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Chemical Engineering - Mechanics of Solids and Structures II

Il legame elastico

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Politecnico di Milano Facoltà di Ingegneria dei Processi Industriali Corso di Laurea in Ingegneria Chimica Scienza delle Costruzioni Dispense del corso Prof. Maria Gabriella Mulas Dipartimento di Ingegneria Strutturale Capitolo 6 Il continuo deformabile: Il legame elastico Indice 1. La caratterizzazione meccanica dei continui in campo elastico........................................................................\ .............. 1 1.1. Il legame elastico........................................................................\ ............................................................................. 3 1.2. Il lavoro di deformazione (lavoro interno)........................................................................\ ....................................... 5 1.3. Il potenziale elastico........................................................................\ ........................................................................ 7 1.4. Il teorema di Clapeyron........................................................................\ ................................................................... 8 2. Il legame elastico per i materiali isotropi........................................................................\ .............................................. 10 3. La determinazione delle costanti elastiche per i materiali isotropi........................................................................\ ....... 14 3.1. Limitazioni al valore delle costanti elastiche........................................................................\ ................................. 17 4. Il problema dell'equilibrio elastico........................................................................\ .......................................................20 5. Esercizi........................................................................\ ................................................................................................. 23 Referenze [1] F.P. Beer, E. R. Johnston, J.T. DeWolf, Meccanica dei solidi. Elementi di Scienza delle Costruzioni. Terza Edizione, McGraw Hill 2006. [2] A. Luongo, A. Paolone, Scienza delle Costruzioni. Vol. 1. Il continuo di Cauchy. Casa Editrice Ambrosiana, 2005. Il testo [1], capitolo 2, deve essere utilizzato per lo studio della descrizione fenomenologia del comportamento meccanico dei materiali e la determinazione sperimentale delle costanti elastiche. Le figure 1.3 e 2.1 di questa dispensa sono tratte dal testo [2]. Una descrizione più dettagliata dei fenomeni viscosi può essere trovata nel testo [2], reperibile in biblioteca centrale. Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 1. La caratterizzazione meccanica dei continui in campo elastico Abbiamo visto come le sole condizioni di equilibrio non siano sufficienti a determinare il valore assunto dagli sforzi per effetto dei carichi esterni agenti, e come le sole considerazioni di natura geometrica non consentano la determinazione delle deformazioni. Infatti, sono differenzialmente indipendenti solo tre delle sei equazioni di congruenza che legano tra loro le componenti dello stato di deformazione, escludendo la dipendenza esplicita dagli spostamenti. Per poter quindi risolvere il problema della determinazione degli stati di sforzo e di deformazione occorrono delle condizioni ulteriori. Queste possono essere trovate nella descrizione del comportamento meccanico del materiale, cioè nella descrizione del modo in cui il materiale risponde, deformandosi, a determinate sollecitazioni. La descrizione fenomenologica del comportamento dei materiali è stata affrontata facendo riferimento alle prove a trazione (o compressione) monoassiale; si sono distinte due classi di materiali di interesse strutturale, quelli fragili e quelli duttili, e si sono individuate le caratteristiche fondamentali del comportamento elastico e di quello plastico che si instaura nei materiali duttili per livelli di sollecitazione superiori al limite di snervamento. La descrizione del comportamento fenomenologico è stata limitata allo studio dell’effetto istantaneo di carichi applicati in maniera statica, cioè cosi lentamente da non indurre significative forze d’inerzia all’interno del provino analizzato. Fig. 1.1 – Andamento al variare del tempo di (a) deformazioni (viscosità); (b) sforzi (rilassamento). (a) (b) Occorre però osservare che esistono anche degli effetti dipendenti dal tempo: la viscosità del materiale induce gli effetti che sono dipendenti dall’intervallo di tempo trascorso dall’istante di 1 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico applicazione del carico, anche se il carico stesso non viene variato. Si parla di creep o viscosità per indicare il fenomeno con cui le deformazioni crescono nel materiale soggetto a uno stato di sforzo costante (Fig. 1.1a), e di rilassamento per indicare il fenomeno per cui lo stato di sforzo decresce in un materiale soggetto ad una deformazione costante (Fig. 1.1b). E’ da osservare che il comportamento viscoso introduce nella relazione tra gli sforzi e le deformazioni il parametro tem- porale t: in una prova monoassiale risulterà σ = σ(t) ed ε = ε(t). Il comportamento plastico invece modifica la forma della curva σ = σ(ε), introducendo una dipendenza indiretta dal tempo attraverso la derivata della deformazione rispetto al tempo .ε Occorre infine citare che esiste un’ulteriore dipendenza dal tempo nel comportamento meccanico dei materiali, legata alla velocità di deformazione; essa tuttavia diviene significativa solo per velocità di carico elevate, quali possono essere quelle dovute ad urti, impatti, etc. 2 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 1.1. Il legame elastico Le prove sperimentali mostrano un’ampia gamma di possibili comportamenti meccanici, ognuno dei quali richiederebbe una particolare formulazione matematica in grado di descrivere l’eventuale dipendenza dal tempo e/o dalla storia di carico. L’ambito del corso è ristretto ai soli materiali a comportamento elastico: da un punto di vista matematico diremo elastico un materiale in cui la generica componente p ij dello stato di sforzo, all’istante t e nel punto che in un certo sistema di riferimento ha vettore posizione x, è data da una funzione F ij delle componenti del tensore di deformazione nel medesimo punto e al medesimo istante: () ()( xx ε x;t,Ft,p ij ij = ) i, j = 1, 2, 3 (1.1) In un materiale a comportamento elastico, pertanto, lo stato di tensione all’istante t non dipende dalla precedente storia di deformazione, ma solo dalla configurazione locale in quell’istante. Se il materiale è omogeneo le funzioni F ij non dipende esplicitamente da x: () ()() t,Ft,p ij ij x ε x= i, j = 1, 2, 3 (1.2) Nel caso dei materiali elastici si assume che le funzioni F ij descrivano una corrispondenza biunivoca e monotonamente crescente tra il valore degli sforzi e quello delle deformazioni. Se infine il materiale ha comportamento lineare, ogni sforzo è linearmente dipendente da ciascuna deformazione, e la relazione che lega il singolo sforzo con la singola componente di deformazione non dipende dalla presenza contemporanea delle altre componenti. In questo caso le funzioni F ij si riducono ad una combinazione lineare delle εkl: klijkllkij D p ε ∑∑ = 3 1 3 1 i, j = 1, 2, 3 (1.3) La relazione tra gli sforzi e le deformazioni è di tipo omogeneo: si assume quindi che le solleci- tazioni nel materiale siano nulle quando sono nulle le deformazioni. I coefficienti D ijkl sono delle costanti, che dipendono dal tipo di materiale che si considera e prendono il nome di moduli elastici; essi rappresentano le 81 componenti di un tensore quadruplo. I coefficienti indipendenti del tensore sono tuttavia nel numero di 36, per l’esistenza della cosiddetta simmetria debole del tensore. Infatti: pij = pji sicuramente è anche Dijkl = Djikl Inoltre si può dimostrare che, essendo anche εkl = εlk si ha che Dijkl = Dijlk La definizione del legame elastico ora dato si richiama implicitamente ad una terna x1, x2, x3 rispetto a cui sono valutate le pij e le εij. Operando una rotazione del sistema di riferimento è chiaro che, in generale, le funzioni Fij ed i coefficienti Dijkl mutano fisionomia, modificando la loro forma ed il 3 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico loro valore, pur sempre nel rispetto del principio di indifferenza del riferimento materiale , che asserisce che due “osservatori” debbono poter determinare lo stesso valore della tensione, indipendentemente dal riferimento spazio-temporale in cui essi si pongono nel valutare il moto del corpo. Il modificarsi dei coefficienti Dijkl o delle funzioni Fij consente di tenere in conto l’eventuale anisotropia del materiale: un cubetto estratto dal corpo offre infatti una risposta elastica differente al variare della sua giacitura. Se invece la forma delle funzioni Fij, o il valore dei coefficienti Dijkl è insensibile a qualunque rotazione del riferimento materiale x1, x2, x 3, si dice che il materiale è isotropo: il materiale possiede le stesse caratteristiche meccaniche in ogni direzione. Tenendo conto delle simmetrie del tensore Dijkl possiamo utilizzare dei coefficienti dij a 2 indici: 12663165236433632262116112 31 23 331121 2212163115231433132212111111 ................... εεεεεε ε εεεεεε ddddddp p p p dp ddddddp +++++= = = =+= +++++= (1.4) Le (1.4) esprimono il cosiddetto legame diretto, cioè quello che, date le deformazioni, fornisce gli sforzi. Essendo il legame elastico univocamente definito, queste relazioni possono essere invertite per ottenere il legame inverso, che fornisce le deformazioni in funzione degli sforzi: 12663165236433632262116112 31 23 33 222211212212163115231433132212111111 ............ pcpcpcpcpcpc pcpc pcpcpcpcpcpc +++++= = = = ++= + + +++= ε ε ε ε ε ε (1.5) Si può osservare che è possibile raccogl iere ordinatamente in due vettori p ed ε le componenti rispettivamente del tensore di sforzo e di quello di deformazione: 126 315 234333 222 111pp pp pppp pp pp = = == = = (1.6) 126 315 234333 222 111εε εε εεεε εε εε= = == = = (1.7) Tenendo conto delle (1.6) e (1.7) le relazioni (1.4) e (1.5) possono essere sintetizzate in forma matriciale, essendo la matrice c l’inversa della matrice d dei coefficienti dij : ε dp⋅= (1.8) 4 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico pc ε⋅= (1.9) Vedremo nel seguito come l’aspetto energetico del fenomeno elastico e l’esistenza nel materiale di quelli che vengono definiti piani di simmetria elastica consentano una significativa riduzione del numero di costanti che è necessario determinare per caratterizzare il legame elastico. 1.2. Il lavoro di deformazione (lavoro interno) Un modo semplice di stabile un legame tra sforzi e deformazioni è quello di collegarli attraverso il concetto del lavoro; in particolare si vuole valutare il lavoro elementare compiuto dagli sforzi pik, cui corrisponde lo stato di deformazione εik, per effetto di variazione infinitesima dεik della deformazione. Consideriamo a tal fine il volume elementare rappresentato in Fig. 1.2; sulle facce non visibili agiscono gli sforzi uguali e contrari a quelli rappresentati. Trascuriamo, nel valutare il lavoro di deformazione, le variazioni ⎟ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎜ ⎝ ⎛ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂3 33 2 22 1 11 dx x dx x dx x p pp , , subite dallo stato di sforzo nel passare dai piani coordinati ai piani posti rispettivamente a distanza dx 1, dx 2, dx 3, perché darebbero luogo ad infinitesimi di ordine superiore. x1 x2 x3 p33 dx 2 dx 3 dx 1 p32 p22 p23 p21 p11 p13 p12 Fig. 1.2 – Gli sforzi agenti sul volume elementare. Le forze agenti su ciascuna faccia sono rispettivamente: p dx dx p dx dx p dx dx11 2 3 21 1 3 31 1 2 p dx dx p dx dx p dx dx12 2 3 22 1 3 32 1 2 p dx dx p dx dx p dx dx13 2 3 23 1 3 33 1 2 Alla deformazione dε11 = dε1 è associato l’allungamento del lato originariamente disteso lungo dx 1; nell’ipotesi che la deformazione sia costante lungo l’elemento, ipotesi ragionevole visto che l’elemento è infinitesimo, per effetto di tale allungamento la faccia dx 2dx 3, posta a distanza dx 1 dall’origine, si sposta in direzione dell’asse x1 della quantità dε dx, 11 1 mentre i punti di applicazione dei vettori p 2 e p 3 si spostano della quantità dε dx/2. 11 1 Gli sforzi p22, p 23, p 32, p 33, p 12, p 13, sono 5 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico ortogonali alla direzione dello spostamento e pertanto compiono lavoro nullo. Gli sforzi p21 e p31 hanno la stessa direzione dello spostamento, ma hanno versi opposti sulla faccia visibile e su quella non visibile; danno pertanto luogo ad un lavoro globale nullo. Il solo contributo di p11 è quindi diverso da zero: ∫ ⋅ ⋅= ∫ ⋅ ⋅⋅= V V dVdpdxddxdxpdL 11111113211ε ε Analogamente: ∫ =→∫ =→VV dVdpdLd dVdpdLd 3333 332222 22ε ε ε ε L’effetto delle componenti tangenziali di deformazione dεik con ki=/ è illustrato in Fig. 1.3. In presenza delle sole componenti di deformazione dε12 e dε21 la deformazione è tutta contenuta nel piano x1–x 2; gli sforzi p13, p 23 e p33 sono ortogonali a tale piano e pertanto non compiono lavoro. Gli sforzi p31 e p32, uguali e contrari sulle due facce superiore ed inferiore del volume dV , subiscono lo stesso spostamento del loro punto d’applicazione e compiono globalmente lavoro nullo. x1 p22 d x 1 d x 2 221 dxd ⋅ ε x2 221 dxd ⋅ ε 21εd 12εd p21 p22 p21 p11 p11 p12 p12 Fig. 1.3 – Deformazioni e sforzi tangenziali nel piano x 1 – x 2. La deformazione tangenziale lascia inalterate le dimensioni dx 1 e dx 2; anche gli sforzi p11 e p22 compiono quindi lavoro nullo. L’unico lavoro non nullo è quello compiuto dagli sforzi p12 e p21: ( ) ∫ + = ∫ + ∫ = V V V dVdpdpdxddxdxpdxddxdxpdL 2121121222131211123212ε ε ε ε Contributi analoghi vengono forniti dalle altre tensioni tangenziali. In presenza contemporanea di tutte le componenti di deformazione il lavoro di deformazione immagazzinato nell’elemento di volume dV si ricava semplicemente come somma dei contributi elementari forniti da ciascuna componente, perché sono nulli tutti i lavori mutui tra le diverse componenti dello stato di sforzo. Il lavoro elementare quindi vale: ∫∑ = +++ ∫ + + + +++ = Vikikk,i V dVdp dV)dpdpdpdpdpdpdpdpdp(dL ε εεε ε ε ε ε ε ε 3 1 232332323131131321211212333322221111 (1.10) Ogni componente di sforzo lavo ra cioè solo e soltanto per la componente di deformazione a pari indici. Indicando con dW il lavoro di deformazione specifico (per unità di volume) si può scrivere: 6 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico ()∫ =V dVdWdL Il lavoro di deformazione W immagazzinato nell’unità di vol ume del corpo nel passaggio delle deformazioni dal valore iniziale zero al valore finale ikε può essere determinato attraverso un processo di integrazione, in cui in generale la funzione integranda non è un differenziale esatto: ∫∑= ik o3 1ikikki dp W ε ε , (1.11) 1.3. Il potenziale elastico Abbiamo visto la forma differenziale espressiva del lavoro interno sviluppato per unità di volume, in corrispondenza di una variazione infinitesima dello stato di deformazione: 3232 1212333322221111 ....... ε ε ε ε ε dp dpdpdpdpdW + + + + += (1.12) Valgono per essa le seguenti osservazioni: A. Il lavoro di deformazione dW è una quantità essenzialmente positiva, qualunque siano gli incrementi di deformazione dεik, perché si spende sempre lavoro per deformare un corpo. B. In generale, il lavoro di deformazione W dipende dal percorso seguito per portare il materiale dalla configurazione iniziale indeformata al valore finale della configurazione deformata: ∫ ∫∑= = ik ik o o3 1ikikki dW dp W ε ε ε , (1.13) Se il lavoro di deformazione è indipendente dalla modalità di carico, dW è una forma differenziale esatta; dW è allora il differenziale esatto di una funzione delle εik. La funzione W=W( ε11, ε22, ε33, ε23, ε31, ε12) viene chiamata densità di energia potenziale elastica o potenziale elastico. In questo caso si avrà: ik ik ki d W d W d W d W d W dWε ε ε ε ε ε ε ε ε ε ∂∂ =+ ∂∂ + ∂∂ + ∂∂ + ∂∂ = ∑ 3 1, 12 12 33 33 22 22 11 11 ... (1.14) Il confronto tra la (1.12) e la (1.14) mostra che in un materiale dotato di potenziale elastico esiste una funzione W delle componenti del tensore di deformazione la cui derivata parziale rispetto a ciascuna componente εik fornisce la corrispondente componente di sforzo pik: ik ik W p ε∂∂ = (1.15) La condizione analitica perché dW sia un differenziale esatto richiede che sia rsik rsik ikrs W W W εεεεεε∂∂ ∂ = ⎟ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎜ ⎝ ⎛ ∂∂ ∂∂ = ⎟ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎜ ⎝ ⎛ ∂∂ ∂∂ 2 ovvero ik rs rs ik pp εε∂ ∂ = ∂ ∂ (1.16) 7 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico Poiché il legame elastico tra sforzi e deformazioni è espresso dalla (1.4), dalla (1.16) si ricava: kiikdd = (1.17) La matrice d dei coefficienti elastici è perciò simmetrica: i coefficienti indipendenti sono solo 21. La (1.17) inoltre implica che sia: klij ijklDD = (1.18) attestando la cosiddetta simmetria forte della matrice dei moduli elastici. Alla luce del fatto che dW è una forma differenziale esatta si può dire che la deformazione elastica rappresenta un processo reversibile: la tensione non dipende dalla storia della deformazione, ma solo dal suo valore attuale; cessata la sollecitazione il corpo ritorna nello stato di riposo. Le equazioni di elasticità esprimono quindi il carattere conservativo delle forze interne associate alla deformazione elastica. 1.4. Il teorema di Clapeyron Quando esiste il potenziale elastico, il lavoro di deformazione è indipendente dalle modalità di applicazione del carico: si può pertanto pensare una modalità arbitraria per calcolare in maniera semplice il lavoro di deformazione W . A tal fine consideriamo un processo di carico in cui gli sforzi pik partono da zero ed arrivano al valore finale ikp mantenendosi negli stessi mutui rapporti. Al generico istante t perciò potremmo scrivere: () () ik ikpttp . α= con 10 ≤≤ α Nello stesso istante le deformazioni, proporzionali agli sforzi, valgono: () () ik ik tt ε α ε = con ikε = valore finale delle deformazioni A partire da un generico istante t, attribuiamo ad α un incremento infinitesimo d α; il lavoro elemen- tare compiuto dagli sforzi ikp α vale: ik ikki dp dW εαα ∑= 3 1, (a meno di infinitesimi di ordine superiore) Il lavoro totale si ottiene inte grando in funzione del parametro α il lavoro elementare: ∫∑ ∑ ∫ ∑ = = = 1 03 1, 3 1, 1 0 3 1, 2 1 . ikikki ikikki k i ik ki p dp dp W ε ααε εαα (1.19) Tale relazione matematica costituisce l’enunciato del teorema di Clapeyron: il lavoro di deforma- zione immagazzinato in un corpo avente un potenziale elastico è pari alla metà del prodotto del valore finale degli sforzi per il valore finale delle deformazioni. Se la relazione sforzi – deformazioni è lineare, la (1.15) implica che W possa essere al più una funzione quadratica nelle εij, in cui i termini lineari sono assenti perché il legame è omogeneo, e il termine costante è pari a zero, assumendo che sia nulla l’energia potenziale nello stato di riferi- 8 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico mento in cui il corpo è indeformato. Infatti, se nell’espressione (1.19) dell’energia potenziale si sostituisce alla componente pij la sua espressione in funzione delle deformazioni, data dalla (1.3) o dalla analoga (1.8), si ottiene: εε d ε∀> = ∑∑ = ∑ = 0 2 1 2 1 1 3 3 3 2 1 1 1T klijkll,kijj,i ijijj,i D p W ε ε ε (1.20) La matrice d risulta perciò la matrice dei coefficienti della f ch plice del pe orma quadratica 1 delle deformazioni e esprime l’energia potenziale immagazzinata nell’unità di volume dell’elemento considerato. Poiché il lavoro di deformazione è una quantità essenzialmente positiva, qualunque sia il valore delle deformazioni, la forma quadratica viene detta definita positiva. Come vedremo, questo fatto implica delle condizioni sul valore assunto dalle costanti elastiche per i materiali isotropi. Nel caso monoassiale si può dare un’interpretazione geometrica relativamente sem rché compaia il coefficiente ½ nell’espressione del potenziale elastico che fornisce lo strumento operativo per il calcolo del lavoro di deformazione. Il lavoro rappresenta l’area sottesa dalla curva di risposta σ=σ(ε) percorsa durante il processo di carico in un materiale ideale elastico – perfetta- mente plastico, cioè privo di incrudimento. Se ci limita ad un valore di σ minore del valore allo snervamento σs (Fig. 1.3a) l’area sottesa è un triangolo, e l’energia immessa in fase di carico è completamente recuperata in fase di scarico, perché i due processi di carico e scarico seguono lo stesso percorso. Se si supera il valore di snervamento, l’area sottesa dalla curva assume un valore diverso da zero sia che si compia un ciclo incompleto, in cui lo sforzo torna al valore zero, ma è presente una deformazione residua nel materiale (Fig. 1.3a) sia che si compia un ciclo completo che riporta il materiale nelle condizioni di sforzo e deformazioni iniziali (Fig. 1.3b). In entrambi i casi l’area racchiusa dal ciclo rappresenta l’energia che è stata dissipata, dando luogo a dei fenomeni permanenti, che non hanno più il carattere di reversibilità tipico del comportamento elastico. Fig. 1.4 - Lavoro di deformazione come area sottesa dalla curva σ-ε in un ciclo (a completo; (b) completo. Q ) in uesto semplice esempio mette in rilievo il fatto che l’indipendenza del lavoro di deformazione dal percorso di carico è determinata dalla natura del materiale e non da quella delle forze che sollecitano il corpo. 1 Si definisce forma quadratica un polinomio omogeneo di secondo grado. 9 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 2. Il legame elas tico per i materiali isotropi nsente di affermare che il numero di Abbiamo visto che l'esistenza di un potenziale elastico co costanti indipendenti, necessarie a caratterizzare il comportamento meccanico del materiale, è pari a 21. L'esistenza di caratteristiche di simmetria nelle proprietà elastiche del materiale riduce ulteriormente il numero di coefficienti indipendenti. Un materiale viene detto anisotropo quando i coefficienti dij dipendono dall'orientamento degli assi del sistema di riferimento; se invece i coefficienti dij sono del tutto indipendenti dall'orientamento del sistema di riferimento il materiale viene detto isotropo. Intermedia tra queste due situazioni è quella in cui il materiale presenta uno o più piani di simmetria elastica. Un piano π, ad es. x1 - x 2, viene detto di simmetria elastica quando ogni deformazione che sia simmetrica rispetto al piano induce delle tensioni che sono a loro volta simmetriche rispetto allo stesso piano. Figura 2.1 - (a) Il piano di simmetria elastica; (b) le componenti simmetriche; (c) le componenti Con riferimento alla Figura 2.1, l piano π sono simmetriche tutte le co i sim antisimmetriche (tratta da [2]). si può osservare che rispetto a mponenti normali e quella tangenziale che agisce sul piano stesso, cioè nei nostri simboli le componenti p11, p22, p33, p12 e le deformazioni di pari indice; sono antisimmetriche le due compo- nenti tangenziali p23 e p13 che coinvolgono la direzione perpendicolare al piano. Si può dimostrare che la presenza di un piano di simmetria elastica riduce il numero di coefficienti indipendenti a 13; i coefficienti indipendenti si riducono ulteriormente a 9 per i materiali, detti ortotropi, che possiedono tre piani di simmetria elastica mutuamente ortogonali (ad esempio il legno). Nel caso dei materiali isotropi, che possono essere definiti come quelli per cui ogni piano è d metria elastica, il legame elastico assume una forma ancora più semplice: si può infatti dimostrare, con un semplice ragionamento di tipo intuitivo, che in un materiale isotropo gli sforzi normali non producono sforzi tangenziali; che le deformazioni estensionali sono prodotte solo dagli sforzi normali; e che ciascuno sforzo tangenziale produce solo una deformazione tangenziale di pari indice. Si consideri a tal fine un cubetto elementare di materiale isotropo che sia soggetto al solo 10 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico sforzo normale τzz = σz e si supponga che per effetto dello sforzo normale il cubetto subisca una deformazione tangenziale γxy diversa da zero, come indicato in Fig. 2.2a. Si consideri ora una rotazione di 180° del cubetto intorno all’asse x; questa rotazione conduce l’elemento nella configurazione illustrata in Fig. 2.2b. A seguito della rotazione lo stato di sforzo cui è soggetto il cubetto è rimasto inalterato, ma è cambiato il segno della deformazione tangenziale γxy. Questa variazione contrasta però con l’ammessa isotropia del materiale, che non presenta variazioni di comportamento meccanico al variare della direzione del carico; l’ipotesi che la γxy fosse diversa da zero è quindi inaccettabile. Con le opportune rotazioni di indici si può perciò concludere che in un materiale isotropo gli sforzi normali non generano sforzi tangenziali. Fig. 2.2 Gli sforzi normali non possono generare deformazioni tangenziali. Per dimostrareideri lo stesso che le tensioni tangenziali non possono produrre sforzi normali si cons cubetto elementare soggetto alle sole tensioni tangenziali τxy, come indicato in Fig. 2.3a, e si faccia l’ipotesi che le tensioni tangenziali siano in grado di generare una deformazione estensionale εy. Fig. 2.3 Gli sforzi tangenziali non possono generare deformazioni normali. Con un ragione di 180° del amento analogo a quello del caso precedente, si effettui una rotazion cubetto elementare intorno alla bisettrice del piano x,y . Questa rotazione conduce il cubetto nella 11 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico configurazione di Fig. 2.3b; il cubetto è soggetto allo stesso stato di sforzo, ma la deformazione estensionale prodotta nella nuova configurazione è la εx. Come nel caso precedente, il risultato ottenuto contrasta con l’ipotesi di isotropia ed è pertanto inaccettabile. Resta quindi confermato che le deformazioni estensionali, in un materiale isotropo, possono essere prodotte solo dagli sforzi normali. In ulti mo, resta da verificare che gli sforzi tangenziali siano in grado di produrre solo de formazioni tangenziali di pari indice. Si consideri a tal fine il cubetto elementare di Fig. 2.4a soggetto alle sole tensioni tangenziali τxy, ed ipotizziamo che queste siano in grado di produrre uno scorrimento angolare γyz. Fig. 2.4 Gli sforzi tangenziali possono generare solo deformazioni tangenziali di pari indice. Si euce il cu ta quindi nessun ac ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ = 66 55 44 333231232221 00000 0 000000 000000 000 d d d ddd ddd d (2.1) E’ importante osservare che la particolare forma del legame elastico che si è ottenuta per i materiali ffettui ora una rotazione del cubetto elementare di 180° intorno all’asse z; questa cond betto nella configurazione di Fig. 2.4b in cui, a pari sforzo tangenziale applicato, la deformazione angolare ha cambiato segno. Il risultato ottenuto contrasta con l’ammessa ipotesi di isotropia ed è quindi inaccettabile. Resta quindi dimostrato che in un materiale isotropo ciascuno sforzo tangenziale è in grado di produrre solo la deformazione tangenziale di pari indice. Nel materiale isotropo la matrice dei coefficienti del legame elastico non presen coppiamento tra componenti normali e componenti tangenziali e ha la forma: ⎤ ⎡ 131211 000 ddd ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ isotropi non può essere generalizzata ad altri tipi di materiali. In un materiale che sia completamente 12 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico anisotropo, ciascuna componente di sforzo risulta in grado di produrre tutte le componenti di deformazione, con una notevole complicazione nella scrittura delle equazioni che governano il comportamento meccanico del materiale stesso. Poiché nel materiale isotropo le costanti elastiche sono indipendenti dall'orientazione degli assi, la matrice dei coefficienti del legame elastico assume la forma vista nell’equazione (2.1) qualunque sia la direzione scelta per gli assi coordinati. Vista la particolare forma del legame espresso dalle (2.1) si può concludere che in un materiale isotropo le direzioni principali degli sforzi e delle deformazioni sono sempre coincidenti. Tenendo conto della proprietà di simmetria della matrice (2.1) dovuta all’esi stenza del potenziale ela stico, i coefficienti indipendenti in essa si riducono apparentemente a 9. Si può però dimostrare che per il materiale isotropo la simmetria della matrice d vale anche in assenza dell'esistenza del potenziale elastico, e che i coefficienti distinti nella (2.1) sono solo 3, perché per la proprietà di isotropia occorre che sia: addd === 332211 bdddddd = = ==== 322331132112 cddd === 665544 La matrice dei coe icienti del legame elastico per i materiali isotropi è quindi definita da 3 costanti: ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ = c c c abb bab 00000 00000 00000 000 000 d (2.2) Di queste tre costanti però solo due sono indipendenti. Infatti, per il materiale isotropo, l’energia po Se il legame è lineare l(2.4) in cui i parametri c ff ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎡bba000 tenziale W deve avere una forma invariante con la ro tazione degli assi e deve pertanto essere funzione degli invarianti ∈∈∈ IIIIII ,, del tensore delle deformazioni: () ∈∈∈ =IIIIIIWW ,, (2.3) ’energia non può che contenere termini quadratici nelle εij ; ne consegue necessariamente che l’unica forma possibile per l’energia potenziale è: ∈ ∈ +=IIcIcW 1 2 0 0 e c1 sono costanti; pertanto delle tre costanti che compaiono nella (2.2) solo due sono indipendenti, e deve quindi esistere una relazione tra di esse. 13 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 3. La determinazione delle costanti elastiche per i materiali isotropi Nella pratica ingegneristica la determinazione sperimentale dei moduli elastici avviene usualmente sulla base del legame inverso (cioè di quello che, dati gli sforzi, consente di ricavare le deformazioni) e attraverso l’utilizzo di costanti di cui è facile la misura sperimentale. Tenendo conto della particolare forma della matrice d, anche la matrice c mantiene la stessa topologia; essa viene usualmente espressa, in funzione di tre costanti elastiche E, G e ν, nella forma: ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡−−− −−− = G G G EEEEEE EEE 21 000000 21 000000 21 000000 1000 1000 1 ννν ννν c (3.1) Il legame scritto per esteso, che viene usualmente chiamato legge di Hooke , ha quindi la forma 33 22 11 3333 22 11 2233 22 11 11 1 1 1 p E p E p E p E p E p Ep E p E p E +−−=−++−= −−= νν εν ν ε ν ν ε (3.2a) G/pG/pG/p 222 121231312323 = = = ε ε ε (3.2b) Dalla prima delle (3.2a) si ricava che, per uno stato di sforzo monoassiale in cui l’unica componente diversa da zero è p11, vale la relazione: 1111 11 11 1 ε ε p Ep E=⇒= (3.3) La grandezza E fornisce, in uno stato di sforzo monoassiale, il rapporto tra lo sforzo applicato in una direzione e la deformazione estensionale nella stessa direzione; ha pertanto le dimensioni di uno sforzo e, come noto, prende il nome di modulo di Young o modulo di elasticità normale. Per le deformazioni in direzione ortogonale allo sforzo, si ha: 14 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 11 11 3322εν ν εε −=−== p E (3.4) Risulta pertanto costante il rapporto tra la deformazione in direzione del carico e quella in direzione ortogonale al carico: ν ε ε ε ε −== 1133 1122 (3.5) A meno del segno, il coefficiente ν, grandezza adimensionale, ra ppresenta il rapporto tra la deformazione trasversale e quella longitudinale in uno stato di sforzo monoassiale; nella pratica ingegneristica viene denominato modulo di Poisson o modulo di contrazione trasversale. Dalle risultanze sperimentali risulta che le deformazioni in direzione dello sforzo applicato e quelle in direzione ortogonale sono sistematicamente di segno opposto 2: perciò, al fine di avere una costante positiva, si mette in evidenza nella (3.5) un segno meno. Il significato fisico del coefficiente 1/2G può essere ricavato in maniera analoga: G p2 1313 = ε (3.6) La costante 2G rappresenta il rapporto tra lo sforzo tangenziale e la deformazione tangenziale da esso prodotta. Poiché la deformazione ε13 è pari alla metà dell’effettivo scorrimento angolare che ha luogo tra le direzioni x1 e x3, nella pratica ingegneristica si preferisce introdurre la γ13, pari alla variazione angolare totale. Si può pertanto scrivere: G p G p 13 1313 13 13 2 2==⇒ =εγ ε (3.7) La costante G prende il nome di modulo di elasticità tangenziale, ed ha, come E, le dimensioni di uno sforzo; può essere determinata sperimentalmente attraverso prove di torsione su barre di sezione circolare. Si è dimostrato precedentemente che il legame isotropo è caratterizzato dall’adozione di due sole costanti; perciò tra le tre quantità E, ν, G deve sussistere una relazione che consenta, note due qualunque delle costanti, di ricavare la terza. La relazione cercata può essere trovata attraverso considerazioni basate sull’indipendenza del lavoro di deformazione dal sistema di riferimento in cui esso viene misurato. Si consideri a tal fine un elemento in uno stato di sforzo piano nel riferimento principale, caratterizzato da sforzi normali uguali in modulo ma opposti in segno: 0 = −= = III II Iσ σ σ σ σ 2 Si vedrà nel seguito che questo non è vero per una classe assai limitata di materiali, detti auxetici. 15 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico Le deformazioni nel piano dello stato di sforzo valgono: III I II I II EEEE EEEE σ σσσ εν νε σσσσ ε νν =− =+ = =− =−−=− ε (3.8) Il lavoro di deformazione nel sistema di riferimento principale può essere calcolato facendo uso del teorema di Clapeyron e vale: () ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡+ = ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎣ ⎡⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛−−− ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛+=+= E EEEE L IIIIII P ν σ σ ν σ σ σ ν σ σεσεσ 1 2 2 1 2 1 2 12 (3.9) Come può essere facilmente veri ficato con la costruzione del cerchio di Mohr, nel sistema di riferimento ruotato di 45° rispetto a quello di partenza esistono solo sforzi tangenziali, pari in modulo al modulo degli sforzi normali agenti lungo le direzioni principali; le sole deformazioni tangenziali sono diverse da zero. Il lavoro di deformazione nel nuovo sistema di riferimento vale quindi: () G p ppL σ σγ εε2 1 2 1 2 1 1212 21211212 45 ==+= (3.10) Poiché il lavoro di deformazione non dipende dal sistema di riferimento dovrà essere: = + ⇒ = E LL P ν σ 1 2 2 12 45 G σ σ2 1 (3.11) da cui si ottiene la relazione cercata tra le tre costanti elastiche che caratterizzano il comportamento meccanico di un materiale isotropo: )( E Gν+ = 12 (3.12) Lo stesso risultato può essere ottenuto utilizzando solamente i risultati forniti dal cerchio di Mohr. Considerazioni analoghe a quelle viste per gli sforzi possono essere svolte anche per le deformazioni. Infatti, le direzioni principali delle deformazioni coincidono con quelle degli sforzi; a 45° rispetto alle direzioni principali delle deformazioni principali troviamo solo deformazioni tangenziali ε12 = γ12/2, in modulo pari alle ε definite in (3.8). Risulta perciò: ( 12 12 12 1 22 2GG E ) γ τ σ σ ε ε ===== + ν (3.13) Dalla (3.13) discende ancora la (3.12) precedentemente trovata. 16 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 3.1. Limitazioni al valore delle costanti elastiche Il modulo di Poisson ν è un numero positivo che ha come limite superiore 1/2. Per dimostrare l’assunto si consideri un elemento infinitesimo di volume, illustrato in Figura 3.1, soggetto ad uno stato di sforzo idrostatico di trazione: σ σ σ σ === IIIIII Le deformazioni conseguenti a questo stato di sforzo valgono: ε ε ε ε ===IIIIII con EE νσσ ε2 −= Il volume iniziale dell’elemento è 321o dxdxdxV ⋅⋅= A deformazione avvenuta il volume vale: ()( )( )() 321 3 321 3 3 2 1 2 1 1 1 1 1dxdxdx EE dxdxdx dx dx dx V III II I ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛−+= +=+⋅+⋅+= νσσ ε ε ε ε Per ovvi motivi fisici il volume dell’elemento aumenta; deve perciò risultare: 321321 3 2 1dxdxdxdxdxdx EE VV o > ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛−+⇒ > νσσ x1 x2 x 3 σIII σI σII σII σIII σI dx 3 dx 1 dx 2 Fig. 3.1 Volume infinitesimo soggetto a uno stato di sforzo idrostatico di trazione. La disuguaglianza conduce a dire: 0 2 1 2 1 1 2 1 3 > ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛− ⇒> ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛−+⇒> ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎝ ⎛−+ EE EE EE νσσ νσσ νσσ Ma poiché sono sicuramente positivi sia il modulo dello sforzo σ, sia il modulo di Young E, perché la quantità tra parentesi sia positiva occorre che sia: 17 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 2 1 021< >− ν ν (3.13) Il limite ν =1/2 corrisponde ad un materiale incompressibile, che si deforma a volume costante quando è soggetto a soli sforzi normali; esempi di materiali che si avvicinano a questo comportamento sono l'acqua e la gomma. La relazione inversa p-ε (riportata nella 3.14 per completezza) è però indeterminata in corrispondenza di ν =1/2 : ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ − − − −+ = ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡33 22 11 33 22 11 1 1 1 211 ε ε ε ννν ννν ννν ν ν ))(( E p pp (3.14) Infine, si può osservare che la relazione che lega le tre costanti per i materiali isotropi: )( E Gν+ = 12 (3.15) ci dice che se ν = -1 il modulo G → ∞ e quindi γ → 0 in presenza di valori comunque grandi della tensione tangenziale. Tuttavia, valori negativi di ν non sono stati riscontrati sperimentalmente nei più comuni materiali di interesse nell’ambito strutturale. Per un materiale privo di contrazione trasversale quale ad esempio il sughero, il coefficiente ν → 0. Infatti, in uno stato di sforzo mono- assiale in cui l’unica componente diversa da zero è lo sforzo p11, risulta: 1122ε ε ν = se ε 22 = 0 0 =⇒ ν I limiti del modulo di Poisson, sono quindi, in base a quanto detto sopra: 2 1 0≤≤ ν (3.16) Come conseguenza della (3.16), dalla relazione (3.15) è possibile ricavare i limiti di variabilità della costante G rispetto al modulo di Young E: 23 E G E ≤≤ (3.17) Infine si è osservato, nel ricavare l’espressione (1.19) del potenziale elastico, che il lavoro di deformazione è una quantità essenzialmente positiva e che questo fatto pone delle condizioni di tipo matematico sui coefficienti che compaiono nella matrice d e quindi anche nella sua inversa c. Con riferimento all’espressione (3.1) della matrice c, relativa ai materiali isotropi, si può dimostrare che le costanti che vi compaiono devono soddisfare le seguenti limitazioni: 501 0. E G (3.19) Mentre non esistono applicazioni in campo strutturale di materiali caratterizzati da valori negativi del modulo di Poisson, occorre segnalare che in tempi molto recenti (1987) sono stati sviluppati dei materiali, detti auxetici , in cui le deformazioni trasversali sono dello stesso segno di quelle longitudinali (Figura 3.2). Questi materiali hanno proprietà meccaniche ed elettromagnetiche che ne rendono la loro applicazione estremamente interessante in alcuni campi. Fig. 3.2- Differente meccanismo di dilatazione trasversale nei materiali convenzionali e in quelli auxetici. 19 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 4. Il problema dell'equilibrio elastico Con la dizione “ problema dell'equilibrio elastico ” si indica il problema della determinazione di sforzi, deformazioni e spostamenti in un solido continuo, soggetto a forze e a condizioni di vincolo note, il cui materiale abbia comportamento elastico lineare e i cui spostamenti possano essere definiti come infinitesimi. Da un punto di vista matematico il problema dell’equilibrio elastico può essere definito come segue. In un sistema di riferimento cartesiano ortogonale ( x1, x 2, x 3) sia dato un corpo continuo di volume V delimitato da una superficie S, come illustrato in Fig. 3.1. Siano assegnate le forze di volume F su V; sulla superficie S si possono distinguere due porzioni, una porzione Sf su cui sono assegnate le forze di superficie f, ed una porzione Sd su cui sono applicati i vincoli e assegnati gli spostamenti s. La superficie Sf è distinta da Sd; usualmente (anche se non necessariamente) s=0 sulla superficie Sd. x1 x3 x2 F dV f dS Sd Fig. 3.1 – Il problema elastico: geometria e carichi. Le incognite del problema sono: • le componenti dello stato di sforzo : i, j = 1,2,3 6 funzioni indipendenti (tensore simmetrico) ( 321x,x,xpp ijij = ) ) • le componenti del tensore delle piccole deformazioni ( 321x,x,x ijijε ε = i, j = 1,2,3 6 funzioni indipendenti (tensore simmetrico) • le compon enti del vettore spostamento: uazioni che governano il problema sono: no soddisfare le equazioni di equilibrio indefinite, () 321x,x,xss ii = i = 1,2,3 Le eq • Le componenti dello stato di sforzo devo valide in qualunque punto all'interno di V, e le condizioni al contorno su Sf: ∑=+ ∂ ∂ 3 jip VdV∈ ∀ 1 0 i j jF xi= 1, 2, 3 (4.1) 20 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 2,3 su S jjijinpf ∑ = 3 1 i=1, • Se il campo di spostamenti è infinitesimo e rispettoso della congruenza, è possibile ricavare per stamento le componenti dello stato di deformazione in f (4.2) derivazione delle componenti di spo V, e soddisfare le condizioni al contorno in Sd: ⎟ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎜ ⎝ ⎛ ∂ ∂ + ∂∂ =ij j i ijx s xs 2 1 ε i, j = 1, 2, 3 (eq.ni di congruenza esterna) (4.3) (4.4) 0 = s su S d • Ci sono infine le sei equazioni del legame elastico, che correlano ciascuna componente del tensore degli sforzi alle componenti del tensore delle deformazioni: +++++= 12661365236433632262116112εεεεεε ddddddp (4.5) ovvero: (4.6) Il confronto tra funzioni incognite ed equazioni disponibili consente di verificare che, a fronte di 15 ioni in ognite (6 per gli sforzi, 3 per gli spostamenti e 6 per le deformazioni) abbia delle seguenti proprietà: A) ni e non dal B) ali corrisponda una certa soluzione in termini di sforzi, di deformazioni e di lineare di A e B: ⎪ ⎨ ⎧+++++= 12161315231433132212111111εεεεεε ...........ddddddp ⎩ ⎪ ε dp⋅= funz cmo a disposizione 15 equazioni: 3 equazioni differenziali di equilibrio; 6 equazioni differenziali di congruenza esterna; 6 equazioni algebriche del legame elastico. Poiché però il problema è governato da equazioni differenziali e dipende quindi anche dalle condizioni al contorno l’esistenza di una soluzione deve essere dimostrata per via matematica. Sotto condizioni molto generali si può dimostrare, per via puramente matematica, che la soluzione del problema elastico ESISTE. La soluzione gode Poiché nelle equazioni indefinite di equilibrio compare solo il valore finale dei carichi, e nel legame elastico gli sforzi dipendono solo dal valore finale delle deformazio particolare processo di carico, gli sforzi e le deformazioni dipendono solo dai valori finali dei carichi esterni. Vale il principio di sovrapposizione degli effetti. Si abbiano due sistemi di forze, A e B, a ciascuno dei qu spostamenti (gli indici i e j sono sempre compresi tra 1e 3): A i A ij A ij A i A is,,pf,F ε → B i B ij B ij B i B is,,pf,F ε → Se ora si considera un sistema di forze che sia combinazione 21 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico B i A ii bFaFF += B i A ii bfaff += con a e b costanti reali risulta: bp + Infatti per i sistem B sono verificate le B ij A ij B ij A ijij baεεε += B i A ii bsass += i A e equazioni ij app = 0 3 ∂ A A ji p 1 = ∑+ ∂ i j jF x 0 3 ∂ B jip 1 = ∑+ ∂B i j jF x Moltiplicando il primo set di equazioni per a, e sommandogli il secondo set, moltiplicato per b si ottiene: 0 =+ ∑+ ⎟ ⎟ ⎠ ⎞ ⎜ ⎜ ⎝ ⎛∂pa ∂∂ + ∂ B i A i j jB ji jA ji bFaF xpb x L'equazione indefinita di equilibrio (4.1) è quindi soddisfatta, e analogamente avviene per tutte C) , attraverso un ragionamento di carattere meccanico basato le altre equazioni, che sono lineari; di conseguenza, risulta lineare anche il legame tra le forze applicate e gli spostamenti. Si può infine dimostrare sull’esistenza del potenziale elastico, che la soluzione del problema elastico è UNICA . E’ importante sottolineare esplicitamente che la dimostrazione dell’unicità della soluzione del problema elastico, che va sotto il nome di Teorema di Kirchhoff, si basa su due fatti fonda- mentali: la validità dell’ipotesi di piccoli spostamenti, sia nella parte statica sia in quella cinematica, e l’esistenza del potenziale elastico. 22 21/12/2009 Scienza delle Costruzioni M.G. Mulas Il legame elastico 5. Esercizi Esercizio 1 In un punto di una struttura in acciaio (E = 200 GPa, G = 80 GPa) il tensore delle piccole deformazioni ha il valore sotto riportato: 3 10 050805060080040 − ⎥ ⎥ ⎥ ⎦ ⎤ ⎢ ⎢ ⎢ ⎣ ⎡ −−− = * ..... . ε Si determini il valore corrispondente dello stato di sforzo, assumendo che il materiale sia isotropo e a comportamento elastico lineare. Opzionale: l’esercizio può essere risolto formalmente (oltre che numericamente), traendo vantaggio dall’isotropia del materiale. Esercizio 2 In un punto P di un elemento strutturale in acciaio (E=200 GPa; G=77 GPa) agisce lo stato di sfo\ rzo indicato in figura. Per tale stato di sforzo: • si costruisca graficamente il circolo di Mohr, facendo uso di un foglio di carta millimetrata; • si determinino analiticamente e graficamente (sul cerchio tracciato) gli sforzi principali σI, σII, le direzioni principali (identificate dall'angolo θp) e la massima tensione tangenziale τmax ; • si disegni la configurazione dell'elemento su cui agiscono gli sforzi principali e di quello su cui agisce la τmax ; • si calcolino le deformazioni prodotte dagli sforzi principali; • si valuti la deformazione estensionale εnn di un segmento il cui versore n ha componenti (2/3, 2/3, -1/3) nel riferimento principale. Nei conti si assuma: σx= 60 MPa σy= −120 MPa τxy= −80 MPa Risultati: σI = 90.4 MPa σII= -150.4 MPa τmax = 120.4 MPa θp = -0.3633 εI = .00067673 εII = -.0008871 εIII = .00008961 εn = -.00008355 23 21/12/2009