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Biomedical Engineering - Bioingegneria Cellulare

Completed notes of the course

Complete course

UN=TA’ D= M=SURA; VALUTAZ=ONE DE= R=SULTAT= F=NAL=; R=CAVO DELLE FORMULE SCIENZE DELLA VITA E SCIENZE DELL’UNIVERSO Le specie atomiche che conosciamo e che sono alla base della vita sono prodotte dalle stelle, nelle quali ci sono degli atomi leggeri. Le stelle però producono an che atomi pesanti negli ultimi stadi della loro vita, i quali vengono disseminati nello spazio con l’esplosione delle supernove (stadio finale di vita di una stella). =l tempo caratteristico di vita di specie atomiche corrisponde al ciclo vitale di una stella, dunque in termini di anni parliamo di diversi miliardi di anni. Si stima che l’universo sia comparso intorno ai 14 mil iardi di anni fa mentre la nascita della terra è collocata intorno ai 4.5 miliardi di anni fa. Per un tempo d urato 0.5 miliardi di anni la terra è stata sottoposta a continui bombardamenti di asteroidi, non c’era dunque possibilità di sviluppo di vita in quelle condizioni. Le prime forme di vita si stima che nascono 3.5 -4 miliardi di anni fa. Queste stime ci lasc iano aperte una finestra di 5 00 milioni di anni in cui le forme di vita si sono sviluppate. Gli spettri delle varie emissioni dei corpi celesti contengono delle nuvole (polvere interstellare) che sono nuvole dense di complessi microscopici i quali conteng ono atomi complessi di carbonio, idrogeno e ossigeno. Questi sono i complessi che ritroviamo quando andiamo ad analizzare le molecole esistenti sulla terra. Questi complessi si trovano sotto forma di radicali liberi (molecole estremamente reattive) o sotto forma di piccole molecole. Questi studi sono stati condotti a partire dalla cometa di Halley in avanti ed andavamo a simulare gli effetti della radiazione luminosa riprodotta da scariche elettriche sull’atmosfera terrestre primordiali per vedere cosa veni sse prodotto. Ciò che fu visto è che il 15% degli atomi di carbonio costituenti metano, se sottoposti a scariche elettriche, si organizzavano in diversi tipi di amminoacidi oppure in altri tipi di molecole rilevanti dal punto di vista biologico , le quali s ono di fatto il risultato di semplici reazioni chimiche innescate dalla radiazione luminosa. Questo studio fa partire una serie di discussioni e ipotesi possibili su quali siano state le molecole rilevanti biologicamente e in grado si sostenere lo svilupp o della vita sulla terra, cioè cosa si sia formato per prima per poi dar vita a tutte le strutture biomolecolari più complesse. Le classi di molecole biologiche più importanti e che potrebbero essere comparse per prima sono acidi nucleici, proteine, carboi drati, lipidi. Carboidrati e lipidi sono due classi di molecole che necessitano di complessi molecolari che spendono energia per accorparli e unirli ; tra acidi nucleici (insieme di nucleotidi) e proteine (insieme di amminoacidi) c’è una forte interdipend enza però è altamente improbabili che si siano formati nella stessa epoca, tuttavia è più probabile che siano comparsi gli acidi nucleici in quanto hanno una struttura più semplice rispetto alle proteine. Alcuni acidi nucleici primordiali, inoltre, hanno c apacità catalitiche cioè la capacità di svolgere alcune azioni che promuovono la formazione dell’RNA. Dunque l’RNA è la struttura più self -sostening che esista, si pensa dunque sia stata la prima molecola a nascere sulla terra tanto da far indicare il prim o periodo evoluzionistico con il termine di RNA -WORLD. Oltre all’RNA, c’era bisogno di un substrato di reazioni chimiche che facesse alimentare il metabolismo dell’RNA chiamato PROTOMETABOL=SMO (un po' come fa l’ATP con il nostro metabolismo). Una delle te orie più accreditate sostiene che si formano legami tra atomi di zolfo e atomi di carbonio i quali formano molecole chiamate TIOESTERI le quali si formano quando abbiamo un tiolo (radicale organico) legato ad un gruppo SH, il tiolo poi si unisce ad un radi cale carbossilico (radicale altamente reattivo collegato ad un gruppo COOH). Questo legame produce una molecola di acqua e un tioestere. I tioli posso essere venuti dalle eruzioni vulcaniche, ricche di atomi di zolfo (SH2); gli acidi carbossilici vengono i nvece dai corpi celesti. Dunque l’interazione tra tioli e acidi carbossilici possono giustificare l’esistenza di un protometabolismo basato sui tioesteri. PERCHE’ L’RNA? • proteine, DNA e RNA sono ciascuna dipendente dalle altre due sia per la propria sin tesi sia per l’esercizio della propria funzione • il DNA pur contenendo le informazioni necessarie per la sintesi proteica, non può svolgere nessuna funzione catalitica né tanto meno replicarsi da solo • le proteine, pur coinvolte attivamente nella funzi one catalitica, non possono venire sintetizzate senza l’informazione contenuta nel DN A SVILUPPO DELL’RNA WORLD L’RNA si replica ed evolve, provando a replicare sé stesso ed effettuando anche degli errori i quali portano ad una sorta di selezione naturale f ino ad arrivare agli RNA in grado di fare da stampo per amminoacidi che esistevano e a costituire le prime proteine, che sono quindi il secondo elemento che compare dal punto di vista evolutivo. La compresenza di proteine RNA fa sì che queste molecole abbi ano un vantaggio dal punto di vista evolutivo perché in grado di produrre proteine che coa diuva no le loro attività come catalizzatori. Lo step successivo, in un mondo di RNA e proteine, è quello di migliorare la codifica. Nasce l’esigenza di avere una mole cola specifica che favorisca il trasporto di amminoacidi (specializzazione della molecola RNA transfer). Inizia così a svilupparsi una classe di proteine con proprietà enzimatiche, in grado di costituire altre strutture. Dal punto di vista evolutivo ci ma nca solo il DNA, il quale rappresenta un ulteriore step di affinamento del processo. Si inizia così a differenziale l’RNA dal DNA, il quale ha solo un ruolo di decodifica e di immagazzinamento di patrimonio genetico. ORGANIZZAZIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI La tabella riassume diversi livelli di organizzazione (apparati, organi, tessuti, cellule e matrice extracellulare, strutture subcellulari, biomolecole, atomi). Nella prima colonna sono riportate le dimensioni in metro; nella seconda colonna c’è la descriz ione fisica dei sistemi; nella terza colonna sono riportati gli strumenti e metodologie per descrivere i tessuti; nella quinta colonna sono riportati i modelli per modellizzare i livelli di scala; nell’ultima colonna sono riportati i tempi di diffusione ca ratteristico a quel livello di scala. FENOMENI FISICI AI DIVERSI LIVELLI DI SCALA Questo grafico mette sulle ascisse le dimensioni di vari oggetti che vanno dal sistema biologico fio ad arrivare alle particelle sub -nucleari . Le barre verticali tratteggiate ci indicano i limiti di osservazione della scala dimensionale: c’è un limite dell’occhio nudo oltre le quali non possiamo osservare, per andare oltre abbiamo bisogno di strumenti sempre più potenti nella loro capacità di dis criminare tra particelle sempre più piccole e prossime tra loro. Le linee oblique dividono lo spazio in regioni in cui cambiano i tempi caratteristici dei fenomeni che riguardano quel tipo di oggetto e il tipo di fenomeni riportati nel grafico. Le righe ob lique nere più spesse dividono il grafico in 3 regioni identificando quelli che possono essere i modelli con cui descrivere il fenomeno che troviamo in quella regione di grafico. GLI ELEMENTI CHIMICI DEI SISTEMI VIVENTI L’istogramma mostra un confronto tr a il numero di atomi presenti nell’organismo e quelli presenti sulla crosta terrestre. Notiamo che c’è una forte differenza per quanto riguarda gli atomi fondamentali di idrogeno, ossigeno, carbonio. Facendo un analisi sintetica, nell’uomo si trovano 41 sp ecie chimiche. Le cellule e i tessuti dell’uomo sono costituiti da: - C, H, O, N, P, S più del 99% del peso totale (87% sono H e O) - Na, Ca, Mg, K, Cl 1% combinate in molecole o ioni Ci sono poi tracce di altri dodici elementi: Cu, F, Fe, I, etc. (oligo elementi presenti sotto forma di ioni organici). CARATTERISTICHE DEI SISTEMI VIVENTI Si stima che le specie viventi sulla terra raggiungano un numero di 12 milioni. Tutte queste specie sono caratterizzate da due aspetti a prima vista antitetici:  grande s omiglianza dei meccanismi molecolari preposti alle funzioni essenziali della vita  grande diversità delle architetture dei sistemi biologici che si sono sviluppati ed evoluti grazie alla interazione con l’ambiente Quindi i meccanismi di base sono identici mentre l’architettura delle specie è stata indirizzata in maniera differenza grazie all’interazione con l’ambiente. Capiamo quindi che l’organismo genitore non può fallire nel trasmettere neanche le più piccole caratteristiche agli organismi successivi: qu esto determina il fatto che ci sia un processo evolutivo della specie che sia stato particolarmente protetto in modo tale da consentire la trasmissione di tutte le minime caratteristiche codificate tutte all’interno del nostro DNA il quale contiene anche c aratteristiche che ci sono servite durante la nostra evoluzione . LEZIONE 2 INTRODUZIONE ALLA CELLULA Il DNA è la struttura che ci serve per immagazzinare tutte le caratteristiche dei meccanismi molecolari che si sono conservati e le architetture che si so no diversificate. Nella cellula eucariote troviamo il 70% di acqua e il 30% di composti, tra i quali riconosciamo:  DNA (1%)  RNA (6%)  PROTEINE (15%)  POLISACCARIDI (2%)  FOSFOLIPIDI (2%) costituiscono la membrana della cellula  IONI, PICCOLE MOLECOLE DI ALTRO TIPO (4%) Un organismo vivente come la cellula batterica utilizza energia libera per mantenere la propria organizzazione molecolare e strutturale. La formazione di queste strutture dunque è un processo dunque che deve essere supportato da reazioni chimiche , a volte anche di grande complessità e con necessità di strutture in grado di sostenere tali processi. In realtà tutto ciò che riguarda il processo che supporta tali strutture e proteine deve essere trasmesso, per vitare il fallimento; tutte queste inform azioni vengono codificate e trasmesse attraverso la doppia elica del DNA. DNA: STRUTTURA E DIMENSIONE Il DNA è una struttura a doppia elica costituita da due catene separate (catene lineari che si accoppiano). La singola catena lineare è costituita da una sequenza di fosfati di zucchero, o meglio di nucleotidi, i quali si legano insieme attraverso un legame covalente. La catena lineare è data dunque da una serie di nucleotidi diversi legati tra loro. Nel DNA esistono solo 4 tipi di nucleotidi che possono es sere legati insieme e chiamati con il nome della base che li tiene assieme (adenina, guanina, citosina, timina). Ogni nucleotide è costituito dal gruppo fosfato+zucchero a cui si lega una base diversa per ogni nucleotide; ogni base ha una formula chimica d iversa e un nome diverso. I nucleotidi si legano tra di loro e danno vita ad una catena lineare che si accoppia ad un’altra catena lineare formando un’elica; la formazione di una elica dà vita ad una distorsione in cui le basi si protendono verso l’interno . Guardando un passo di elica troviamo 10 basi dunque 10 nucleotidi; in tutto il DNA troviamo 1.6*10^9 coppie di nucleotidi. Le basi si affacciano a coppie ben definite (citosina -guanina e adenina -timina) perché esse sono strutturalmente differenti ed es pongono tipi di atomi diversi tra di loro: adenina e timina hanno due atomi di idrogeno che si affacciano nella regione laminare, mentre citosina -guanina ne espongono tre. In generale la struttura a doppia elica è una struttura per cui in un passo di elica percorro una distanza pari a 3.4 nm; quindi ogni 3.4 armstrong (0.34 nm) avrò una base. L’elica si propaga e continua per tutto il frammento di DNA, di sezione diametrale di circa 2nm. Il filamento di DNA che forma un cromosoma ha la lunghezza dell’ordine dei cm per un totale di 23 cromosomi. La lunghezza totale è di 2m di DNA in una singola cellula. DNA: I LEGAMI Le basi sono verso l’interno. Verso l’esterno si espone il gruppo fosfato. Se zoommiamo la parte interna, notiamo che le basi sono interfacciat e tra di loro : timina e adenina espongono 2 atomi di idrogeno e danno vita a 2 legami ad idrogeno, citosina e guanina espongono 3 atomi di idrogeno danno vita a 3 legami ad idrogeno. Dunque le basi si legano tra di loro tramite legami ad idrogeno: sono tal mente tanti legami ad idrogeno che c’è un fortissimo legame tra le due eliche (la natura non ha dato vita a legami covalenti perché il DNA si deve aprire e deve essere accessibile localmente). I nucleotidi di una singola elica invece si legano tramite lega mi covalenti. REPLICAZIONE E TRASCRIZIONE DEL DNA Il DNA necessita di essere letto per due attività differenti che avvengono in due momenti diversi del ciclo: 1. Replicazione: intera duplicazione del DNA che avviene durante la fase di MITOSI (divisione cellulare) per dare vita a due cellule figlie 2. Trascrizione: copia di parti di DNA per la sintesi di una specifica proteina Nella fase di replicazione non viene trascritto tutto il DNA ma solo delle parti: il DNA viene separato e su ciascuno delle due linee viene costruito un nuovo filamento ciascuno dei quali darà vita ad un double filamento che costituirà il DNA delle due cellule figlie. In alternativa, il doppio filamento di DNA viene aperto e nella trascrizione si ha una decodifica diversa . Nella fase di trascrizione, viene prodotto l’RNA messaggero. Quindi nel contenuto informativo del DNA è contenuta l’informazione per produrre l’RNA messaggero. Quindi la replicazione replica esattamente il DNA, nella trascrizione viene prodotto l’mRNA. Dopo essere stato prodotto, l’mRNA migra dal nucleo verso il citoplasma in cui ci sono macchine molecolari, i ribosomi, che sono macchine proteiche in grado di leggere il contenuto il contenuto dell’mRNA e tradurlo nel linguaggio degli amminoacidi. Quindi quando l’mRNA viene a contatto con il ribosoma, quest’ultimo traduce un alfabeto di codici di nucleotidi in un alfabeto di codici di amminoacidi. =n realtà non è così semplice: all’interno del nucleo viene prodotto l’RNA nucleare, che esattamente la copia di tutto ciò che c’è nel DNA che stiamo leggendo. =n queste porzioni di DNA lette ci sono spezzoni con contenuto informativo (introni) e spezzoni senza contenuto informativo (esoni). C’è poi una fase, lo splicing, in cui questi introni ed esoni vengono tag liati e ricomposti e vengono collegati solo gli esoni che hanno tutto il contenuto informativo. L’RNA ricomposto è quello messaggero, il quale contiene esattamente il contenuto corretto. REPLICAZIONE/TRASCRIZIONE DEL DNA (processo uguale per entrambi) Anda ndo nel dettaglio della replicazione (duplicazione) del DNA. Il DNA ha una doppia elica in cui la parte interna è messa in contatto dai legami ad idrogeno; parte un segnale per cui la porzione di DNA che deve essere letta viene agganciata da delle proteine che si infilano all’interno del DNA stesso creando una biforcazione. Quella che vediamo è l’elicasi, la quale separa fisicamente i contatti tra le basi del DNA. Questa proteina procede in entrambe le direzioni separando le basi dei nucleotidi (rompendo i legami elettronegativi) che troviamo nel DNA. Se lavorasse solo l’elicasi, i legami dietro si richiuderebbero; per questo motivo c’è bisogno dell’intervento di altre proteine appartenenti al gruppo delle binding proteins; esse sono molecole in grado di le garsi al filamento di DNA irrigidendolo in modo tale da impedire la chiusura dei due filamenti subito dietro l’elicasi. La separazione fisica prodotta dalle binding proteins ridure l’attrazione tra i filamenti e permette l’entrata di altre proteine le qual i devono garantire la riproduzione del filamento controparte. I due filamenti di DNA sono diversi tra di loro e con accoppiamento antiparallelo, dunque uno dei due terminali sarà 3’ o 5’ (in riferimento alla posizione del carbonio). Questo porta a pensare che la duplicazione del DNA potrebbe non avvenire nello stesso modo perché la proteina, la DNA polimerasi, che produce il nuovo filamento apponendo i nuovi nucleotidi per ricostruire la copia opposta è in grado di leggere il filamento su cui sta operando in una solo direzione (3’ a 5’), è in grado quindi di leggere in modo processivo. Costruisce poi in direzione opposta, da 5’ a 3’. Le DNA polimerasi si agganciano al filamento che si sta aprendo in direzione 3’ -5’ e continuano a mettere nucleotidi ed aggan ciarli in modo processivo. Questo fa sì che il filamento del DNA che funge da stampo, consente una ricostruzione del filamento opposto in modo sequenziale e continuo. Dalla parte opposta, la DNA polimerasi si lega però si mette a camminare nella direzione opposta all’elicasi. Quel che succede è che nell’altra dizione operano più polimerasi le quali si agganciano costruendo il filamento fin dove riescono per poi sganciarci. Ne deriva dunque un DNA costruito a pezzi, detti frammenti di Okasaki. La DNA polimer asi, per partire ed produrre nucleotidi, ha bisogno di una molecola di partenza detta DNA primasi. La DNA primasi genera un nucleotide di partenza, l’RNA primer, per la DNA polimerasi. Quindi nel filamento lento (opposto a quello veloce) abbiamo una produz ione del filamento controparte fatto per frammenti, ciascuno dei quali può essere generato solo se c’è un nucleotide di innesco chiamato RNA primer, riconosciuti dalle polimerasi e dislocati in vari punti del filamento a partire dai quali la DNA polimerasi si aggancia e comincia a produrre. A questo punto ci restano 2 problemi: 1. Stiamo trascrivendo DNA con primer che sono RNA, i quali vanno tolti 2. Abbiamo frammenti (ci vuole qualche enzima che li colleghi) Devono dunque intervenire altre 2 proteine: 1. Endonucl easi: rimuove gli innesti di RNA primer e li sostituisce con un nucleotide; 2. DNA Ligasi: si trova sul filamento di nuova produzione, quando trova due nucleotidi non connessi opera generando un legame covalente. Fuori il DNA c’è un’altra proteina, chiamata t opoisomerasi, la quale raddirizza il DNA eliminando l’elica. Sia in fase di duplicazione che trascrizione il meccanismo è lo stesso, con la differenza che al posto di DNA polimerasi avremo RNA polimerasi e la presenza di proteine specifiche per l’RNA che l avorano però in maniera simile a quelle del DNA. TRASCRIZIONE DEL DNA Anche in questo caso , la trascrizione del RNA polimerasi è da 5’ a 3’. =n questo caso però se apriamo due filamento di DNA a partire dai quali costruiamo l’mRNA, solo uno dei due filamen ti del DNA ha il significato di sintesi della proteina: avremo un filamento senso, in cui è contenuta esattamente la sequenza del relativo mRNA che codificherà la proteina, e un filamento non senso (lettere a caso) il quale però farà da stampo per la trasc rizione dell’mRNA . Dunque l’mRNA senso viene prodotto a partire dal filamento di DNA non senso. =l DNA viene letto lungo il filamento stampo: per fare da antisenso di DNA, e quindi senso di RNA, utilizzeremo quello veloce che fa da stampo per l’RNA. Dunqu e l’RNA senso ha la stessa codifica del DNA non senso. Ma che ce ne facciamo dell’altro RNA? C’è una differenza sostanziale tra cellule eucariote e procariote. Nelle cellula eucariote viene sempre e solo prodotto un mRNA senso e una serie di filamenti di R NA che non codificano per nulla, i quali sono segnali di feedback per la produzione di una determinata proteina. Nei plasmidi e nei virus (procarioti), che sono meno evoluti dal punto di vista della quantità di DNA contenuta al loro interno, abbiamo geni s ovrapposti: quando si apre il DNA, si legge un filamento e da una parte codifica per una proteina e dall’altra per un’altra proteina. REPLICAZIONE DEL DNA E PROTEINE COINVOLTE : ISTONI Polimerasi, ligasi ed elicasi assistono lo svolgimento del DNA per legge rne l’informazione e per ricomporre il DNA dopo la lettura. Esiste un altro gruppo di proteine, chiamate ISTONI: proteine associate al DNA nella fase opposta, cioè quando il DNA non viene letto. Queste consentono di impaccare il DNA all’interno di una stru ttura costituita da un mix di proteine e DNA, la cui unità fondamentale è chiamata NUCLEOSOMA CORE. Il DNA, se non deve essere letto, è impacchettato in una struttura con delle proteine; quando deve essere letto, si innesca la fase di svolgimento del DNA s eguita dalla fase di chiusura. La continua apertura, esecuzione di una copia e chiusura del DNA potrebbe introdurre degli errori nella codifica. Vedremo come funziona l’impaccamento del DNA e quali sono i meccanismi di errore e di protezione che la cellula mette in atto nei confronti del DNA che non può permettere di trasmettere informazioni sbagliate. Il DNA codificante per le proteine corrisponde solo al 10% del DNA totale. IMPACCAMENTO DEL DNA La struttura del DNA lasciato libero occuperebbe un volume maggiore rispetto a quello della cellula. Per cui il DNA all’interno del nucleo, in realtà, non è mai una struttura libera a parte piccoli tratti che collegano una struttura ad un’altra struttura. La summa massima della struttura del DNA è rappresentato dal cromosoma, struttura molto densa (più piccola non potrebbe esistere) data dall’addensamento di un filamento di DNA che si costituisce solo durante la fase di divisione cellulare (mitosi). Quindi i geni di una sequenza di DNA si combinano in modo tale da riuscire a stare nella struttura del cromosoma. Ogni cromosoma è costituito da 4 regioni dette telomeri (strutture lineari costituite da filamenti di cromatina aggrovigliati all’interno) i quali si uniscono nel centromero. I cromosomi si trovano nel nucleo, il quale costituisce il 10% del volume cellulare. Durante l’interfase (fase di preparazione in cui le proteine vengono sintetizzate), i cromosomi non sono visibili perché noi vediamo il filamento che costituisce i cromosomi in una struttura molto meno condensata; questo filamento prende il nome di cromatina. Quindi in tutte le fasi del nucleo, tranne che nella metafase (mitosi) noi vedremo un groviglio che non è il DNA ma la cromatina. Durante la mitosi, ognuno di questi filamenti si addensa per dar vita al cromosoma. La cromatina è un insieme di proteine istoniche e DNA. Se facessimo un esperimento in cui vogliamo rompere un nucleo e vedere cosa c’è al suo interno utilizzando dei tamponi a bassa f orza ionica (che rompono l’endloap lineare per disgregare le proteine più esterne allentando l’interazione con il DNA), otteniamo l’unità più stabile di una struttura costituita da proteine e DNA. Otteniamo una struttura a filo di perle che sono delle crom atine alterate che avrebbero costituito dei cromosomi. In particolare il tratto sottile è un tratto di 2nm di diametro ed è DNA libero, poi ci sono delle sferette di una dimensione decisamente maggiore che rappresentano i nucleosomi (unità elementari di as sociazione di DNA con le proteine istoniche). Quindi sostanzialmente la cromatica è fatta da sequenze di nucleosoma -DNA che si susseguono. Facendo la lisi abbiamo mantenuto gli istoni del nucleosoma ma è presente DNA libero, presente perché la lisi ha dete rminato la degradazione di uno degli istoni che ha il ruolo di mantenere uniti i nucleosomi tra di loro mediante una determinate struttura spaziale. Quindi questo esperimento dà luogo ad una struttura che in natura non esiste ma serve solo per mostrare com ’è fatto il nucleosoma e come si colloca nel DNA. A livello del cromosoma visualizziamo una struttura detta scaffold condensato , anse fatte di filo di una dimensione di circa 35nm. All’interno di questo grosso filamento c’è lo scaffold esteso , costituito d a altre anse larghe. Il filamento più sottile è la cromatina, la quale costituisce le anse strette le quali si organizzano in anse più larghe. La cromatina è una struttura costituita da proteine e DNA, quindi fatta di una sequenza di nucleosomi impaccati tra loro in una struttura detta a solenoide perché i nucleosomi sono disposti a spirale l’uno sull’altro dando luogo ad una elica che crea il solenoide (struttura di 30nm). Nella sua struttura è possibile individuare delle sferette che sono i nucleosomi. S e srotolassimo la struttura a solenoide, avremmo una struttura (di circa 10 nm) simile a quella a filo di perle in cui troviamo DNA -nucleosoma -DNA. IL NUCLEOSOMA Il nucleosoma lo dobbiamo pensare come una sorta di rocchetto attorno al quale il DNA fa qu asi 2 giri: il DNA ha un tratto libero, poi il DNA fa 2 giri ed esce ancora. Quindi il DNA si monta attorno ad una serie di rocchetti costituiti da istoni . Gli istoni sono le proteine deputate ad attrarre il DNA e a farlo avvolgere attorno a loro ottimizza ndo lo spazio occupato; il core centrale è costituito da 8 istoni (2 dischi costituito da 4 istoni). La dimensione di questa struttura è di circa 6nm di diametro trasversale e di 11 nm in altezza. Il tutto è chiuso e bloccato dall’istone :1 il quale ha un ruolo diverso dagli altri in quanto chiude i due linker di DNA che escono. L’ottamero di istoni è costituito da 8 proteine disposte nello spazio in modo da avere una forma cilindrica. Queste proteine sono disposte 4 sopra e 4 sotto (tetramero), uguali a 2 a 2. L ’ottamero è costituito da due coppie di ciascun istone: :2A, :2B, :3 e :4. Attorno all’ottamero, c’è una doppia elica di DNA che fa quasi 2 giri completi (con circa 200 basi). Le porzioni di DNA libere sono tenute assieme dall’istone :1, il quale qu indi lega un nucleosoma all’altro. N.B MODELLO ATOMICO . Modello sperimentale che identifica spazialmente la posizione di ciascun atomo di una molecola. I metodi utilizzati per ottenere un modello atomico sono:  cristallografia a raggi x: prevede il fatto che di quel complesso si riesca ad ottenere un cristallo, ottenuto il cristallo si utilizza una diffrazione a raggi x per identificare le diffrazioni indotte dalla materia che abbiamo dentro ad ogni cubetto spaziale che stiamo analizzando. In base alla dif frazione, si identificano varie strutture. E’ una tecnica che però implica di lavorare con modelli non corrispondenti alla realtà perché non c’è la solvatazione dovuta all’acqua;  NMR (risonanza magnetica nucleare) : lavora in modo diverso perché fa delle misure di bulk, cioè si mette una concentrazione di proteine in soluzione, e si analizza la struttura di tute queste proteine andando a clasterizzarle per ottenere la struttura terziaria della proteina nello spazio. PASSAGGIO CHIAVE: STRUTTURA A FILO DI PE RLE AL SOLENOIDE La struttura a filo di perle si avvolge secondo un’elica disponendo sei nucleosomi impacchettati per spira a formare la fibra con diametro di 30 nm. = nucleosomi sono tenuti assieme dalla presenza dell’istone :1 il quale ha un ruolo fondam entale nell’avvolgimento a spirale:  organizza i nucleosomi  mantiene i contatti tra nucleosomi adiacenti ISTONE H1 Lega il DNA linker distorcendolo e muovendo un nucleosoma rispetto all’altro ma ha anche una proprietà di carica superficiale in grado di le gare nucleosomi tra loro. E’ quindi responsabile della struttura a spirale. Una struttura di questo tipo deve essere regolata e controllata: questo avviene con l’aggiunta del gruppo fosfato (con carica negativa) che va a modificare la carica della molecol a. L’istone :1 funziona perché ha carica positiva che lo rendono particolarmente affine con il DNA (con superficie esposta con carica negativa per la presenza dei gruppi fosfato). L’istone :1 avrà dunque cariche positive per attrare il DNA; per diminuire l’attrazione con il DNA e quindi per neutralizzare l’istone, vengono aggiunti gruppi fosfato carichi negativamente. Questa aggiunta determina un’alterazione di carica superficiale ma anche un cambiamento conformazionale della molecola che determina un’alter azione della sua affinità con i nucleosomi i quali si allontanano tra di loro (importante per leggere il DNA). A questo punto il solenoide si scioglie. Anche se non c’è più il solenoide, resta comunque la struttura a filo di perle; c’è dunque qualche altr a cosa che deve essere regolata a livello degli altri istoni. In particolari gli istoni H3 e H4 sono proteine che contengono lisine e serine; proprio su questi siti di amminoacidi vengono fatte modifiche di acetilazione (per indurre cariche negative al fin e di neutralizzare le cariche positive degli istoni) o metilazione (aggiungere più cariche negative al fine di indurre non la semplice neutralizzazione ma addirittura una repulsione con il DNA). Quando alteriamo gli istoni H3 e H4 neutralizzando le cariche positive o aggiungendo le cariche negative per indurre una repulsione, stiamo diminuendo la forza con cui il DNA è avvinghiato agli estoni. Questo è importante per allentare i giri di DNA affinché il DNA sia aggredibile da parte delle proteine deputate al la trascrizione. L'impaccamento del DNA è un processo altamente dinamico. In un singolo cromosoma (costituito da un sola lunga molecola di DNA) ci saranno regioni:  svolte che sono in attiva biosintesi (il DNA viene letto, trascritto o replicato), liberate dell'ingombro dell'istone H1;  strettamente impaccate, biosinteticamente inattive. Questo si traduce nell’identificare la cromatica in attività (allentata per consentire la lettura del DNA) e quella silente (per l’impaccamento). La struttura a solenoide no n è una struttura continua ma sono presenti tratti liberi di DNA aggredibili da proteine o altri fattori. In particolare ci sono proteine di binding che, legandosi al DNA, consentono di creare degli snodi tra un tratto di solenoide e il successivo. PROTEIN E NON ISTONICHE Sono tutte le proteine, esclusi gli istoni, associate con il DNA nella cromatina. A ph fis iologico hanno carica negativa e sono classificate in:  proteine che regolano la trascrizione genica (fattori di trascrizione)  enzimi attivi nella tra scrizione, replicazione, ricombinazione e riparazione del DNA  proteine di binding che partecipano al mantenimento della struttura della cromatina dallo stato decondensato a quello condensato. DUPLICAZIONE DNA E ISTONI Durante una duplicazione cellulare, è necessario duplicare sia gli istoni che il DNA. Per poter duplicare il DNA, avremo bisogno di sintetizzare tutto ciò che serve alla sua duplicazione. Nelle cellule eucariote la duplicazione del DNA e la sintesi degli istoni avviene nello stesso momento. P er ogni duplicazione del DNA abbiamo una duplicazione di tutti gli istoni, i quali raddoppiano di numero. Però la duplicazione del DNA e degli istoni è mediata da molecole completamente diverse: la duplicazione degli istoni, infatti, è gestita da tutt’alt ro tipo di macchina molecolare (ribosoma) rispetto al DNA che è duplicato da DNA -polimerasi etc… Il meccanismo di associazione tra eliche di DNA old e new e istoni old e new: il DNA presenta sempre un vecchio e un nuovo perché l’elica si apre e su ciascun filamento se ne forma uno nuovo; i nuovi istoni si assoceranno al filamento lento mentre gli istoni vecchi rimangono associati al filamento guida. Se volessimo dimostrare che questo meccanismo è effettivamente così, potremmo pensare di inibire la sintesi di nuovi istoni: se trattiamo una cellula eucariote con gli inibitori della sintesi proteica, non si producono nuovi istoni ma la cellula comunque sta funzionando; a fronte della duplicazione del DNA, si va ad osservare su quali dei due filamenti si associ ano le proteine istoniche. Alla fine si osserva che effettivamente solo uno dei due filamenti di DNA ha formato cromatica; al contrario l’altro ne rimane completamente privo. RIPARAZIONE DNA La continua manipolazione de DNA per gestire tutte le esigenze della cellula può determinare una situazione in cui non è così improbabile introdurre un errore da qualche parte (nelle letture, nella trascrizione, nella replicazione etc…). Questo meccanismo però non può permettersi di sbagliare: l’errore nella codifica di un gene può comportare la morte di una cellula e, nel caso di . Capiamo dunque che il DNA è una molecola da proteggere con un meccanismo che va controllati e, in caso di errori, riparato: il DNA è l’unica macromolecola che può essere riparata in caso di danni. Infatti, per il DNA sono previste molecole che controllano il DNA di nuova produzione. Le molecole coinvolte nel meccanismo di riparazione sono  le DNA -polimerasi, alpha e beta, le quali sono in grado di ricostruire il DNA  ligasi, la quale è in g rado di riunire frammenti di DNA e che interviene alla fine  esonucleasi che elimina nucleotidi erroneamente inseriti nel DNA Il DNA è una molecola abbastanza delicata e suscettibile a danni che possono essere provocati da diverse condizioni ambientali in c ui può trovarsi:  raggi UV : causano la dimerizzazione delle timine, cioè se abbiamo due timine adiacenti un irraggiamento con UV provoca una fotodimerizzazione il quale porta alla nascita di un legame covalente tra le due timine che si traduce in una distorsione nel DNA che impedisce la duplicazione (la cellula continua a vivere ma senza mai più duplicarsi). Questo è un fattore esterno che può provocare un grave danno interno; dall’altro punto di vista il comportamento del DNA rispetto ai raggi UV è un buon modo per impedire la duplicazione di cellule indesiderate (es. cellule batteriche che possono irraggiare) e per sterilizzare liquidi e aria;  radiazioni ionizzanti (raggi beta e gamma) : creano alterazioni a livello del DNA che non consentono più la du plicazione  acidi  reagenti ossidanti  sostanze chimiche varie Essendo una molecola così sensibile, oltre a tutto il meccanismo di trascrizione e replicazione, c’è anche un meccanismo di riparazione del DNA il quale funziona grazie a delle proteine che scorr ono lungo il filamento di DNA e riconoscono distorsioni e alterazioni della sequenza presenti; la molecola dunque si blocca in corrispondenza della regione non buona. A valle di questo processo, intervengono proteine che scollegano il tratto danneggiato pe r poi essere rimosso a carico delle esonucleasi. N.B . non viene tolto solo il nucleotide ma viene eliminato un tratto abbastanza consistente di 12 -13 nucleotidi A questo punto ci troviamo un DNA a doppia elica tranne un pezzettino; interviene dunque la DNA -polimerasi la quale costruisce e produce il tratto mancante; per ultimo step la ligasi collega il tratto mancante al DNA. Questo accade quando si tratta di picc ole riparazioni. Quando i danneggiamenti raggiungono un livello tale per cui i meccanismi riparativi non sono più sufficienti, quello che può avvenire è l’innesco di un segnale da parte della cellula che va verso una morte programmata della cellula al fine di evitare la crescita sregolata delle cellule figlie. Quindi la cellula decide di inibire il meccanismo di riparazione del DNA e far partire un meccanismo di morte senza generare la duplicazione. RNA L’RNA è una struttura nucleotidica molto simile a quella del DNA ; le differenze sono sostanzialmente 2:  nel DNA abbiamo due filamenti che si avvolgono mentre nell’RNA c’è una catena più limitata  i nucleotidi non sono identici: nel DNA troviamo lo zucchero desossiribosio mentre nell’RNA c’è lo zucchero rib osio; nell’RNA al posto della la timina c’è l’uracile (le altre basi sono uguali) L’RNA sembra essere la molecola più probabile ad avere il doppio ruolo di catalizzatore e immagazzinatore di informazioni. Per questo motivo si sono sviluppate molecole di RN A con funzioni ben specifiche:  mRNA: viene trascritto dal DNA con l’idea di consentire la sintesi della proteina; il passaggio da DNA a mRNA non è diretto, serve l’nRNA;  nRNA (nuclear RNA): è il risultato della trascrizione del DNA; il DNA viene aperto, la lettura viene eseguita, viene prodotta una serie di nucleotidi RNA (detto nRNA),i quali contengono sia regioni codificanti che non codificanti, a partire dai quali viene prodotto l’mRNA tramite lo splicing;  tRNA (RNA transfer): si specializza nell’essere un RNA in grado di avere una codifica ben specifico ma anche di poter agganciare stabilmente un amminoacido; serve quindi ad associare la codifica che si può leggere sull’RNA con uno specifico amminoacido;  rRNA (RNA ribosomiale): ricostruire il ribosoma (m acchina molecolare formata da proteine) che consente la sintesi delle proteine all’interno delle cellule;  altri tipi di RNA legate al riconoscimento molecolare e hanno il ruoto di catalisi di reazione. Abbiamo visto che nel nucleo abbiamo DNA, parte impaccate e parte srotolato. Ad un certo punto troviamo RNA -polimerasi il quale sta costruendo il nucleare che poi diventerà messaggero. L’mRNA si genera andando a trascrivere il codice dei nucleotidi del DNA in codici di nucleotidi per l’RNA; trascritto i l DNA, l’mRNA è il tipo di RNA che esce dal nucleo ed entra nel citoplasma nel quale l’mRNA è destinato a legarsi con i ribosomi. =n prossimità dei ribosomi, infatti, esso viene in parte internalizzato a causa dell’alta affinità. I ribosomi sono complessi molecolari più grandi che si possono trovare appesi alle membrane del reticolo endoplasmatico oppure liberi nel citosol. Questi si possono trovare già a lavoro oppure in grado di agganciare l’mRNA il quale viene in parte internalizzato. =l ribosoma è in gr ado di processare linearmente l’mRNA, cioè lo percorre lungo tutta la sua lunghezza. Il ribosoma è costituito in parte da proteina e in parte da rRNA, il quale viene codificato a livello di geni specifici; quindi altre regioni di DNA saranno in fase di let tura al fine di produrre rRNA, che poi uscirà dal nucleo per associarsi alle proteine del ribosoma. Il ribosoma ha una cavità centrale che consente l’alloggiamento di 2 tRNA, il quale è adibito al collegamento con il suo amminoacido corrispondente grazie a lla presenza di enzimi specifici detti tRNA sintetasi . La codifica dell’RNA si basa sulla presenza di codoni, che sono una tripletta di nucleotidi di mRNA. Per capire quale amminoacido inserire, il ribosoma percorre tutto l’mRNA e lo legge a triplette, cod one per codone; una tripletta contiene un codice che indica uno specifico amminoacido. =l codone sull’mRNA dovrà essere interfacciato con l’anticodone presente sull’tRNA: il ribosoma deve catturare per affinità il tRNA che ha affinità per un certo codone p resente sull’mRNA e farlo entrare. Quindi quando l’mRNA viene letto nel ribosoma, si procede alla traduzione di una sequenza di triplette di nucleotidi per tradurla in una tripletta di amminoacidi grazie all’associazione codone -anticodone. Oltre all’mRNA e rRNA, anche il tRNA deve essere prodotto; quindi ci saranno geni che producono il tRNA i quali hanno sulla loro superficie la sequenza dell’anticodone. Una volta prodotti si associano a degli amminoacidi; queste strutture vengono internalizzate. All’inter no del ribosoma c’è spazio per due tRNA però poi ne avremo uno in ingresso il quale attende un altro il processamento, il quale al termine verrà rilasciato. E’ come se avessimo una porta di ingresso, una stanza e una porta di uscita (lo spazio nella casa è per due). RIBOSOMA: FABBRICA DI PROTEINE =l meccanismo parte perché c’è una codifica di start: il ribosoma attiva l’mRNA e per partire il processo di sintesi, ha bisogno di un segnale di start ; in caso contrario l’mRNA viene rilasciato. =l primo codone nell’mRNA codificante per le proteine, codifica per l’amminoacido meteonina: il messaggio di start corrisponde alla meteonina in posizione 1; questa proteina verrà poi rimossa. A questo punto internalizzato l’nRNA, letta la meteonina e codificata la prote ina, si passa al secondo codone. =l secondo codone viene posto in una posizione esposta in cui i tRNA sono in elevata concentrazione e c’è una concorrenza sull’affinità per quel codone. =l tRNA che ha l’anticodone corrispondente avrà alta affinità con quei 3 nucleotidi, si lega ad essi e verrà internalizzato nel ribosoma per poi cominciare ad essere processato (cioè il ribosoma crea un legame covalente tra la meteonina e questo amminoacido). Mentre qui lavorano gli amminoacidi, c’è un secondo codone che rim ane esposto e che lega il proprio tRNA. Quindi tutti i codoni esposti legano a sé i proprio tRNA e il ribosoma, quando l’mRNA man mano si sposta, racchiude i vari tRNA che si sono legati ai codoni. Quindi mentre questo è processato, internalizza il secondo transfer in attesa del termine del processo; quello che era già dentro, viene espulso. Questo processo va avanti fino alla fine lettura di tutti i codoni che sono in numero pari al numero degli amminoacidi+2 (segnale di start e di fine). In particolare il segnale di stop è un fattore di rilascio, il quale si lega al codone finale e termina il processo; il transfer che si lega non ha un amminoacido corrispondente da legare e questo segnala al ribosoma che è il momento di tagliare il peptide ponendo fine al processo. Con questo meccanismo abbiamo 4 basi e un codone fatto di triplette, cioè un totale di 64 codifiche (i codoni possono sintetizzare per 64 cose diverse). Si tratta di un meccanismo ridondante perché abbiamo molte più codifiche rispetto a quello ch e dobbiamo effettivamente codificare: ci sono amminoacidi più frequenti, cioè stessi amminoacidi codificati con codoni diversi. Gli amminoacidi vengono utilizzati per produrre strutture proteiche con caratteristiche molto diverse:  struttura rigida o flessi bile; costituite dagli stessi amminoacidi  proteine acide o basiche, prodotte con caratteristiche diverse in base all’ambiente finale in cui esse dovranno lavorare  proteine con caratteristiche idrofiliche o idrofobiche  proteine dalla struttura molto grande o molto piccola LA STRUTTURA PROTEICA: ERRORI Gli errori possono essere di due tipi: 1. errore nell’inserimento dell’amminoacido: errore che avviene 1 volta ogni 2000 sostituzione; quindi, ad esempio, una proteina con 50 amminoacidi ha una possibilità di err ore del 25%. =l fatto che l’errore possa essere fatale o non fatale dipende dalla posizione in cui c’è l’errore e dall’amminoacido sbagliato inserito; 2. errore di processo: errore che avviene 1 volta ogni 3000 amminoacidi e per cui viene interpretato male il segnale di stop; il ribosoma pensa che la proteina sia completa e butta fuori un peptide incompleto con tutt’altra forma e tutt’altra caratteristica rispetto alla proteina che si doveva formare. Questi due aspetti fanno sì che, soprattutto per le proteine che hanno delle funzioni, la natura sceglie una dimensione che va dai 300 ai 500 amminoacidi: per queste proteine ci può essere al massimo un errore e questo può essere presente ovunque tranne nella zona dei 10 -20 amminoacidi di interesse. STRUTTURE PROTE ICHE DI GRANDI DIMENSIONI I co mplessi proteici che noi conosciamo sono delle strutture che hanno grosse dimensioni. Sostanzialmente le proteine possono essere:  proteine con funzioni strutturali  proteine di protezioni  proteine che isolano alcuni comparti cellulari o organelli  proteine che costituiscono complessi proteici molto grandi (es. poro nucleare)  proteine con numerosi siti di legame che determinano la possibilità di creare complessi: quando una proteina incontra una proteina complementare, il meccan ismo di attrazione tra le due è un’interazione spontanea =n natura, durante i processi evolutivi, si è andato verso l’ottenimento di complessi proteici di dimensioni rilevanti (costituite da proteine più piccole) e simmetrici perché sostanzialmente un com plesso chiuso formato da più proteine mostra maggiore stabilità rispetto ai processi di denaturazioni. Infatti le varie forze intramolecolari stabilizzano le singole proteine e la loro struttura interna maggiormente rispetto a piccole proteine esposte (le quali sono più facilmente denaturabili dagli agenti esterni presenti nel citoplasma). Proteine che si aggregano mettendo verso l’interno i loro siti di legame, si aggregano e proteggono al loro interno i siti di legami attivi rispetto a tuta la concorrenza di molecole esterne che possono legarsi. Il complesso proteico espone meno superficie esterna, questo lo rende meno incline ai danni prodotti da molecole ed enzimi presenti nel citoplasma che possono alterare la proteina stessa. Quindi alla fine troveremo spesso proteine che formano aggregati perché maggiore rapporto tra volume occupato e superficie esterna rende meno soggette a danni e degradazione da parte di enzimi. PROTEINE Le proteine sono costituite da:  carbonio (50 -55%)  ossigeno (21 -23%)  azoto (15 -19%)  idrogeno (6 -7%)  zolfo (0.3 -2.2%)  talvolta anche da fosforo o iodio, oltre a ferro e rame. [+] RIGUARDARE DALLE DISPENSE AMMINOACIDI POLARI, APOLARI, NEUTRI, CON CARATTERE IDROFOBICO P=U’ SP=CCATO, QUEL= P =U’ GRAND= O QUELL= P=U’ P=CCOL=; LEGAMI PEPTIDICI; PUNTO ISOELETTRICO ; STRUTTURA PRIMARIA, SECONDARIA, TERZIARIA, QUATERNARIA; COMPOSIZIONE, DENATURAZIONE, SOLUB=L=TA’[+] Vediamo due aspetti fondamentali della struttura terziaria: 1. riconoscimento molecolare 2. quali sono le interazioni fondam entali che guidano la formazione della struttura terziaria Partiamo dal riconoscimento molecolare: tutto i vari eventi molecolari sono guidati dall’agitazione termica (energia cinetica),la quale governa i moti (ogni parte della proteina ha dei moti propri) , e dal fatto che si vengono ad instaurare interazioni tra atomi appartenenti alla stessa molecola (intramolecolari) oppure tra atomi appartenenti a molecole diverse (intermolecolari). Ogni molecola è caratterizzata da un energia cinetica propria, proporzi onale alla temperatura corporea (37°); la presenza di questa energia cinetica dovuta all’agitazione termica determina moti traslatori, rotatori e vibrazionali sia a livello degli atomi che a livello dell’intera molecola (la quale ha delle modifiche attorno ad una forma media, che è quella caratteristica); il tutto avviene intorno ad una posizione media. La struttura terziaria delle proteine è tenuta insieme da interazione che dipendono dal carattere degli amminoacidi che costituiscono la proteina; queste fo rze sono sempre contrastate dalla presenza dell’energia cinetica e dai vari moti, quindi c’è una sorta di contrasto tra le forze che tengono unite le proteine e l’energia cinetica che tende a dislocarle. Nel mondo molecolare, quindi, i complessi si formano ma non è così improbabile che questi si dissociano (processi reversibili) : se l’energia cinetica è alta, questa vince sulle interazioni. Quindi le interazioni che si formano sono spontanee ma hanno in controparte l’energia cinetica. La formazione del com plesso indotto da queste interazioni avviene con tempi dei microsecondi. Oltre alla presenza dell’energia cinetica, c’è un altro aspetto: le catene peptidiche vengono rilasciate sulle membrane del reticolo endoplasmatico ma la maggior parte delle proteine deve essere trasportata in altre regioni, anche all’esterno della cellula. =n questo viaggio, le proteine devono diffondere con l’obiettivo di raggiungere il sito per le quali sono state prodotte al fine di operare la loro funzione. Durante il percorso, le proteine vengono in contatto con tante altre proteine che popolano il citoplasma; potrebbero quindi arrivare al sito non attivate oppure non arrivare mai, legandosi a caso. La proteina deve avere, per questo motivo, una struttura primaria con siti di lega mi unici e molto specifici che solo i propri target sono in grado di legare. Per operare tale riconoscimento molecolare a livello della cellula? La proteina deve essere dotata di una geometria molecolare rispetto al sito d’aggancio, quindi rispetto alla p roteina complementare. Anche le proteine hanno delle regioni con forme particolari e il sito di legame generalmente è affossato all’interno di una tasca; questo affossamento ha geometria diverse ( primo livello di riconoscimento : ligando e recettore con sup erfici spaziali complementari l’uno all’altro). Queste interfacce tra proteine sono poi caratterizzate dal fatto di avere una superficie abbastanza estesa (secondo livello di riconoscimento); questo aspetto, assieme alla complementarietà geometrica, apre l a possibilità di esplorare delle diversificazioni nei punti di contatto al fine di avere tanti varianti anche a parità di estensione. La strategia è avere un’interfaccia caratterizzata da molte interazioni di tipo debole (conseguenza del carattere intrins eco degli atomi esposti dagli amminoacidi) ; questo perché poche interazioni forti ridurrebbero il panorama delle varianti e, inoltre, la formazione di legami covalenti richiede un grande dispendio di energia. N.B. Il legame covalente si instaura quando due atomi mettono in comune una coppia di elettroni (partecipano le orbite degli atomi); questo caratterizza la maggior parte dei composti. Essi possono essere semplici, doppi o tripli. L’energia che caratterizza un legame covalente è di circa 180 zJ/legame (z=zepto=10^ - 21). La distanza tra atomi in un legame covalente è tra 0.1/0.16 nm. Il valore della forza necessaria per rompere tale legame è dell’ordine di 10 nN/legame (n=nano). Analizziamo ora tutti i legami non covalenti esistenti:  interazione elettrostatica: è un’interazione che avviene quando abbiamo delle particelle cariche oppure dei dipoli che esprimono una carica; l’energia elettrostatica è determinata dalla Legge di Coulomb (energia direttamente proporzion ale alla carica delle particelle in gioco e inversamente proporzionale alla distanza tra le particelle e alle caratteristiche del mezzo in cui ci troviamo). Se siamo in presenza di un elettrolita, l’energia viene schermata e dunque la stessa relazione vien e moltiplicata per un esponenziale decrescente. Il valore della carica elementare è 1.6*10^ -19 C. =ntroduciamo qualche valore: l’acqua ha costante dielettrica di valore 74 mentre in ambiente idrofobico il valore si quasi dimezza a 40). Gli amminoacidi, all ’interno della cellula, si trovano nella loro forma zwitterionica cioè forma nella quale formano un dipolo; quando di forma la catena, la sequenza di amminoacido dà luogo ad una catena neutra eccetto i terminali (NH3+ e COOH -). Quindi all’interno di una pr oteina, la presenza di cariche è determinato dal tipo di braccio latrale dei singoli amminoacidi. Nel panorama degli amminoacidi ci sono pochi amminoacidi con cariche positive (lisina e arginina) e altri con cariche negative (acido aspartico e glutamico); la maggior parte hanno braccio carico neutro. Questi 4 amminoacidi consentono la nascita di un legame ionico;  legame ad idrogeno : si tratta di un’interazione elettrica che porta alla formazione di un dipolo; questa avviene quando abbiamo un atomo di idro geno legato covalentemente ad un atomo elettronegativo, quindi viene poi condiviso da un secondo atomo (tipicamente ossigeno o azoto) anch’esso elettronegativo e che forma un dipolo. Si vengono quindi a formare due dipoli e l’idrogeno viene condiviso. Il l egame a idrogeno, di fatto, è il tipico legame che formano le molecole di acqua formata da molecole di ossigeno ciascuno dei quali legato ad un idrogeno, il quale viene attratto su un’altra molecola e la cui carica viene a contatto con il dipolo dell’ossig eno e si ha una condivisione; questo consente alle catene di acqua di formare catene di interazioni. Oltre all’acqua, il legame ad idrogeno è anche molto frequente nelle proteine: tutte le strutture secondarie, quindi la formazione di un aplha elica e del beta strend, sono tutte guidate dalla formazione di un legame ad idrogeno. L’energia associata a questo legame varia da 10 a 50 zH mentre le distanze variano da 0 .26 a 0.31 nm ;  legame di Van der Waals : le forze sono caratterizzate da una forza di attrazi one tra due atomi, associata al fatto che venga ridistribuita la carica parziale tra due atomi che si avvicinano; quindi quando gli orbitali di due atomi, è favorita l’attrazione perché la ridistribuzione determina una diminuzione di energia. Quando però d ue atomi sono costretti ad avvicinarsi, raggiunto il minimo di ottima redistribuzione, si ha un effetto repulsivo tra i due nuclei che determina un riaumento di energia. Se osserviamo due atomi che si avvicinano tra di loro, l’energia (plot blu) è nulla se siamo lontani mentre se si avvicinano l’energia diminuisce per poi risalire quando gli atomi si avvicinano troppo oltre redistribuzione. L’energia è molto bassa (8zH) ma è un’energia che riguarda per l’intera molecola, non per il singolo atomo; è inoltre un’energia che riguarda tutte le coppie di atomi, a differenza delle interazioni precedenti;  interazione aromatica : si crea quando abbiamo anelli aromatici che si avvicinano tra di loro fino ad arrivare ad un’interazione in cui si sormontano l’un l’altro. L’energia può variare dai 40 ai 50 zH per ogni anello aromatico. L’interazione è chiamata pigreco -pigreco e avvien e tra i carboni che costituiscono gli anelli aromatici. In natura ci sono delle interazioni guidate dagli anelli aromatici, ad esempio negli acidi nucleici i legami aromatici contribuiscono la stabilizzazione dei nucleotidi opponendosi all’agitazione termi ca che tende a far fluttuare la singola elica di DNA. Ci sono un paio di amminoacidi (fetil analina e criptofano) che contengono un anello aromatico, quindi nelle proteine potrebbe essere un amminoacido con anello aromatico e un ligando posto in posizione da legame interazioni con l’anello aromatico creando un’interazione abbastanza forte rispetto ad altre. Questo meccanismo viene fruttato anche nella progettazione di molecole sintetiche e farmaci, soprattutto nei casi in cui questi devono andare a targetta re siti specifici; quindi anche nel mondo farmacologico, attraverso l’utilizzo di un anello aromatico, si studia la conformazione di un farmaco sia dal punto di vista della sua attività che nella possibilità di creare farmaci che vadano a targettare siti s pecifici;  interazione idrofobica : presume che abbiamo dei fenomeni legati alle specie idrofobiche, quindi il fatto che ci siano regioni o molecole idrofobiche genera un contributo energetico perché questa interazione fa sì che due molecole idrofobiche si attraggano perché l’interazione tra di loro è favorita da un punto di vista energetico rispetto all’interazione con l’ambiente esterno (costituito prevalentemente da acqua). Questa interazione è guidata da leggi termodinamiche e dal fatto che gli elementi in natura cercano di raggiungere sempre gli stati a minore energia e, nel caso di specie idrofoniche in ambiente solvatato e acquoso, unirsi va in questa direzione anche se le specie on hanno alcuna affinità tra di loro. Questo avviene perché l’acqua è pol arizzata elettricamente ed è in grado di formare legami ad idrogeno con sé stessa; le sostanze idrofobiche invece, elettricamente apolari, non sono in grado di formare legami ad idrogeno perché non ci sono atomi elettronegativi e dunque vengono respinte da ll’acqua. Respinte dall’acqua, le molecole apolari si avvicinano l’un l’altra e si aggregano in un complesso il quale ha energia maggiore rispetto ad ogni singola molecola che lo compone; quel che varia è la superficie esposta all’acqua, quindi se nella fo rmazione del complesso le due strutture isolano una certa quantità di energia, l’energia libera di cui si avvantaggiano è di 17zJ/(nm^2 di superficie che hanno nascosto).  interazione a ponte di solfuro Passiamo ora alle interazioni fondamentali della str uttura terziaria: la struttura terziaria descrive la disposizione spaziale delle catene laterali degli amminoacidi che costituiscono le proteine; questa disposizione spaziale è il prodotto finale di tutte le interazioni che si creano tra i radicali degli a mminoacidi che costituiscono la proteina (le caratteristiche dei radicali contengono le linee guida affinché la proteina si possa ripiegare e strutturare nello spazio). La struttura terziaria è la struttura della proteina che ne permette lo svolgimento e d unque la funzione per cui la proteina è stata progettata. Se una proteina correttamente formata, e quindi biologicamente attiva, viene messa in un ambiente in condizioni che implicano la sua degradazione, essa non perde soltanto la sua struttura ma anche l a sua attività biologica in quanto intrinseca nella sua struttura terziaria. La struttura terziaria è, inoltre, legata fortemente alle condizioni di solvatazione della proteina: se parliamo di struttura terziaria biologicamente attiva, ci riferiamo alla di slocazione nello sazio della catena peptidica in un ambiente solvatato (le interazioni tra radicali sono progettati per avvenire in ambiente solvatato). Le proteine sono fatte in modo tale da avere parti della loro sequenza primaria abbondanti di atomi di carbonio, le quali interagiscono debolmente con l’acqua (regioni con natura idrofobica): se in una regione abbiamo tanti amminoacidi con alto contenuto di carbonio, queste hanno carattere idrofobico. Questi siti idrofobici, metti in ambiente acquoso, andra nno ad unirsi respinti dall’acqua; quindi la strutturazione di una proteina è guidata proprio dalle interazioni di tipo idrofobico. La presenza delle regioni idrofobiche in ambiente solvatato guida alla formazione dei complessi globulari (strutture 3D): le regioni idrofobiche si interfacciano stabilizzandosi e lasciando le parti apolari della proteina verso l’esterno; questo perché si minimizza la struttura idrofobica esposta al solvente, ad un certo punto rimarranno a contatto con l’acqua solo molecole pol ari. Da tutto questo discorso capiamo che la vita è presente solo in presenza di acqua e ambiente solvatato; nel vuoto non potrebbero esistere proteine. Oltre al carattere idrofobico della proteina, ci sono altre interazioni da considerare:  interazione elettrottica : tra atomo carico positivamente e uno carico negativamente;  legame ad idrogeno : tra tutti gli atomi elettronegativi sotto una certa distanza;  ponte disolfuro : tra due atomi di zolfo (si trova solo in un amminoacido: cisteina); quindi le protei ne solitamente hanno coppie di cisteine perché, nel progetto di ripiegamento, ad un certo punto due cisteine si trovano vicino e creano il legame disolfuro che è molto potente energeticamente; LA STRUTTURA TERZIARIA: ENERGIE IN GIOCO Piccole variazioni del l’ambiente in cui si trova la proteina possono indurre cambiamenti alle interazi