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Biomedical Engineering - Costruzioni Biomeccaniche

Completed notes of the course

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1 COSTRUZIONI BIOMECCANICHE Prof. G. Pennati , Ing. F. Berti AA 2021/22 1. BIOMECHANICAL DESIGN Vedi slide introduttive + Slide 1b. Design process 2 3 2 . PROVE SPERIMENTALI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DURANTE LA PROGETTAZIONE Durante la progettazione si possono utilizzare diversi strumenti per valutare il progetto fatto, che si usano in momenti diversi della progettazione e hanno caratteristiche diverse: 1. Modelli analitici : utilizzati all’inizio della fase prog ettuale per scartare le idee non realizzabili e tenere quelle fattibili, quindi si usa nella fase iniziale sui progetti di massima Vantaggi : o Permettono la valutazione di soluzioni analitiche o Possibile fare analisi parametriche 1 in modo semplice Svan taggi : • Si possono riprodurre solo modelli molto semplici • Si devono effettuare approssimazioni anche molto grandi 2. Modelli numerici : utiliz zati nelle fasi più avanzate della progettazione per valutare le alternative migliori tra le soluzioni progettuali proposte, insieme o al posto delle prove sperimentali Vantaggi : o Descrizione di geometrie molto complicate o Descrizione di materiali complessi o Realizzazione di prototipi virtuali (digital twin) che descrivono in tutto e per tutto la realtà de l dispositivo e possono anche essere parametrici, anche se per ogni variazione di parametro va effettuata una nuova simulazione che richiede un nuovo tempo di simulazione, anche se si effettua sullo stesso modello Svantaggi : • Costi elevati • Richiede gran de potenza computazionale • Richiede lunghi tempi per le simulazioni di modelli complessi 3. Prove sperimentali : utiliz zati nelle fasi più avanzate della progettazione per valutare le alternative migliori tra le soluzioni progettuali proposte, insieme o al posto dei modelli numerici Vantaggi : o Riproduce bene la realtà 1 I modelli parametrici sono modelli che permettono di valutare l’effetto della variazione di uno o più parametri sullo stesso modello, senza la necessità di rifare il modello da capo. 4 Svantaggi : • Elevati costi • Servono prototipi funzionali reali da poter testare • Spesso le prove sono affette da errori di misurazione • Non si possono effettuare modelli parametrici, ma per ogni variazione di un parametro va prodotto un nuovo prototipo reale Non sempre tutti e 3 gli strumenti vengono utilizzati in fase progettuale , ma l’alternativa migliore è sicuramente usare tutti gli strumenti presentati. Spesso le aziende non svolgono prove numeriche perché le norme richiedono prove sperimentali per validare i progetti; in realtà i due strumenti non sono alternativi ma si parl a di cross - validazione , ovvero una prova sperimentale valida i risultati della prova numerica e viceversa, quindi vanno combinati i due strumenti e non usati in modo alternativo. “Nessuno si fida delle prove numeriche tranne chi le sta facendo; tutti si fidano delle prove sperimentali tranne chi le sta facendo.” Per quanto riguarda le prove biomeccaniche uno degli aspetti fondamentali è riuscire a valutare gli sforzi interni agenti nel dispositivo in uso, che spesso sono molto difficili o quasi impossibili da valutare sperimentalmente. In questi casi può quindi essere più utile una prova numerica piuttosto che una sperimentale perché permette di individuare in maniera più precisa la distribuzione degli sforzi e gli eventuali punti critici da modificare nel progetto per aumentare l’affidabilità del dispositivo. Per dispositivi biomedici molto pic coli si presenta anche il problema delle dimensioni dei sensori , che spesso sono troppo grandi per essere utilizzati in prove sperimentali su dispositivi troppo piccoli. VALUTAZIONE DEGLI SFORZI INTERNI DI UN DISPOSITIVO Per i dispositivi biomedici è fondamentale condurre delle verifiche di resistenza nelle condizioni di utilizzo, per verificare che il dispositivo non si rompa; le verifiche di resistenza condotte sono di diversi tipi, ad esempio statiche , dinamiche , a fatica , ecc.. Gli s tep necessari per le verifiche di resistenza sono: 1. Dal punto di vista teorico - analitico serve un modello matematico del dispositivo, sul quale si verifica la resistenza del dispositivo nelle fasi iniziali della progettazione in modo teorico, anche su modelli approssim ati del dispositivo. 2. Se il dispositivo supera le verifiche analitiche iniziali si passa alle prove sperimentali , che verificano che la soluzione finale del progetto resista a condizioni replicate sperimentalmente; le prove sperimentali vengono richieste dalle norme per la messa in commercio dei dispositivi e devono essere fatte in un certo modo a seconda della classe di rischio a cui appartiene il dispositivo . 5 PROVE SPERIMENTALI Le prove sperimentali vanno definite in modo tale da: 1. Replicare in modo fedele le condizioni in cui il dispositivo andrà a lavorare nella realtà, per cui vanno scelte in modo accurato le condizioni di carico e di vincolo da applicare; le condizioni al contorno devono essere riproducibili e applicate in modo c ontrollato . 2. Osservare e misurare il comportamento meccanico del dispositivo durante la prova. 3. Si verifica che la resistenza del dispositivo sia sufficientemente maggiore della condizione critica di rottura, per cui si ricava il fattore di sicurezza , calcolato come il rapporto tra la condizione critica di rottura del dispositivo e la condizione di u tilizzo, che deve risultare sufficientemente elevato : !" = $ = " !" " #$% ≥ 1 Adottando un approccio puramente sperimentale va considerato che: • Serve un prototipo per ogni prova , quindi i costi sono elevati ; • Possono richiedere molto tempo , in particolare le prove a fatica che devono replicare lunghi periodi di tempo ; • Ha senso effettuare prove sperimentali solo su dispositivi prodotti in serie e non su dispositivi customizzati, per cui conviene invece effettuare prove numeriche ; • Il dispositivo deve essere testato in condizioni realistiche che replicano quelle di utilizzo; • È consigliato per i componenti meccanici ad elevato rischio di rottura ; • Viene usato solo alla fine del processo progettuale per la validazione del modello finale e NON nelle fasi iniziali. PROVE DI RESISTENZA Le prove di resistenza possono essere di diversi tipi e le condizioni specifiche con cui svolgere le diverse prove vengono generalmente descritte dalle norme : 1. Prove statiche : il dispositivo viene sottoposto ad un carico statico in una condizione che replica la condizione di normale utilizzo del dispositivo, per cui le prove sono molto diverse a seconda del dispos itivo testato . 2. Test a fatica : prove in cui il dispositivo viene sottoposto a carichi ciclici che simulano azioni fisiologiche a cui è sottoposto il dispositivo durante l’utilizzo, ad esempio il cammino, il battito cardiaco, la respirazione, ecc.. Durante le prove di solito non si osserva solo la rottura/non rottura del dispositivo ma si effettuano anche dell e misure di deformazione superficiale del dispositivo tramite degli strain gauges , da cui si può anche risalire tramite modelli analitici a gli sforzi interni agenti sul dispositivo. Si misurano poi anche altre parametri quali rigidezza , snervamento , ecc.. a seconda del dispositivo testato. 6 NORME TECNICHE Definiscono le prove sperimentali da condurre sui vari dispositivi per avere la presunzione di conformità per poi immettere il dispositivo sul mercato. Le norme tecniche impongono di effettuare test speri mentali in vitro su un certo numero di esemplari del prodotto per la validazione, solo raramente impongono anche dei test in vivo . Le norme tecniche dicono solo come effettuare le prove ma NON dicono come dovrebbero essere i risultati per essere accettabili; per valutare i risultati non si guarda la norma ma si devono fare dei CONFRONTI con le prestazioni di dispositivi già presenti sul mercato e che si sa essere affidabili. Per valutare i risultati ottenuti da lle prove sperimentali ci si rivolge anche a specialisti clinici e medici , che richiedono che i dispositivi abbiano certe caratteristiche che servono nella pratica al paziente. Per soddisfare tali richieste sarà necessario invece sviluppare dei test funzionali , che non vengono descritti dalle norme ma sono fondamentali per rispondere alle esigenze di chirurghi e pazienti. Le prove sperimentali descritte dalle norme infatti sono solo prove di resistenza, mentre per valutare altre prestazioni del dispositivo sono necessarie prove funzionali da definire in fase di progetto. ESEMPIO: norma per chiodo endomidollare Per la valutazione di un chiodo endomidollare vanno valutate due caratteristiche: a) Stabilità meccanica : che permette l’immobilizzazione delle due parti dell’osso in corrispondenza della frattura per permetterne la guarigione. à per valutare questa caratteristica va testata la resistenza del dispositivo, sia in termini statici che a fatica . b) Compatibilità biomeccanica : ovvero va valutata l’interazione meccanica tra dispositivo e corpo umano, per evitare ad esempio fenomeni quali lo stress shielding che impediscono una guarigione rapida della frattura. à per valutare questa caratteristica va testata la rigidezza (E) del dispositivo P er valutare questi due aspetti si può ricorrere a norme tecniche , che sono diverse a seconda degli enti certificatori e dei paesi a cui si fa riferimento, che descrivono co me vanno effettuate le prove sperimentali (descrivendo ad esempio i setup sperimentali da utilizzare) e quali prove sperimentali vanno eseguite per ciascuna tipologia di dispositivo. 7 à Flessione a 4 punti su chiodo endomidollare Per il chiodo endomidollare la norma prevede ad es e mpio di effettuare una prova di flessione a 4 punti . Problema piano in cui l’appoggio è una cerniera o un carrello; per avere una struttura isostatica servirebbe carrello + cerniera ma nella realtà si usano cerniera + cerniera oppure carrello + carrello perché tutte le forze agenti sono verticali La norma prevede una flessione a 4 punti e non una flessione a 3 punti perché anche se lo schema a 4 punti non è uno schema fisiologico , perché il tratto centrale è caricato con momento flettente costante e lo si può controllare cambiando la distanza s sulla macchina di prova, quindi si riesce a replicare in modo facilmente controllabile un momento flettente costante nella zona centrale, invece che avere il momento critico applicato in un singolo punto come nell a flessione a 3 punti. Flessione a 4 punti Flessione a 3 punti 8 Né lo schema a 3 punti né quello a 4 punti sono schemi fisiologici perché non replicano le condizioni di carico del chiodo in condizioni di impianto ma sono configurazioni semplici p er le prove sperimentali che permettono di replicare comunque condizioni di carico utili per la valutazione del dispositivo. à Setup sperimentale Si utilizza una macchina di prova con un banco di prova adeguato alla prova che si vuole condurre, in questo caso una flessione a 4 punti. La norma prescrive che i componenti della macchina a contatto con il provino che trasmettono la forza dalla cella di carico siano dei rulli , perché i punti contatto tra appoggi e chiodo non rimangono gli stessi durante la prova ma traslano a causa della deformazione del chiodo, quindi si utilizzano dei rulli per minimizzare le forze di attrito all’interfaccia. Attrito volvente invece che attrito radente per evitare ch e si formino degli sforzi tangenziali superficiali, che inficerebbero la prova. Inoltre il chiodo endomidollare ha delle sezioni che variano lungo la lunghezza del chiodo, a seconda di dove sono i fori per il passaggio delle viti di fissaggio e della p resenza di altri elementi. La rigidezza flessionale del chiodo , quindi varia lungo la sua lunghezza a causa della variazione delle sezioni del chiodo. A nche la progettazione dei rulli è molto importante perché vengono sottoposti ad un’azione di flessione a 3 punti , quindi se i rulli sono troppo cedevoli rispetto all’oggetto testato i risultati potrebbero essere falsati. Va quindi presa in considerazione anche la flessione dei rulli; qu esto è il motivo per cui la norma prescrive di effettuare una verifica di compliance della macchina di prova prima di effettuare la prova vera e propria, per verificare la cedevolezza del sistema di prova. Per effettuare questa prova di allineano i due rul li inferiori con quelli superiori per valutare solo la deformazione dei rulli e degli elementi della macchina di prova 2 . Si verifica quindi che la deformazione dei rulli e degli elementi della macchina di prova non sia troppo grande rispetto alle deformazioni del dispositivo da testare, ma che sia una frazione di esso. 2 In realtà la deformazione misurata in questa prova dipende sia dalla deformazione degli ele menti della macchina di prova sia dalla deformazione della sezione della trave interposta tra i rulli, ovvero del chiodo da testare (“ovalizzazione”) . Generalmente si considera che questo secondo contributo sia trascurabile o, se noto, lo si sottrae al ris ultato per considerare solo la deformazione degli elementi della macchina di prova. 9 Una volta effettuata questa misurazione si utilizza la deformazione misurata della macchina di prova per correggere i risultati che si otterranno per il dispositivo testato, sottraen do dalla deformazione totale quella imputata ai rulli, per ottenere dei risultati che considerano solo la deformazione effettiva del dispositivo. I setup di prova effettivi possono essere anche molto diversi tra loro, a seconda delle configurazioni effettive dei vari banchi di prova. Si può ad esempio utilizzare anche una macchina senza rulli ma con degli appoggi effettivi, ad esempio nel caso in cui l’attrito radente è talmente basso da non dover essere sostituto da un attrito volvente con i rulli. à Rigidezza flessionale ( bending stiffness , BS) La rigidezza della struttura si pu ò calcolare a partire dalla pendenza iniziale del grafico forza - deformazione del dispositivo testato. ' = " ( 10 A partire da questa si può calcolare la rigidezza flessionale , che dipende anche dalle caratteristiche geometriche della struttura stessa e ha quindi valenza più generale, che uò essere calcolata tramite una formula fornita dalla norma stessa: )! = ' ∙ + = , & ( . + 2 1 ) 3 " ( 4 12 BS = bending stiffness E = pendenza ini ziale F/y J = dipende dal tipo di sezione resistente à Resistenza Dalle prove effettuate si può calcolare anche la resistenza del dispositivo, valutata in termini di snervamento , che viene calcolato come il punto corrispondente allo 0.2% di deformazione residua presente nel materiale quando il carico viene rimosso. à Artefatti sperimentali Gli artefatti sperimentali possono dipendere da diversi fenomeni; il primo è quello già analizzato in precedenza, per cui la deformazione totale misurata durante la prova è data dalla deformazione effettiva del dispositivo pi ù la deformazione dei componenti della macchina di prova (rulli). Questo artefatto si può facilmente eliminare facendo una prova preliminare 3 per misurare la deformazione della macchina di prova per sottrarla ai risultati finali e considerare solo le d eformazioni effettive del dispositivo testato. Un secondo tipo di artefatto è legato alle condizioni di non - idealità della flessione a 4 punti . Infatti s olo in condizioni ideali (dispositivo perfettamente dritto e allineato alla macchina) la macchina è in izialmente in contatto con tutti i 4 punti della prova di flessione , mentre in condizioni reali solo 3 punti sono in contatto con il dispositivo sicuramente nella fase iniziale , mentre se il dispositivo è curvo o non perfettamente allineato il quarto punto potrebbe non essere inizialmente in contatto . 3 Che la norma prescrive di fare 11 Va quindi considerata una fase di assestamento iniziale , finchè la deformazione del dispositivo non è tale da assicurare il contatto in tutti e 4 i punti. La forza misurata nei punti di appoggio sarà quindi inizialmente asimmetrica, con un valore non nullo in 3 punti e un punto ancora non in appoggio. Va quindi sup erata la fase di assestamento iniziale prima di considerare i risultati effettivi della prova. Le immagini sottostanti mostrano che lo stesso setup di prova e lo stesso dispositivo ma con posizionamenti iniziali differenti causano differenze nella par te iniziale dei grafici F - y, che si assestano poi lungo la stessa curva, dopo periodi differenti a seconda di quanto ci mette la configurazione a raggiungere l’appoggio a 4 punti. Questo fatto non viene esplicitato dalla norma ma va preso in considerazione nell’interpretazione dei risultati, per sapere da dove iniziano i punti da utilizzare per l’interpolazione dei risultati effettivi. Vanno quindi fatte diverse prove, di cui si confrontano i risultati per valutare quale sia il punto nel quale iniziano ad a llinearsi le varie curve, che corrisponde all’appoggio dei 4 punti. 12 à Altri utilizzi della flessione a 4 punti (NON contenuti nella norma) La prova di flessione a 4 punti si può utilizzare per valutare quanto alcuni materiali sintetici riescono a replicare le caratteristiche delle ossa (ossa sintetiche), oppure per valutare le caratteristiche di ossa o altri tessuti espiantati da animali, ecc .. à N.B. sulle norme Le norme presenti da anni e già testate diverse volte pe dispositivi che sappiamo funzionare senza creare problemi generalmente funzionano bene e validano l’utilizzo di dispositivi effettivamente efficaci, scartando invece quei di spositivi che in vivo presenterebbero dei fallimenti. Non è detto però che una norma sia effettivamente la soluzione migliore da adottare per decidere quali test effettuare; esistono infatti casi in cui alcune norme mal progettate hanno scartato disposit ivi progettati bene e approvato invece dispositivi che hanno fallito in vivo. Va quindi fatta molta attenzione su quali norme utilizzare e, in alcuni casi, si può decidere di progettare test ad hoc invece che utilizzare i test prescritti da norma. Va ricordato infatti che i test prescritti dalle norme non sono obbligatori da eseguire ma, se fatti, danno presunzione di conformità al dispositivo per la sua messa in commercio. MODELL I ANALITIC I CHIODO ENDOMIDOLLARE Per l’analisi del chiodo endomi dollare possiamo sviluppare due modelli analitici, il primo basato sul calcolo dei momenti di inerzia approssimando la sezione del chiodo con geometrie semplici e il secondo basato sulla teoria della linea elastica. à Modello analitico 1: calcolo dei momenti di inerzia Per calcolare il momento flettente BS è necessario conoscere il modulo di Young del materiale E (dato) 4 e il momento di inerzia della sezione J , che calcoleremo in seguito: )! = ' ∙ + Per il calcolo dei momenti di inerzia analitici si approssima la sezione del chiodo endomidollare con delle sezioni geometriche semplici, che hanno momenti di inerzia noti che possono essere sommati o sottratti per ottenere il momento complessivo. Partiamo quindi da una sezione circolare cava a cui sottraiamo poi le parti superiori ed inferiori. 4 Ad esempio per l’acciaio inox E=190 - 200 GPa mentre per la lega di TI - 4Al - 6V E=110 GPa. 13 SEZIONE CIRCOLARE CAVA Il momento di inerzia si ricava per sottrazione dei momenti di inerzia della sezione esterna meno quella interna. SEZIONE CIRCOLARE CAVA CON SCANALATURE RETTANGOLARI Anche in questo caso ricaviamo il momento totale per sottrazione , ma nel caso dei rettangoli dovremo anche riferire il momento di inerzia calcolato, che è quello baricentrico, al baricentro della sezio ne complessiva, poiché i due baricentri non corrispondono 5 . Per riferire un momento di inerzia di un rettangolo ad un nuovo asse si utilizza la seguente formula: + '#()( +$$% = + ,+"-!%'."-!( − 6 & 8 ℎ Dove 6 è la distranza tra il nuovo asse e l’asse baricentrico della sezione considerata, 8 e ℎ sono le dimensioni del rettangolo Momento di inerzia di un rettangolo calcolato rispetto ai due assi yy e zz: 5 Tanto più i baricentri sono lontani quanto più grande sarà l’effetto dell’addizione o sottrazione di quella parte sul momento di inerzia complessivo. 14 Possiamo quindi calcolare i due momenti di inerzia della sezione complessiva, sottraendo al momento di inerzia della sezione circolar e cava trovato precedentemente i momenti di inerzia dei due rettangoli: Infine possiamo calcolare il rapporto tra le due rigidezze flessionali 6 trovare in yy e zz e confrontarle con i valori sperimentali: + // + 00 = 589 496 = 1 , 2 In accordo con i valori sperimentali. à Modello analitico 2: linea elastica Un altro approccio analitico che si può utilizzare è quello della linea elastica , che consente di ricavare la formula fornita dalla norma tecnica ASTM per il calcolo della rigidezza flessionale BS: )! = ' ∙ + = , & 12 ( . + 2 1 ) @ " A B 6 Questo è un metodo comodo per confrontare i risultati del modello analitico con quello dei test sperimentali, in alternativa conoscendo E si poteva ca lcolare il momento flettente BS della struttura e confrontarlo con quello ottenuto sperimentalmente. 15 Vediamo allora come si ricava tale formula applicando la teoria della linea elastica. LINEA ELASTICA La teoria della linea elastica permette di calcolare la curvatura della t rave C = 1 / E come rapporto tra il momento flettente agente sulla trave stessa F ( G ) (e dipendente dalla posizione x) e la rigidezza flessionale della trave )! = ' ∙ + : C = 1 E = F ( G ) ' ∙ + Ma la curvatura della trave si può esprimere in funzione della derivata prima e seconda della freccia ( in ogni posizione G , e sotto l’ipotesi di piccole deformazioni si può approssimare la curvatura della trave alla derivata seconda della freccia: C = ( 11 H I 1 + ( 1 & J 2 ≅ ( 11 → ( 11 ( G ) = − F ( G ) ' ∙ + Dunque risolvendo questa semplice equazione differenziale è possibile ricavare il profilo di curvatura della trave a partire dal momento flettente (integrando due volte) ed applicando le opportune condizioni al contorno. APPLICAZIONE LINEA ELASTICA ALLA STRUTT URA A partire dal momento flettente ricaviamo quindi il profilo di curvatura della trave: 16 Integriamo due volte e applichiamo le condizioni al contorno per determinare le costanti di integrazione: Ritornando infine alla variabile iniziale ( e svolgendo quale ulteriore calcolo si giunge alla formulazione presente anche nella norma tecnica : Si ricava infine la rigidezza flessionale che compare nella norma, che dipende dalla forza applicata " , dalle lunghezze del setup sperimentale ( 1 , , , . ) e dallo spostamento imposto dal vincolo A : )! = ' ∙ + = , & 12 ( . + 2 1 ) @ " A B Formula fornita dalla norma ASTM N.B. Y maiuscolo è lo spostamento noto imposto dai vincoli sulla trave nelle posizioni G 3 = , e G 3 = , + 1 mentre y minuscolo è la freccia della trave in una posizione generica ( ( G ) A = ( 3 ( , ) = ( & ( 0 ) 17 MODELLO NUMERICO CHIODO ENDOMIDOLLARE Lo stesso esperimento può essere replicato in ambiente virtuale creando un modello numerico , per confrontare i risultati con quelli sperimentali ed analitici. In questo caso per esigenze computazionali si esegue una prova considerando solo una porzione d ella macchina di prova e non la macchina di prova nel complesso, ma a differenza del modello analitico la geometria del chiodo non viene semplificata, ma replica esattamente l’oggetto reale ( digital twin ). Risultati del modello numerico RIASSUNTO PROGEETTAZIONE DEL CHIODO ENDOMIDOLLARE 18 3 . SIMULATORI SPERIMENTALI IN VITRO SIMULATORI SPERIMENTALI PER DISPOSITIVI BIOMEDICI Per fare delle prove sperimentali è necessario progettare (o comprare) dei setup sperimentali , costituiti da macchine di prova e banchi di prova specifici per le prove da effettuare. Le norme tecniche prescrivono dei test da effettuare che simulano le condizioni di lavoro del dispositivo in vivo ma spesso hanno delle caratteristiche meccaniche molto diverse dalla situazione reale. Le norme tecniche però descrivono come effettuare le prove di resistenza, ma NON test funzionali che permettono di rispondere alle domande dei chirurghi sulle prestazioni dei dispositivi ; inoltre le norme tecniche considerano solo il dispositivo e non l’interazione tra paziente e dispositivo, per cui non ten gono in considerazione le caratteristiche del paziente e le performance del dispositivo in base al tipo di caratteristiche del paziente con cui interagirà (ad esempio peso del paziente, rigidezza delle ossa a contatto con il dispositivo, ecc..) . Serve a llora progettare anche dei simulatori funzionali che permettono di testare altri aspetti dei dispositivi rispetto a quelli evidenziati dalle norme, che non riguardano solo la sua affidabilità ma soprattutto le sue prestazioni (interesse dei chirurghi e dei medici che devono impiantare i dispostivi) ESEMPIO: SIMULATORE DI BACINO Il simulatore di bacino è un setup sperimentale che permette di testare diversi dispositivi che vanno impiantati nella zona pelvica, ad esempio protesi di anca, chiodi o altri dispositivi. à Norme tecniche Per testare questo tipo di dispositivi le no rme tecniche prescrivono solo dei test di resistenza statica e a fatica (flessionali o torsionali) che non permettono di valutare le performance dei dispositivi e non considerano minimamente le caratteristiche del paziente in cui il dispositivo verrà impiantato, ma considerano solo il dispositivo da solo e la sua resistenza. Esempio di t est torsionali e di trazione di resistenza del dispositivo prescritti da n orm e ASTM 19 Esempio di t est flessionali di resistenza del dispositivo prescritti da norm e ASTM à Setup sperimentali per test funzionali Non sempre però le norme sono efficaci nel predire l’affidabilità di un dispositivo e soprattutto non prescrivono test che valutano le prestazioni del dispositivo e le sue interazioni con le caratteristiche del paziente. Nel caso di dispositivi ossei se rve ad esempio valutare aspetti che le norme non considerano, quali: a) Stress - shielding e come cambiano le deformazioni dell’osso con il dispositivo impiantato; b) Comportamento del dispositivo in pazienti con un peso elevato/ridotto; c) Comportamento del dispositivo in pazienti con una vita molto attiva/molto statica; d) Comportamento del dispositivo su fratture diverse da quelle per cui è stato specificamente progettat o; e) Carico limite del dispositivo in vivo per definire quali attività il paziente può e non può svolgere; f) Ecc… Dobbiamo allora progettare un setup sperimentale per verificare questo tipo di richieste, per cui bisogna valutare come replicare le diverse str utture presenti in vivo nel paziente e che interagiscono con il dispositivo (ossa, muscoli, …). 20 Generalmente queste prove vengono effettuate utilizzando ossa sintetiche che replicano le caratteristiche delle ossa umane 7 e fratturate in modo da replicar e la frattura da studiare. Simulazione dei diversi tipi di frattura con ossa sintetiche Oltre all’osso sintetico vanno replicati anche i muscoli , che modificano i carichi agenti in vivo sull’osso e sul dispositivo. Le inserzioni muscolari sono molto facili da rappresentare nei modelli numerici perché vengono rappresentate da forze applicati in particolari punti del modello; nelle prove sperimental i invece vanno semplificate le strutture muscolari complesse e si considerano solo i punti di inserzione muscolare fondamentali, che vengono simulati da corde attaccate all’osso nei punti di interesse e poste in tensione con una certa forza da degli attuat ori . Nella pratica però le macchine di prova standard applicano una sola forza , mentre per simulare le azioni muscolari servono 2 o 3 forze. Per risolvere questa problematica possiamo analizzare la situazione in vivo, in cui agisce una sola forza esterna , ovvero la forza peso, che si distribuisce poi in modo diverso sui diversi punti. 7 In Italia le ossa da cadavere non si possono utilizzare per legge per le prove di laboratorio. 21 In vivo la forza peso si scarica sulla testa del femore e i muscoli abduttori generano un momento sul bacino che permette l’equilibrio della struttura e al bacino di rimanere in posizione orizzontale. Senza l’azione degli abduttori che generano una forza inclinata dell’angolo alpha, il bacino (schematizzato come un'asta) non potreb be essere in equilibrio ma ruoterebbe attorno alla testa del femore. Matematicamente il muscolo abduttore può essere rappresentato come una biella, ovvero un’asta incernierata da entrambi gli estremi, sulla quale agisce una forza inclinata dell’angolo. Ev idenziando anche tutte le forze di reazione vincolare e la forza peso agente si possono scrivere le equazioni di equilibrio della struttura, da cui si ricavano i valori delle forze agenti (forza M abd dei muscoli abduttori e reazione vincolare all’anca R hip ). Svolgendo tutti i calcoli si ottiene che sull’anca agisce una forza di reazione pari circa a 3 volte il peso corporeo, che infatti è il carico che viene prescritto dalle norme per i test delle protesi di anca. L’analisi del modello in vivo tramite un modello matematico ha quindi evidenziato che in questo caso, considerando solo due forze agenti sull’osso, non serve utilizzare due celle di carico ma una sola: la cella di carico verrà utilizzata per replicare il peso corporeo agente sul bacino, mentre l’azione dei muscoli abduttori può essere replicato da una semplice biella che collega femore e bacino, la cui messa in tensione replica l’azione dei muscoli anche senza la necessità di un attuatore che genera una forza attiva (basta la tensione dell’asta ). 22 Il simulatore di bacino sarà quindi costituit o da : g) un’asta orizzontale che simula il bacino ; h) una biella che collega bacino e femore che simula i muscoli abduttori ; i) una cella di carico che simula il peso corporeo ; j) un osso sintetico che simula il femore. In questo caso quindi la macchina di prova riproduce anche la configurazione anatomica reale, ma non è detto che per testare una certa funzione la macchina riproduca necessariamente la configurazione anatomica. Vanno poi definiti anche i vincoli da utilizzare per vincolare la struttura alla macchina di prova. In questo caso di è deciso d i usare un carrello più un manicotto al posto di un semplice incastro 8 per vincolare la parte inferiore del femore. Per la parte superiore invece viene vincolata da un manicotto che permette la traslazione verticale , mentre le due travi inferiore e superiore vengono vincolate tra loro da un carrello 9 e la terza trave che rappresenta i muscoli abduttori è collegata alle altre due tramite due cerniere . Schema funzionale del sistema Schema fisico del sistema 8 Non è stato usato un semplice incastro ma un manicotto + carrello perché l’incastro avrebbe dovuto generare sia una forza verticale per equilibrare F che un momento, poiché il carrello su cui si scarica la forza non è allineato con l’incastr o. Questo avrebbe fatto sì che anche sulla cella di carico ci sarebbe ro stati dei momenti non nulli, che è meglio non avere perché la cella di carica è progettata per lavorare con una sola forza verticale ed è meglio non applicare né altre forze né momenti. Usando un sistema con manicotto + carrello invece si riesce ad evitare che un momento molto grande agisca sulla cella di carico quindi la soluzione è migliore , perché ci sarà solo una forza verticale agente sulla cella di carico . 9 Se ci fosse stata una cerniera al posto del carrello tra le due a ste la forza F applicata dalla cella di carico sarebbe stata scomposta in due forze, che avrebbero generato delle azioni sulla cella di carico diverse dalla sola forza verticale . 23 L a parte superiore della macchina di prova è costituita da due aste, i cui collegamenti al resto della struttura possono essere spostati in modo tale da regolare i bracci delle forze agenti tra le due parti della struttura. à Utilizzo del setup sperimentale per la valutazione dello stress - shielding Per valutare lo stress - shielding si può allora usare il setup sperimentale costruito sottoponendo l’osso con il chiodo endomidollare impiantato a carichi realistici; le prove vengono condotte sull’os so sano, sull’osso appena fratturato con chiodo endomidollare e sull’osso non fratturato con chiodo endomidollare (che simula la condizione in cui l’osso si è rimarginato dopo la frattura ma il chiodo non è ancora stato rimosso) e se ne registrano le defor mazioni durante la prova di carico che simula le condizioni di utilizzo in vivo. 24 Ne risulta che le deformazioni dell’osso sono maggiori nel caso di osso sano e minime nel caso di osso rimarginato con ancora chiodo impiantato ; quindi in questa ultima condizione lo stress - shielding è massimo perché la maggior parte del carico viene sostenuta dal chiodo mentre l’osso viene sottoposto solo a piccole deformazioni e quindi tenderà a riassorbirsi. Da queste prove funzionali risulta quindi m olto importante rimuovere il chiodo non appena l’osso si è rimarginato. à Utilizzo del setup sperimentale per la valutazione del carico limite (peso massimo del paziente) In questo caso utilizziamo il setup sperimentale per la valutazione del carico massimo , ma in questo caso non eseguiamo una semplice prova statica ma una prova ciclica che simula il cammino del paziente, per verificare quale sia il carico massimo applicabi le in questa condizione, e quindi il peso massimo del paziente su cui si può impiantare il dispositivo. In questo caso dobbiamo valutare anche l’azione di un ulteriore muscolo (ileo tibiale) e non solo dei muscoli abduttori ; per valutare anche l’azione di un nuovo muscolo sulla struttura si possono sviluppare diverse configurazioni. CONFIGURAZIONE 1 La prima configurazione possibile per aggiungere il nuovo muscolo consiste nell’inserirlo come una nuova fune . Dobbiamo quindi inserire una cella di carico aggiuntiva che tiene in tensione la fune e simula l’azione del muscolo ileo - tibiale e un tenditore che permette di variare la rigidezza della fune. È necessario inserire anche il tenditore perché il collegamento della fune con il resto del sistema viene fatto tramite una cerniera che inserisce (2n - 1) Gdv = 2 Gdv e quindi la struttura diventa iperstatica e il suo comportamento dipende dalla rigidezza del sistema , quindi è necessario inserire anche un tenditore. d = tenditore 25 CONFIGURAZIONE 2 Un’altra alternativa per inserire l’azione di un nuovo muscolo nella struttura, invece che usare una nuova cella di carico con tenditore , è sfruttare un sistema di leve . In questo modo è possibile sviluppare più forze a partire da una sol a cella di carico, la cui entità dipende dai bracci di leva che si sceglie di usare. In questo caso la struttura rimane isostatica e non richiede l’inserimento di alcuna cella di carico. Questa configurazione è stata ad esempio utilizzata per studiare i micromovimenti di una protesi rispetto all’osso quando determinati muscoli agiscono sulla struttura. Si studia quindi la stabilità primaria della protesi con l’effetto dei vari muscoli. RIASSUNTO CONFIGURAZIONI Configurazione A Configurazione B Configurazione C 26 • Configurazione A : configurazione di carico più semplice in cui viene testato solo l’impianto protesico, senza simulare l’azione di muscoli ( norma ); • Configurazione B : configurazione per test funzionale che rappresenta anche l’azione dei muscoli abduttori; • Configurazione C : configurazione per test funzionale che rappresenta sia l’azione dei muscoli abduttori che del muscolo ileo - tibiale; può essere fatta con sistema di leve oppure con celle di carico + tenditore. 27 4 . VERIFICHE DI RESISTENZA Per verificare la resistenza di un dispositivo vanno trovati e studiati i punti critici del dispositivo, in cui agiscono gli sforzi massimi, e verificare se questi sforzi so no inferiori agli sforzi limite di rottura del materiale. Fare una verifica di resistenza consiste quindi nella comparazione tra sforzo massimo agente e sforzo limite del materiale . Quando ci sono delle incognite nella struttura che vanno stimate si cerca generalmente di fare delle ipotesi in sicurezza, considerando i casi peggiori possibili. In questo caso si effettuano quindi delle correzioni che riducono le prestazioni dei material i in un’ottica di sicurezza, per cui si passa dal valore di sforzo limite dei vari materiali 10 a d un valore detto sforzo ammissibile , che riduce la resistenza ideale dei materiali per considerare tutti i fattori non ideali incogniti del problema. Sforzo limite N 4-5 à sforzo amm i ssibile N +55 Equivalentemente al posto di introdurre lo sforzo ammissibile si può utilizzare lo sforzo limite e agire sullo sforzo massimo agente sul dispositivo, aumentando il valore ottenuto di un certo fattore per ragioni di sicurezza e confrontarlo poi con il valore limite ideale (stesso procedimento, ma si agisce su due membri diversi della disequazione). N 5+6 ≤ N +55 = N 4-5 P Dove N 5+6 è lo sforzo di snervamento (yielding) per materiali d uttili e lo sforzo massimo (UTS) per materiali fragili 10 Misurato e tabulato per ciascun materiale, generalmente tramite prove di sf orzo uniassiale. 28 Q = RSTUUVRVTWXT YV ZVR[\T]]^ P > 1 Il coefficiente di sicurezza P esprime quanto il dispositivo si trova vicino o lontano dalla condizione limite di rottura. Tanto più il coefficiente di sicurezza P è grande tanto più la sicurezza del dispositivo aumenta e deve sempre essere maggiore di 1 (altrimenti saremmo in una si tuazione in cui la verifica di resistenza NON è verificata), ma non deve essere troppo elevato altrimenti il dispositivo risulterà sovradimensionato. È quindi fondamentale scegliere in modo opportuno il coefficiente di sicurezza, scegliendo un valore ne troppo piccolo ne troppo grande e dipende da: a) S emplificazione della geometria , ad esempio nel caso in cui si vuole utilizzare un caso di De Saint Venant 11 ; b) S emplificazione del materiale , ad esempio semplificazione di materiale puramente elastico lineare; c) Incertezze su carico e vincoli ; d) Incertezze sulle proprietà dei materiali , ad esempio la sua rigidezza; e) Fenomeno impredicibili che potrebbero accadere al dispositivo in uso; f) Sforzi residui sul dispositivo anche quando non è soggetto a carichi esterni, legati ad esempio al press - fit della protesi nell’osso o ad altri sforzi agenti a riposo; Anche dopo aver valutato tutti i fattori che realmente agiscono sul coefficiente P lo si aumenta ul teriormente di un fattore aggiuntivo di sicurezza , dunque se il coefficiente risultante dalla precedente analisi è 2 tendenzialmente si sceglierà un coefficiente di sicurezza finale più elevato, ad esempio 3 o 4. FATTORE DI SICUREZZA PER CARICHI STATICI Il coefficiente di sicurezza per carichi statici si può calcolare nel seguente modo: P = ` 7 $ Dove: • a 8 ≥ b prende in considerazione gli aspetti geometrici , è legato alla concentrazione localizzata di sforzi e dipende dal materiale considerato e dal tipo di frattura che lo caratterizza; • c coefficiente di sicurezza globale , che prende in considerazione il tipo di materiale nel complesso, ad esempio considera se il materiale è caratterizzato da rottura di tipo duttile o fragile 11 Nel caso in cui si utilizzano simulazioni numeriche invece non è necessaria una semplificazione della geometria 29 Ad esempio per m ateriali fragili servono coefficienti di sicurezza maggiori perché rispetto ai materiali duttili hanno una rottura improvvisa e senza segni di preavviso, mentre la rottura dei materiali duttili passa prima per una fase di deformazione plastic a evidente che la rende più predicibile, quindi servono fattori di sicurezza minori . Il coefficiente di sicurezza è strettamente legato anche al tipo di applicazione per cui il dispositivo è pensato e al livello di rischio associato per gli utilizzatori di tali dispositivi. VERIFICA E DIMENSIONAMENTO Nell’ambito della sicurezza dei dispositivi possiamo distinguere due differenti concetti: 1. Verifica del dispositivo (d evice verificati on): S i verifica che un certo dispositivo già progettato riesca a riesistere in particolari condizioni di carico, dai cui risultati si può ricavare il margine di sicurezza come sforzo limite fratto sforzo agente in queste condizioni ; 2. Dimensionamento del dispositivo (d evice sizing ) : I l dispositivo non è ancora stato completamente progettato e serve ancora scegliere alcune soluzioni progettuali per cui si fissa a priori un valore del coefficiente di sicurezza che il dispositivo deve avere e sulla base di questo e dei carichi agenti si scelgono le rimanenti carat teristiche del dispositivo 30 In questi due casi si distinguono c oefficiente di sicurezza e margine di sicurezza , che sono uguali come concetto ma fanno riferimento a procedimenti diversi: • Coefficiente di sicurezza à valore che si sceglie durante il dimensio n amento ( device sizing ) • Margine di sicurezza à valore che si ricava sulle condizioni note durante la verifi ca ( device verification ) 31 5 . VERIFICHE DI RESISTENZA GLOBALE E LOCALE SCALA GLOBALE E SCALA LOCALE Nello studio del comportamento di un dispositivo possiamo porci su due livelli diversi: - Comportamento locale à sforzo locale del materiale - Comportamento globale à resistenza complessiva del dispositivo Ha senso distinguere tra comportamento globa le e locale solo quando la distribuzione degli sforzi non è uniforme nel dispositivo, altrimenti i due comportamenti coinciderebbero; quando facciamo questa distinzione stiamo quindi parlando di una distribuzione non omogenea degli sforzi e questo può avve nire ad esempio in due casi: 1. Geometria che genera un diagramma di sforzi non uniformi, ad esempio un intaglio geometrico ; à CASO 1 2. Carico che genera un diagramma degli sforzi non uniforme, ad esempio una flessione o torsione . à CASO 2 Studieremo quindi due problematiche: a) Effetto del tipo di materiale (duttile vs fragile) ; b) Effetto della non linearità del materiale (duttile o fragile) , infatti nelle semplificazioni di De Saint Venant si considerano materiali lineari elastici, mentre introducendo delle non - idealità (materiali elastoplastici) si hanno degli effetti sul comportamento locale del materiale . CASO 1 : SFORZI NON UIFORMI DOVUTI ALLA GEOMETRIA à I ntaglio geometrico e sovrasollecitazione da intaglio (stress concentration factor) I dispositivi geometrici hanno spesso geometrie complesse che possono essere approssimate da geometrie semplice ma non hanno quasi mai esattamente una geometria semplice, a causa di sezioni variabili o forme complesse. Per queste geometrie l’approccio di De Saint Venant non funziona e va considerata la geometria reale del dispositivo. Parliamo quindi di intaglio geometrico per tutte quelle geometrie in cui ci sono degli intagli che allontanano la geometria reale da quella semplice ideale e che modificano la distribuzione degli sforzi nel materiale. 32 Consideriamo ad esempio una trave in cui vi è una diminuzione lo cale della sezione : K t à fattore di intensificazione degli sforzi , indica quanto gli sforzi sono più elevati localmente rispetto al valore stimato da DSV d . ≥ 1 Gli intagli geometrici possono essere dovuti a : • Discontinuità geometriche • Discontinuità di materiale Esempi di intagli geometrici sono: - V ariazione di sezione di una trave ; - F orme molto irregolari ; - P resenza di cave o fori 12 ; - S aldature (variazioni di rigidezza dovute a variazioni di fase del materiale o di materiale) ; - A ccoppia menti di pezzi diversi ; - Etc… 12 In questo caso non si sta dicendo che il foro indebolisce la sezione perché rimuove materiale dal dispositivo ma che in pr ossimità del foro si ha un intaglio geometrico che genera un certo kt che aumenta lo sforzo reale rispetto a quello calcolato con DSV . Studiando il problema tramite DSV troveremmo che nelle parti esterne la sezione resistente A 1 genera un certo sforzo, mentre nella parte centrale a sezione ridotta A 2 lo sforzo aumenta C onsiderando invece la stessa sezione e la distribuzione reale degli sforzi notiamo che i risultati di DSV non coincidono con la realtà e soprattutto DSV non è in grado di trovare lo sforzo massimo realmente agente, evidenziato dalle zone rosse negli intagli, dunque si rischia di sottostimare la resistenza del dispos itivo 33 à Effetto di i ntaglio L’effetto principale degli intagli geometrici è la deflessione delle linee di forza all’interno del dispositivo, che caus a delle sovrasollecitazioni locali . Analogia tra la distribuzione della forza all’interno del materiale e il flusso di un liquido, per cui le grandezze globali in analogia sono la forza applicata data da sforzo per area e la portata del liquido data da velocità per area. Si considera quindi di avere un flusso di fluido con profilo di velocità piatto, analogo all’applicazione di uno sforzo uniforme sull’area. Senza la presenza di ostacoli (intagli) le linee di flusso procedono indisturbate fino all’altro estremo, senza essere deflesse, e si distribuiscono uniformemente. Nel caso in cui consideriamo invece una trave con un intaglio geometrico, analoga ad un ostacolo lungo i l flusso del fluido, vedremo che le linee di forza lontane dall’intaglio (sia quelle laterali che quelle sulla tra iettoria dell’ostacolo ma lontano da esso) sono parallele tra loro e non vengono disturbate dall’ostacolo, mentre le linee di forza vicine all’intaglio vengono deflesse , così come le linee di flusso di un fluido devierebbero per evitare l’ostacolo. La d eflessione delle linee di forza genera una sovrapposizione locale delle linee di forza, che si traduce in una sovrasollecitazione del materiale in quei punti. 34 L’ effetto della presenza dell’intaglio è quindi un’ intensificazione locale degli sforzi ; poiché l ’ energia fornita deve essere sempre costante, se nella zona vicino all’intaglio gli sforzi aumentano il valore di sforzo uniforme lontano dall’intaglio diminuisce rispetto al caso in cui non ci sono intagli ( N 9:; ) . Le zone con intaglio presentano quindi una sovrasollecitazione che aumentano il pericolo di cedimento del dispositivo in particolare in presenza di carichi ciclici , per cui per migliorare la resistenza a fatica del dispositivo si dovrà sempre cercare di minimizzare gli effetti di intaglio. Anche per carichi statici la presenza di intagli geometrici potrebbe aumentare il pericolo di cedimento, in particolare se si tratta di materiali fragili , mentre per materiali duttili dipende da cosa si intende per cedimento. à S tress concentration factor ( K t ): geometria del dispositivo Il fattore di intensificazione degli sforzi K t dipende dalla geometria del dispositivo ed indica di quando lo sforzo reale agente all’intaglio aumenta rispetto al valore stimato idealmente tramite di DSV . Per ciascun tipo di geometria e di sezione vengono tracciati dei grafici che indicano il valore del fattore di intensificazione degli sforzi al variare delle dimensioni geometriche che caratterizzano quel tipo di sezione. Nell’immagine di destra viene ad esempio riportato l’andamento del fattore di intensificazione de gli sforzi per una t rave con sezione variabile con un raccordo (non bruscamente ). Per questa sezione s i prendono in considerazione due fattori che hanno effetto su k t : 1) V ariazione di diametro ( t = d2 – d1 ) 2) R aggio di raccordo ( r ) Il fattore di intensificazione degli sforzi aumenta all’aumentare della differenza tra i due diametri e al diminuire del raggio di raccordo . In modo analogo si può tracciare l’andamento del fattore di intensificazione degli sforzi anche per altre sezioni. 35 In questo caso invece consideriamo un foro di diametro d in una piastra di larghezza b e sottoposta ad un carico P . Lo s forzo viene calcolato come carico applicato fratto sezione resistente in corrispondenza del foro (sforzi massimi rispetto ai punti lontani dal foro ). Il fattore di intensificazione degli sforzi k t aumenta all’aumentare della dimensione del foro rispetto alla dimensione della piastra . Notiamo che l ’ intensificazione degli sforzi peggiore si crea nel caso in cui il foro è il più piccolo poss ibile , infatti il grafico aumenta spostandosi verso sinistra ; questo potrebbe sembrare contro intuitivo perché si potrebbe pensare che l’intensificazione degli sforzi dovrebbe essere maggiore nel caso in cui si toglie una quantità maggiore di materiale dal la sezione resistente. Il comportamento reale per cui l’ intensificazione è maggiore per fori molto piccoli è spiegat o dal fatto che intagli molto grandi causano effetti “prevedibili da lontano” per cui il carico si può ridistribuire bene all’interno del materiale, mentre intagli molto piccoli causano sovrasollecitazioni che vengono gestite solo localmente e quindi causan o delle sovrasollecitazioni maggiori, che non si distribuiscono anche nei punti lontan i ma solo in quelli molto vicini. 13 à Valutazione del fattore di intensificazione degli sforzi K t Per calcolare i valori dei fattori di intensificazione degli sforzi si conducono delle prove di diverso tipo, per ricreare i diagrammi visti precedentemente che valutano il valore del K t al variare delle condizioni del dispositivo: 1. Prove ad elementi fini ti (FEM); 2. Tecniche sperimentali (fotoelasticità). Prove numeriche Prove sperimentali 13 Come nell’analogia del fluido, un ostacolo molto grande si può vedere da lontano e si può prevedere per tempo come ridi stribuire il flusso in modo meno pericoloso, mentre ostacoli piccoli si vedono solo quando si è vicini ad essi e quindi non si può prevedere in anticipo come gestire il carico ma lo si fa solo localmente, causando sovrasollecitazioni locali anche molto gra ndi . 36 Valutazione tramite FEM del k t in condizioni di carico flessionale su una trave curva con un raggio di raccordo molto grande (sx) e con un raggio di raccordo pic colo (dx) rispetto ai valori di DSV. Si nota che nel caso di raggi di raccordo piccoli i valori di sforzo massimo si discostano molto di più da quelli ideali calcolati con DSV. à Stress concentration factor (Kt): carico Anche il tipo di carico agente sul dispositivo nei punti dell’intaglio geometrico , oltre che la geometria della sezione, h a un effetto sul k t e p uò farlo variare. Nei diagrammi seguenti notiamo ad esempio come carichi di flessione e di trazione presentano andamenti di k t diversi sulla stessa sezione. 37 N.B. il k t serve quando si ragiona “carta e penna” su geometrie semplificate, su cui però è necessario applicare delle correzioni per tenere conto degli effetti delle non - idealità che fanno aumentare gli sforzi reali. Man mano che si passa all’utilizzo delle FEM però il valore di k t risulterà sempre meno utile poiché nelle simulazioni numeriche si tiene conto già di tutte le idealità e si ottengono dei risultati corretti, senza bisogno di ulteriori correz ioni degli sforzi ottenuti. à Intagli multipli Nel caso in cui il dispositivo presenti degli intagli geometrici multipli , invece che un intaglio isolato (ad esempio dei fori in serie invece che un singolo foro isolato) l’effetto degli intagli sarà diverso, in particolare avremo che intagli multipli e molto vicini riducono gli effetti dell’intaglio totale , poiché la situazio ne sarà simile ad avere un singolo intaglio molto più grande. NON si ha quindi una sovrapposi zione degli effetti ma un parziale annullamento degli effetti di intaglio di alcuni degli intagli , chiamato e ffetto ombra . Tale effetto è benefico perché k t si riduce tanto più il foro è piccolo e vicino e viene “coperto” dal foro grande, dunque l’effetto ombra si può sfruttare quando si vogliono ridurre gli effetti di sovrasollecitazione causati da intagli geometrici molto importanti. K t di un foro isolato ri s petto al K t dello stesso foro vicino ad un altro foro, più o meno lontani. K t singolo foro = 2.156 K t due fori a distanza variabile à tabella (riduzione) 38 à Accorgimenti progettuali per ridurre la sovrasollecitazione da intaglio Immaginiamo ora di dover valutare il K t in delle condizioni per cui abbiamo delle geometrie che non possiamo modificare per questioni funzionali, ma possiamo cercare di effettuare d egli accorgimenti che permettono di ridurre il K t : • A lbero + mozzo : si cerca di aumentare il raccordo tra l’albero e il mozzo, facendo aumentare le sezioni di uno dei due vicino all’incastro . • A lbero con foro : si cerca di aumentare i raccordi tra le diverse sezioni oppure di sfruttare l’effetto ombra effettuando delle cave poco profonde (non passanti) prima del foro passante; in questo modo abbiamo degli intagli di grossa dimensione che permettono di avere minori sovrasollecitazioni locali e che fan no ombra al foro più piccolo e passante, che invece causerebbe dei k t molto più alti . • A lbero con cava : analogamente all’albero con foro si cerca di inserire delle cave meno profonde vicino alla cava principale sfruttando l’effetto ombra , in modo che le cave facciano ombra alla cava funzionale e diminuiscono i l k t 39 à Stress concentration factor (K t ): materiale Il kt è presente per qualsiasi tipo di materiale nei dispositivi in cui è presente intaglio. Vogliamo ora chiederci se le sovrasollecitazioni locali causate dagli intagli superano lo sforzo limite del materiale, questo causerà il fallimento globale del dispositivo o rimarrà solo un effetto locale che non inficia la resistenza globale? Analizziamo i seguenti casi: a) Materiale duttile con carico statico b) Materiale fragile con carico statico Il caso di prove a fatica su materiali duttili e fragili verrà analizzato in seguito. a) Resistenza a trazione di una trave in materiale DUTTILE con intaglio geometrico (carico STATICO) Consideriamo una prova di trazione statica di una trave senza foro e con foro in materiale duttile ; quando si arriva a snervamento il grafico forza - allungamento varia l’inclinazione e raggiunge un plateau e non può più aumentare . Si confrontano una trave piena e una trav e forata con sezioni resistenti uguali agli estremi : nella trave con foro si ha una resistenza minore ma una rigidezza uguale inizialmente 14 . La trave senza foro presenta punto angoloso molto evidente al raggiungi - mento dello snervamento e poi curva piatta , mentre la trave con foro ha un punto angoloso meno evidente al raggiungimento dello snervamento e poi plateau Vogliamo capire l’effetto dell’intaglio geometrico (in questo caso il foro centrale) sulla resistenza del dispositivo, confrontando quindi il comportamento del caso con e senza intaglio. 14 Resistenza à rottura Rigidezza à pendenza del grafico 40 Se si fa uno zoom delle curve nei punti di snervamento si nota che le rigidezze iniziali iniziano in realtà a differenziarsi prima del punto di snervamento . Per valutare il comportamento della trave con foro rispetto al comportamento di una trave di DSV non possiamo però usare la trave originale senza foro, perché nel c entro hanno sezioni resistenti diverse, ma dobbiamo considerare una trave con sezione resistente che sia la metà di quella originale. Curva superiore viola: curva della trave originale di dimensione 12 mm Curva centrale rossa: curva della trave con foro di D=5mm Curva inferiore viola: curva della nuova trave con sezione dimezzata a 6 mm, da confrontare con il comportamento della trave forata confrontando il comportamento della trave con foro e della trave con sezione equivalente a quel la della trave con foro (dimezzata rispetto a quella originale) mostrano la stessa resistenza , ovvero il plateau della massima forza sopportabile dai due componenti si assesta sullo stesso valore, anche se viene raggiunto ad allungamenti diversi. Entram be le travi possono sopportare circa 9000 N come forza limite, sia con che senza for o, dunque localmente c’è una variazione ma la resistenza globale rimane la medesima e non viene inficiata dalla presenza dell’intaglio (se si considera come cedimento la co ndizione per cui il dispositivo non può aumentare ulteriormente il carico sopportato). Studiamo allora più nel dettaglio il comportamento di un MATERIALE DUTTILE SOTTOPOSTO A TRAZIONE STATICA . Confrontiamo il comportamento del materiale studiato tramite l’approccio approssimato di DSV con il suo comportamento reale. 41 Nella parte superiore rappresentazione degli sforzi reali agenti sul materiale con intaglio, nella parte inferiore rappresentazione degli sforzi agenti secondo DSV Nei due casi le distribuzioni sono diverse ma l’integrale degli sforzi deve essere uguale nei due casi perché l’energia fornita è la stessa, quindi alcune zone nel caso reale saranno più sollecitate, alcune meno ma la somma di tutti gli sforzi è uguale a quella del caso ideale in cui gli sforzi sono uniformi i