è usata anche per modifi care la composizione chimica della superficie: spesso le particelle rimangono inglobate sulla superficie. Questo fenomeno può essere sfruttato a proprio vantaggio, scegliendo ad esempio di bombardare la superficie con particelle di idrossiapatite (HA), che favorisce l’osteointegrazione. M ETODI FISICI Thermal spraying processes La tecnica Thermal spray è la stessa tecnica con cui si preparano i coatings di idrossiapatite. Sono piuttosto spessi (dell’ordine dei mm) e prevedono la spruzzatura e la fusione cont emporanea delle particelle di idrossiapatite, che vengono accelerate e all’impatto si fondono sulla superficie. =l thermal spray ing processes è molto utilizzato anche per depositare altri tipi di coatings. Tuttavia, a causa dell’elevato spessore, si pone u n problema di sfasamento tra le proprietà meccaniche del coating e quelle del substrato: rivestimenti troppo spessi possono portare nel caso più catastrofico alla delaminazione e quindi al distacco dal bulk. Esemplare è la tecnica del Plasma Thermal Spray, mediante la quale la fiamma viene generata tramite iniezione di un gas ionizzato (plasma), ge nerato da una scarica ad arco. L a proiezione delle polveri di idr ossiapatite avviene mediante l’ impiego di tale fiamma, come mostr ato nella seguente figura . Figura 12. Thermal spray process [ 8]. Physical vapour deposition Con le tecniche di Physical vapour deposition si ottengono film molto sottili (circa 10 -100 nm). Queste tecniche consistono nel fare evaporare il materiale che costituisce il coating da una fonte, che può essere liquida o solida. =n seguito all’evaporazione dalla fonte, il materiale viene trasportato , nella sua forma atomica o molecolare, sul substrato da rivestire (target). Per garantire il trasporto e la deposizione controllati (senza presenza di contaminanti) è necessario operare in una camera da vuoto (vacuum chamber) e in condizioni di Alto vuoto e Ultra -alto vuoto. Esistono diversi metodi di evaporazione del materiale da solido o da liquido (effetto Joule, fascio di elettroni, plasma sputtering, ablazione laser, arco catodico). Con questa tecnica è possibile depositare contemporaneamente metalli di diverso tipo sulla superficie per ottenere una lega come rivestimento, migliorando così alcune proprietà come la durezza, la resistenza alla corrosione, le proprietà di barriera e l’osteointegrazione. =n questo modo è possibile combinare strati diversi per ottene re dei rivestimenti multilayer. =nfine è possibile condurre reazioni chimiche all’interno della camera, tra il metallo in fase vapore e altri gas iniettati dall’esterno, per depositare ad esempio nitruri, carburi o ossidi di metalli. 12 Le tecniche PVD hanno il grande vantaggio di poter controllare la stechiometria e lo spessore del rivestimento depositato, rendendole particolarmente versatili per molte applicazioni. Sputtering deposition - APPROFONDIMENTO Un classico esempio di tecnica PVD è la depo sizione per Sputtering. Nella camera da vuoto sono presenti un elettrodo negativo (catodo) e uno positivo (anodo). Il catodo corrisponde al materiale con cui si vuole realizzare il rivestimento (chiamato anche target), mentre l’anodo corrisponde alla super ficie del substrato da rivestire. Dopo l’evacuazione della camera (bisogna raggiungere condizioni di Medio vuoto con una pressione pari a 0,1 -10 Pa) viene introdotto un gas neutro, tipicamente argon, che serve come mezzo in cui una scarica a bagliore viene innescata e sostenuta. La scarica serve per ionizzare positivamente l’argon, che in seguito all’applicazione di un potenziale negativo viene accelerato verso il catodo. L’impatto del gas ionizzato (plasma) contro il target fa sì che le specie neutrali ven gano espulse (sputtered) per effetto del trasferimento elastico di quantità di moto, e vengano accelerate dalla differenza di potenziale verso il substrato. Tutte queste specie, provenienti dal catodo, vanno dunque a depositarsi sulla superficie dell’impia nto (anodo), costituendo così il rivestimento . Figura 13. Sputtering deposition [9]. M ETODI CHIMICI Con i metodi chimici s i vuole modificare la composizione chimica e la microstruttura delle superfici attraverso reazioni chimiche, per lo più reazioni aci do/base. Mordenzatura (Etching) =l metodo di Etching può essere acido o alcalino: sfruttando l’attacco acido (o alcalino), viene fatto dissolvere lo strato di ossido superficiale formato spontaneamente, per ricrearlo in seguito con le dimensioni e la strut tura desiderati utilizzando altre tecniche. Può provocare come effetto secondario l’irruvidimento della superficie. Un esempio tipico di Etching acido è l’impiego di una soluzione concentrata di HF (1 -5% vol.) e HNO 3 (10 -30% vol.) per rimuovere l’ossido di titanio (TiO 2) nativo. In seguito, utilizzando una soluzione di HCl o H 2SO 4, viene ricreata una superficie microstrutturata c on un pattern specifico come mostrato nella seguente figura . Figura 14. Immagine al SEM: le fossette hanno un diametro pari a circa 5 μm [10] . 13 Metodo Kokubo Tadashi Kokubo [11] è un personaggio storico nella scienza dei biomateriali. Si occupa di superfici, osteointegrazione e di formazione di layer di idrossiapatite. Nel 1990 ha studiato i biov etri e si è posto il problema di cercare di riprodurre ciò che accade ai biovetri in vivo. Sostanzialmente si è chiesto il motivo per cui i biovetri possono formare sulla loro superficie depositi di idrossiapatite (HA), caratteristica che li rende bioa ttivi. Soprattutto intendeva prevedere se i biovetri che stava sviluppando avrebbero precipitato l’:A sulla superficie prima di testarli in vivo: voleva insomma trovare un test in vitro sufficientemente rappresentativo della situazione che si crea in vivo. L’ipotesi era che se immergendo il campione in una certa soluzione, esso producesse idrossiapatite, questo sarebbe successo anche in vivo. Propone quindi il Simulated Body Fluid (SBF), con lo scopo di simulare più possibile ciò che avviene in vivo quando si impianta un biovetro: il pH e la concentrazione di ioni sono circa uguali a quelli del plasma umano . Gli SBFs hanno avuto successo e sono stati anche modificati per rispondere a esigenze diverse. Basti pensare agli r -SBF (rev ised SBF), m -SBF, i -SBF, c -SBF : si cerca di cambiare soprattutto la concentrazione di ioni Mg2+, Ca2+, Cl - ecc. per simulare diverse condizioni. In particolare, per accelerare la deposizione di Calcio -Fosfati (CPs), si sono realizzate soluzioni SBF -2x e SBF -4x, in cui si aumenta la concentrazione di ioni 2 volte e 4 volte rispettivamente. Tabella: c omposizione chimica del plasma umano (a sinistra) e dei principali tipi di SBF . Nel 1994 e nel 19 96 comincia ad applicare gli SBF alle superfici di titanio, per verificare se anche in questo caso viene indotta la precipi tazione e la deposizione di HA. Sviluppa così il “trattamento Kokubo”, ovvero un insieme di operazioni per fare in modo che il titani o, una volta immerso negli SBFs, nuclei idrossia patite sulla sua superficie. Il trattamento Kokubo è un metodo chimico che consiste nel realizzare un etching alcalino sulla superficie del campione in titanio, per poi immergerlo in un SBF. Questo metodo c on siste in 4 fasi: 1. Immersione della superficie in una soluzione concentrata di NaOH 5 -10M, a 50°C e per 24h. 2. Risciacquo e pulizia della superficie per rimuovere i residui di NaOH, seguito da asciugatura a 40°C per 24h. I primi due step provocano la formazion e di uno strato superficiale di sodio titanato amorfo (Na 2TiO 3). 3. Trattamento termico a 600 -800°C per 1h, per ottenere un passaggio dello strato di sodio titanato dalla fase amorfa a quella cristallina. 4. Immersione della superficie di sodio titanato cristall ino in SBF: cominciano a precipitare su di essa ioni calcio e fosfati (Ca 2+ e PO 42- rispett ivamente) per formare in seguito uno strato di idrossiapatite. 14 Durante l’immersione nella soluzione alcalina gli atomi di titanio più es terni acquisiscono dei gruppi - O:, rendendo così la superficie idrofilica: la superficie viene idratata. Dopo l’immersione in SBF, gli ioni positivi Ca 2+ vengono attratti dai gruppi -OH della superficie idratata, e sostituendosi agli ioni Na + formano un layer esterno di calcio titanat o amorfo (CaTiO 3). Di conseguenza, gli ioni negativi fosfato (PO 42-) vengono attratti verso la superficie a causa dell’accumulo di carica positiva dovuta alla precipitazione di ioni calcio. Dalla combinazione tra ioni fosfato e ioni calcio si genera infine uno strato metastabile di calcio -fosfato amorfo (apatite): il rapporto stechiometrico Ca/P risulta uguale a quello tipico dell’apatite dell’osso naturale. Successivamente, sempre durante l’immersione nel SBF, il layer di apatite amorfa si converte in apat ite cristallina sfruttando la presenza di ioni liberi presenti in soluzione. Il processo è descr itto schematicamente nella seguente figura . Figura 15. Rappresentazione schematica delle 4 fasi del processo di deposizione di calcio -fosfati su un substrato di biossido di titanio. Da sinistra verso destra: formazione titanato di sodio e idratazione del layer più esterno (A), deposizione di ioni calcio (B), d eposizione di ioni fosfato (C), nucleazione e crescita dei grani di apatite (D). Tuttavia sussiste ancora il problema della predicibilità, ovvero se questo trattamento riesce a simulare più fedelmente possibile la bioattività delle superfici che si stanno studiando in vivo . Bisogna capire innanzitutto se il materiale impiantato in vivo è in grado di nucleare idrossiapatite, e lo stesso si fa in parallelo con i test in SBF, per dimostrare che il trattamento riesce a riprodurre effettivamente la situazione in vivo. È un problema di validazione: sono stati studiati espianti realizzati in Ti6Al4V per osservare se è avvenuta effettivamente la nucleazione di HA e in quale quantità, e successivamente si è testato un campione in soluzione SBF per dimostrare che anch e in vitro l’idros siapatite si deposita e nuclea. Quindi, confrontando quantitativamente l’:A depositata sul campione in vitro con quella che ha nu cleato sulle protesi espiantate (in vivo), si è potuto valutare sistematicamente la validità del metodo Kokub o. La necessità di questa verifica nasce non solo dal dubbio che il trattamento in soluzioni SBF possa effettivamente mimare ciò che accade in vivo, ma anche dalla possibilità di estendere questo metodo anche ad altri materiali e superfici. L’articolo si c onclude con la consapevolezza che il test in vitro in SBF funziona bene per predire la bioattività in vivo di un metallo, limitando così l’uso di animali. In un altro lavoro del 2016, T. Kokubo verifica la validità del suo metodo sulle leghe di titanio bet a. Conclude anche questa volta che il test in vitro SBF risulta uno strumento facile, riproducibile ed efficace, utilissimo per predire la bioattività dei metalli in vivo, aggiungendo infine che il trattamento permette di velocizzare lo sviluppo di nuovi m ateriali. 15 M ETODI ELETTROCHIMICI I metodi elettrochimici sono trattamenti che modificano la topografia superfi ciale e la composizione chimica. Anodic oxidation Nell’ossidazione anodica il campione di titanio diventa l’anodo di una cella elettrolitica. =l titanio si ossida di proposito applicando una differenza di potenziale: all’interfaccia metallo -ossido avviene la seguente reazione: ������������ ⟺ ������������ 2++ 2������− Mentre all’interfaccia ossido -elettrolita (acqua) avvengono le reazioni: 2������2������ ⟺ 2������2−+ 4������+ 2������2������ ⟺ ������2(������������������ )+ 4������++ 4������− Combinando le reazioni si ottiene la formazione di ossido di titanio: ������������ 2++ 2������2−⟺ ������������������ 2+ 2������− L’ossido di titanio che si forma si trova nella forma cristallina anatasio, che è anche la forma più attiva nella nucleazione dell’idrossiapatite. È una forma attiva anche per diversi effetti: è in grado, per esempio, di degradare i contaminanti presenti nell’atmosfera. =n questo caso l’ossido viene attivato attraverso lampade UV, permettendogli di degradare gli idrocarburi prese nti in aria (superfici autopulenti). Lo spessore dello strato di ossido che si forma dipende dalla differenza di potenziale applicata, mentre la composizione è controllata dagli ioni metallici che possono essere introdotti nell’elettrolita (ad esempio ioni Ag + per rendere la superficie antibatterica, o ioni Sr 2+ per renderla osteoconduttiva). Si possono anche introdurre soluzioni arricchite di calcio -fosfati (CPs) . Anodic spark deposition L’Anodic Spark Deposition è una particolare ossidazione anodica in cu i si formano micro -scintille sulla superficie che la fondono localmente andando a produrre una superficie mesoporosa. Anche in questa tecnica è possibile variare lo spessore dello strato di ossido, la morfologia e molti altri parametri. Figura 16. Superf icie dopo la deposizione anodica. L’ossidazione anodica serve per produrre uno strato di ossido controllato in grado di favorire l’adesione degli osteoblasti. Lo spessore è molto sottile, può variare da 2 a 800 nm, questo può aiutare nell’evitare problemi di delaminazione e di usura abrasiva. Una superficie così strutturata favorisce non solo l’adesione degli osteoblasti, ma anche di proteine come l’osteopontina e l’osteocalcina. Le superfici di ossido di titanio realizzate attraverso Anodic Spark Depositio n sono state applicate anche nel campo degli impianti dentali (“NobelBiocare”). Sono tuttora in corso le ricerche legate anche alla deposizione catodica. 16 M ETODI BIOCHIMICI = metodi biochimici hanno come scopo la funzionalizzazione della superficie dell’oss ido con delle molecole organiche. In particolare si vogliono includere sulla superficie quelle molecole che danno i segnali necessari alle cellule per l’adesione. L’idea è quella di applicare sull’ossido di titanio una molecola che abbia un ancoraggio per l’ossido, uno spaziatore e un gruppo funzionale che ha l’effetto di richiamo e indirizzamento della risposta biologica. Figura 17. Funzionalizzazione della superficie . Non è facile trovare molecole che si leghino in modo stabile all’ossido (di titanio), tra queste ci sono i gruppi fosfato PO 4 che instaurano un legame cooperativo, oppure la Poli -L-Lisina, che possiede dei gruppi funzionali carichi positivamente (NH 3+) che interagiscono con l’ossido di titanio attraverso interazioni elettrostatich e. Lo spaziatore ha il compito di mantenere esposti i gruppi funzionali a e mantenerli distanziati dalla superficie in quanto a ridosso della superficie potrebbero presentare conformazione e dunque funzionalità alterata. Di solito sono composti da una cate na alchilica ( -CH 2-CH 2-CH 2-) con interazioni idrofobiche che tengono ordinatamente impilate queste macromolecole. Un’alternativa è il PEG (Polyethylene glycole, un poli etere), che ha delle proprietà “anti -fouling”, cioè previene l’adesione di specifiche p roteine sulla superficie, permettendo così di legarsi soltanto al gruppo funzionale che si decide di introdurre. I gruppi funzionali sono scelti in base allo specifico obiettivo che si intende raggiungere e per questo c’è un alto livello di versatilità. Qu esti sistemi vengono chiamati Self - Assembled Monolayer e sono composti da strati monomolecolari molto sottili e molto ordinati. 17 ESEMPI APPLICATIVI SPINE FUSION Un esempio di osteointegrazione è quello relativo ai dispositivi Spine fusion che servono per ripristinare la funzionalità della colonna vertebrale in seguito a diverse patologie. Il dispositivo è composto da una parte con delle viti che entra nell’osso, una parte che dà sostegno strutturale e una parte di riempitivo che riempie il corpo vertebrale e dà un effetto di sostegno. Esistono diverse aziende implicate in questo settore che stanno lavorando moltissimo su vari aspetti, tra cui quello dell’osteointegrazione. Un esempio di dispositivo Spine fusion è la Titan Spine, che nel 2019 è stata comprat a dall’azienda Medtronic. La Titan Spine ha un trattamento superficiale che favorisce l’adesione degli osteoblasti sulla superficie del titanio. Questa superficie è irruvidita ed è stata modificata a livello macro, micro e nano . IMPIANTI DENTALI Un impiant o dentale è formato da diverse componenti: una componente finisce nell’osso ed è a vite filettata, l’altra si inserisce nella vite e ospita la corona. La parte a contatto con l’osso ha come problema principale l’ osteointegrazione , la parte superiore, in co ntatto con la gengiva, ha come problema principale la colonizzazione batterica . Quindi nello stesso dispositivo ho due problematiche legate alla superficie da risolvere. Anche a livello osseo posso avere un problema di colonizzazione batterica. Quando devo impiantare un impianto dentale significa che l’osso circostante non è sano, ma può essere debole oppure può mancare dell’osso a causa di infezioni. Figura 18. Elementi che compongono un impianto dentale. La prima lavorazione sull’impianto viene fatta c on le macchine utensili che permettono di ottenere la forma del pezzo, in questo caso si ottengono delle linee concentriche con una superficie molto grossolana. La superficie è composta principalmente da ossido, l’ossido può avere diverse stechiometrie e d i spessore di circa 3 -7 nm e ha contaminanti derivanti dai solventi o dall’aria. Figura 19. Superficie dopo la lavorazione con macchine utensili . 18 Il primo impianto dentale è quello di tipo Branemark che ha una filettatura ed è stato trattato con una luci datura. =n questo caso l’osteointegrazione non era ottimale, soprattutto in presenza di un soft bone, ovvero un osso molto debole meccanicamente e molto poroso. Una seconda modifica di questa azienda è stata prevedere la formazione di una superficie micros trutturata e in particolare nella filettatura sono state create delle creste e delle valli. Questa modifica prende il nome di superficie BioHelix. La superficie è stata quindi irruvidita in maniera controllata. Questo sistema funzionava meglio per l’osteoi ntegrazione, anche nei casi in cui l’osso non è sano. Figura 20. Superficie BioHelix . Un’altra tecnica molto usata per gli impianti dentali è la sabbiatura che fa parte dei metodi meccanici. Le particelle colpiscono la superficie e la irruvidiscono, ma allo stesso tempo queste particelle possono anche essere inglobate nella superficie. Un’alternativa per ottenere delle superfici ricoperte con un ossido contr ollato, sono i trattamenti di passivazione che vengono fatti o con acidi ossidanti o con trattamenti termici. Rispetto all’etching non si modifica la topografia, ma si modifica lo spessore dello strato di ossido. Questo metodo rimuove l’ossido presente e l o riforma. Per gli impianti dentali viene combinata la sabbiatura con corindone (particelle ceramiche estremamente dure) con una mordenzatura acida in temperatura. In questo modo si ottiene una superficie micro strutturata. Nel caso del l’Astra Tech Fluoride è stato utilizzato l’acido fluoridrico per fare il trattamento di etching. Questo è vantaggioso perché l’idrossiapatite naturale ha delle impurità, tra cui il fluoro, che non vengono riprodotte artificialmente. La stessa procedura di sabbiatura pi ù mordenzatura acida la fa la Straumann , ma con una particolarità. Quando si riforma l’ossido, esso è idrofobico. Una particolarità tra i trattamenti che fa la Straumann è che la sabbiatura viene fatta in atmosfera inerte. L’ossido si forma in maniera cont rollata quando è immerso in una soluzione isotonica di cloruro di sodio. In questo modo non ci sono contaminanti sulla superficie e la superficie risulta idrofilica. Rendere la superficie molto idrofilica significa renderla osteoconduttiva, ovvero l’acqua si distribuisce su tutta la superficie. Si forma così un primo coating su cui può ricrescere il tessuto osseo. È un controllo dell’interfaccia a livello nanometrico. Figura 21. Differenza di idrofilicità tra le due superfici . Anche altre aziende hanno co mbinato la sabbiatura con un altro trattamento. In particolare la Lifecore e la Biohorizons hanno usato per la sabbiatura un materiale riassorbibile , quindi non si preoccupano delle particelle che restano inglobate in superficie perché queste si degradano e vengono riassorbite durante la formazione dell’osso. Queste particelle sono solubili. L’utilizzo di queste particelle evita il problema di usura abrasiva da terzo corpo, che si verificherebbe se le particelle si staccassero dalla superficie, e il problem a di usura per sfregamen to provocato da micromovimenti. 19 Dunque la presenza delle particelle in superficie, se sono ad elevata durezza e non sono degradabili, è da evitare perché queste particelle rimangono lì per tutta la durata dell’impianto e se si dista ccano possono provocare gravi danni. Se le particelle invece sono solubili o degradabili, possono essere considerate positive perché si possono sfruttare per il caricamento di alcune sostanze o di alcuni ioni, e provocano un’usura da terzo corpo limitata n el tempo. L’idrossiapatite in teoria rimane nella superficie sotto forma di coating. L’idrossiapatite non essendo solubile rimane nell’impianto per lungo tempo e potrebbe generare problemi nel caso si distaccasse. Una superficie trattata a livello micromet rico è più efficace per l’osteointegrazione perché aumenta la percentuale della superficie disponibile per l’ancoraggio e la crescita del tessuto osseo. A parità di volume dell’impianto, se la superficie è rugosa, ho una maggiore superficie a contatto. Un altro sistema molto impiegato e molto studiato è quello delle modifiche mediante laser, che sono modifiche che vanno ad agire sulla topografia superficiale. Con questo sistema si fanno delle creste e delle valli distanziate di circa 12 micrometri; è stato dimostrato che questa distanza è la migliore per favorire la ricrescita ossea. Figura 22. Superficie in seguito a modifiche mediante laser . Questi sono tutti strumenti abbastanza grossolani per modificare la superficie. Questi sistemi però dim ostrano che se faccio crescere i fibroblasti sulla superficie rugosa, questi vengono indirizzati in una direzione preferenziale; mentre su una superficie liscia viene massimizzato il contatto tra le cellule e la superficie. Questo comportamento è stato dim ostrato con i fibroblasti, bisogna poi vedere se in vivo anche le altre cellule si comportano allo stesso modo. 20 POSSIBILI DOMANDE D ’ESAME - Perché è importante capire quali sono gli stimoli che controllano la produzione di matrice ossea? - Come potremmo farc i bio -ispirare dall’osso per la creazione di nuovi dispositivi ortopedici? - Spiegare la differenza tra il termine biomimetico e il termine bioispirato. - Quali sono le due de finizioni di osteointegrazione? Come è nata la necessità di introdurre anche una definizione biomeccanica? - Osteoinduzione, oste oconduzione e osteointegrazione: spiegare come questi processi intervengono nell'interazione tra osso e dispositivo protesico. - Spiegare l'importanza dell'interfaccia osso -impianto e come influenza l’osteointegrazione? - Elencare i diversi tipi di cellule presenti nel tessuto osseo e descrivere il processo di differenziazione cellulare dell’osteoinduzione, specificando i differenti stimoli induttivi che lo innescano. - Quali sono le carat teristiche principali di un adeguato ancoraggio e quindi di un'adeguata osteointegrazione? - Associare i termini alle loro definizioni: 1) osteoinduzione; a) ancoraggio dell'osso ad una superficie; 2) osteoconduzione; b) processo fisiologico di osteogenesi; 3) osteointegrazione; c) capacità del tessuto osseo di crescita sulle superfici; - Cosa si intende per contaminazione del materiale in seguito alla lavorazione? Perchè è utile rimuovere le contaminazioni e come possono essere rimosse? - Elencare quali tipologi e di metodi possono essere usati per ottenere modifiche superficiali e proporre un esempio di ciascuno dei metodi, spiegandoli brevemente. - Quali sono gli obiettivi dei metodi di modifica superficiale? Per quale motivo è stato proposto questo approccio? - Ele ncare e spiegare brevemente i metodi meccanici di modifica superficiale. - Quali sono i principali vantaggi/svantaggi del metodo di sabbiatura? - Quali sono le problematiche legate ai metodi fisici per la modifica superficiale? - Portare un esempio di metodo chi mico validato per la produzione di uno strato di ossido di titano che stimoli il deposito di matrice ossea e spiegarne i diversi passaggi. - Descrivere il principio su cui si basano i metodi elettrochimici per la modifica superficiale. - Qual è l’aspetto princ ipale dei metodi biochimici? Su quale unità fondamentale sono basati? - L’……… è il processo fisiologico della formazione dell’osso e si attiva quando le cellule ricevono lo stimolo di produrre matrice ossea. L’……… è la capacità del tessuto osseo di ricrescer e sopra una superficie. L’……… pone l’accento sull’ancoraggio e la sua definizione può essere diversa a seconda dell’ambito in cui viene valutata. Dal punto di vista ……… riguarda l’ancoraggio diretto tra osso e impianto senza la crescita del tessuto fibroso ; dal punto di vista ……… riguarda l’assenza di micromovimenti tra osso e impianto. [OSTEOINDUZIONE – OSTEOCONDUZIONE – OSTEOINTEGRAZIONE – ISTOLOGICO – MECCANICO] - La Titan Spine ha un trattamento ……… che favorisce l’adesione degli ……… sulla superficie del titanio. Questa superficie è irruvidita ed è stata modificata a livello ……… , ……… e ……… . Questa modifica superficiale su tutti i livelli è in grado di promuovere la produzione di fattori di ……… . I fattori ……… sono necessari per la ricrescita dell’osso; i fa ttori ……… permettono di portare i nutrienti al tessuto osseo man mano che si forma. [SUPERFICIALE – OSTEOBLASTI – MACRO – MICRO – NANO – CRESCITA – OSTEOGENICI – ANGIOGENICI] 21 - Nel processo di osteogenesi le cellule pluripotenti differenziano in osteoclasti. V/F - Un buon ancoraggio osteointegrato deve riprodurre solamente la struttura macromolecolare dell’osso. V/F - Gli stimoli dell’osteogenesi sono in genere BMP e fisici. V/F - =l punto di vista istologico, biomeccanico e microscopico dell’osteointegrazione è definito univocamente. V/F - Per funzionalizzare l’interfaccia osso/impianto bisogna bioispirarsi a delle superfici. V/F - Il bio -ispirato pone l’attenzione sulla caratteristica delle proprietà biologiche che si vorrebbero riprodurre. V/F - Per ottenere l’osteoconduzione gli unici stimoli cellulari possibili sono proteine (BMP). V/F - La formazione e il posizionamento di nuova matrice ossea e del tessuto fibroso in torno all’impianto indicano un’ ottima osteointegrazione. V/F - L’interpretazione dell’interfaccia osso -impianto è influenzata da tanti differenti fattori, quali la geometria dell’impianto, le tecniche analitiche e lo stesso modello in vivo. V/F - Per l’osteointegrazione di un im pianto si desidera la formazione di fibrille di collagene mineralizzate e disposte in maniera disordinata. V/F Crediti a tutti i gruppi di lavoro. 22 BIBLIOGRAFIA [1] Copyright ©️ 2003 Pearson Education, Inc., publishing as Benjamin Cummings. 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